Stadi privati: è una parola!

16 Marzo 2001

Da tre anni a questa parte ogni tanto

si parla di privatizzare gli stadi del calcio

italiani.

Da un punto di vista economico il

discorso sottintende di fare di questi

monumenti accessibili al pubblico solo

in occasione degli spettacoli sportivi,

dei centri multifunzionali aperti anche

durante la settimana a più utenti possibili.

Sotto l'aspetto giuridico i casi sono

due: il proprietario (la municipalità) può

cedere la sola gestione in concessione,

oppure con essa la titolarità chiavi in

mano dell'immobile.

Posto che con una normativa ad hoc

statale od anche locale, considerato che

in base alla recente svolta federalista la

potestà legislativa in materia sportiva

non è esclusiva di una delle parti, venga

riconosciuto un diritto di prelazione alle

società di capitali di calcio già affittuarie

o comodatarie, fino ad oggi queste ultime

non hanno mai dimostrato grande

entusiasmo per la proposta.

Ammesso infatti che, come per il caso

dei musei, si possa arrivare in un futuro

ad una “vivibilità” degli stadi a trecentosessanta

gradi, nonostante il binomio

stadio-violenza, ciò che sembra frenare

i potenziali gestori/acquirenti è il costo

della riconversione degli immobili, là

dove non esistano poi vincoli particolari

(vedi Stadio Olimpico in Roma).

In altre parole noi andiamo verso

un federalismo che riempirà le casse

delle Città metropolitane e dei grandi

Comuni, che intendono vendere

degli immobili, buona parte dei quali

da riqualificare, a degli acquirenti alle

prese viceversa già con possibili ridimensionamenti

delle entrate per le

spese correnti (stipenti), e comunque

che non hanno mai concepito l'idea di

accantonare delle risorse per patrimonializzare

in mattoni la società, se non

dopo l'avvento della Borsa (1997).

Allora se privatizzare gli stadi della

serie A significa anche “bonificarli” in

senso lato, la soluzione più realistica

nel medio termine passa attraverso un

accordo pubblico-privato: a) liberalizzazione

dell'accesso all'Istituto per il

Credito Sportivo a favore delle srl/spa

calcistiche con fine di lucro; b) sottoscrizione

dei mutui agevolati Ics, garantiti

in linea capitale ed interessi dall'ente

pubblico, per la ristrutturazione; c)

gestione sperimentale a carico del club

del nuovo impianto, con possibilità di

riscatto dell'immobile a medio-lungo

termine allorchè, come avviene da

tempo in Gran Bretagna, lo stesso potrà

fare ricorso anche a strumenti finanziari

complementari (prestiti obbligazionari)

coinvolgendo gli utenti della struttura

divenuta una sorta di “seconda casa”.









Museo Alessandro Roccavilla

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