Il "caso Batistuta" trattato la scorsa
settimana ci offre l'opportunità di parlare
delle sponsorizzazioni personali degli
sportivi, i cui contratti sono diventati
ormai una scienza trasversale del diritto
commerciale.
La loro stesura oggigiorno impegna
staff di avvocati e giuristi universitari di
livello internazionale.
Dalla stretta di mano fra atleta ed
azienda degli anni Settanta a sancire
l'accordo racchiuso quasi sempre in una
pagina scarsa, siamo arrivati alle trenta
e più di media dei contratti che legano
alla ditta uno sportivo di fama mondiale,
gioielli di complessità.
Una mania tutta anglosassone. Ma
la prassi ha ormai varcato la Manica, ed
intanto lo sviluppo della rete (internet)
renderà superata in parte la materia,
costringendo i firmatari ad introdurre
nuove clausole. E pagine.
Condizioni e deroghe particolari a
parte, la traccia dei contratti è standard.
Negli accordi di sponsorizzazione
tecnica vengono elencati i diritti
dell'azienda: le modalità dell'uso della
immagine e del nome dell'atleta, con
le obbligazioni in capo a questo ultimo
in termini di disponibilità e di impiego
del materiale, la durata del rapporto
ed i casi di rottura dello stesso (per
esempio per doping o comportamento
anti-sportivo).
Seguono le prestazioni a favore dello
sportivo (testimonial): le forniture gratuite
dell'equipaggiamento, i compensi
fissi e quelli legati ai risultati agonistici,
più i rimborsi di spesa del caso.
La cifra del rapporto naturalmente
è la materia del contendere. E' ormai
prassi consolidata che dopo un exploit
di rilievo l'atleta batte cassa, non solo
in termini di stipendio, per un aumento
del compenso a parità di obbligazioni.
Presso Adidas France, che ogni anno
rinnova oltre 200 contratti, vige il diritto
alla privacy sull'importo dei premi
come in Nike France.
D'altronde la concorrenza invita alla
prudenza, anche per mascherare i contraccolpi
di fatti negativi (un incidente
del testimonial ad inizio di stagione),
mentre dall'altra crea delle situazioni
paradossali. Alcuni esempi? Per la campagna
promozionale Sydney 2000 il
Comitato olimpico francese, sponsorizzato
da Adidas, ha dovuto fare a
meno della immagine dei principali
atleti (probabili medagliati in Australia)
equipaggiati dalla marca rivale Nike,
mentre la bandiera della spa Milan, il
calciatore Paolo Maldini in quota Nike
quanto a calzature, si è visto amputare
spesso i piedi nel servizio fotografico
di lancio del merchandising rossonero
firmato da Adidas.