Da tre anni a questa parte ogni tanto
si parla di privatizzare gli stadi del calcio
italiani.
Da un punto di vista economico il
discorso sottintende di fare di questi
monumenti accessibili al pubblico solo
in occasione degli spettacoli sportivi,
dei centri multifunzionali aperti anche
durante la settimana a più utenti possibili.
Sotto l'aspetto giuridico i casi sono
due: il proprietario (la municipalità) può
cedere la sola gestione in concessione,
oppure con essa la titolarità chiavi in
mano dell'immobile.
Posto che con una normativa ad hoc
statale od anche locale, considerato che
in base alla recente svolta federalista la
potestà legislativa in materia sportiva
non è esclusiva di una delle parti, venga
riconosciuto un diritto di prelazione alle
società di capitali di calcio già affittuarie
o comodatarie, fino ad oggi queste ultime
non hanno mai dimostrato grande
entusiasmo per la proposta.
Ammesso infatti che, come per il caso
dei musei, si possa arrivare in un futuro
ad una “vivibilità” degli stadi a trecentosessanta
gradi, nonostante il binomio
stadio-violenza, ciò che sembra frenare
i potenziali gestori/acquirenti è il costo
della riconversione degli immobili, là
dove non esistano poi vincoli particolari
(vedi Stadio Olimpico in Roma).
In altre parole noi andiamo verso
un federalismo che riempirà le casse
delle Città metropolitane e dei grandi
Comuni, che intendono vendere
degli immobili, buona parte dei quali
da riqualificare, a degli acquirenti alle
prese viceversa già con possibili ridimensionamenti
delle entrate per le
spese correnti (stipenti), e comunque
che non hanno mai concepito l'idea di
accantonare delle risorse per patrimonializzare
in mattoni la società, se non
dopo l'avvento della Borsa (1997).
Allora se privatizzare gli stadi della
serie A significa anche “bonificarli” in
senso lato, la soluzione più realistica
nel medio termine passa attraverso un
accordo pubblico-privato: a) liberalizzazione
dell'accesso all'Istituto per il
Credito Sportivo a favore delle srl/spa
calcistiche con fine di lucro; b) sottoscrizione
dei mutui agevolati Ics, garantiti
in linea capitale ed interessi dall'ente
pubblico, per la ristrutturazione; c)
gestione sperimentale a carico del club
del nuovo impianto, con possibilità di
riscatto dell'immobile a medio-lungo
termine allorchè, come avviene da
tempo in Gran Bretagna, lo stesso potrà
fare ricorso anche a strumenti finanziari
complementari (prestiti obbligazionari)
coinvolgendo gli utenti della struttura
divenuta una sorta di “seconda casa”.