Come avevamo sottolineato in questa
rubrica il 9 febbraio scorso, per gli
organizzatori di manifestazioni sportive
dilettantistiche riconoscere agli atleti
non professionisti ingaggi, premi e rimborsi
forfettari (indicati dal fisco come
“redditi diversi”) comporta una serie di
adempimenti non indifferente.
Dalla raccolta dei dati identificativi
dei partecipanti, integrati con la dichiarazione
degli stessi circa l’eventuale sorpasso
del limite annuale di introiti esentasse
di 10milioni di lire, alla eventuale
applicazione di ritenuta ed addizionali
Irpef sulla parte eccedente il suddetto
tetto; dal versamento di tali trattenute
entro il giorno 16 del mese successivo
a quello dell’erogazione del compenso
sino alla denuncia all’erario dei percipienti,
con le relative somme loro assegnate,
attraverso la compilazione del
modello 770.
Ci si domandava se questi obblighi
fossero limitati agli sportivi residenti
in Italia (anche se di nazionalità straniera).
Ad inizio ottobre il Ministero
delle finanze è intervenuto per chiarire
il dubbio: nei confronti dei non residenti
si considerano comunque prodotti
in Italia i “redditi diversi” ottenuti da
attività svolte nel territorio dello Stato
italiano.
Una risoluzione che non sembra
lasciare speranza a chi, puntando sul
distinguo fra residenza e domicilio
fiscale, sostiene che la norma interessa
solo quegli atleti dilettanti che, residenti
all’estero, hanno però il loro centro di
interessi in Italia e, quindi, sono domiciliati
nel nostro Paese con tanto di
codice fiscale (c.f.).
L’assenza di questo ultimo dato dell’atleta
non blocca infatti la eventuale
applicazione della ritenuta Irpef, né
il relativo versamento (è obbligatorio
il codice fiscale dell’organizzatore). Il
punto è un altro: farsi rilasciare dall’atleta
non residente il numero corrispondente
al nostro codice fiscale (codice
identificativo) da indicare nel modello
770 per permettere all’Erario il controllo
circa il rispetto del limite di 50 milioni di
lire prodotti in Italia dallo sportivo ai fini
dell’esenzione dall’obbligo dichiarativo
(modello Unico).