All’interno di uno Stato quei cittadini
risultanti “iscritti”, oltre che a quella
municipale, anche all’anagrafe sportiva
come atleti, tecnici, dirigenti o giudici
compongono uno Stato.
Nell’esercizio dei loro ruoli essi applicano
il diritto sportivo e rispondono alla
giustizia sportiva, una sorta di giustizia
speciale “tollerata” dalla Costituzione.
Gli impianti legislativo e giudiziario
previsti nel diritto sportivo mirano
esclusivamente alla disciplina ed al controllo
della lealtà sportiva nell’ottenimento
del risultato sportivo (la vittoria).
Il tutto dentro le mura dello sport.
Infatti in Italia la “frode sportiva”, da
sempre punita nel diritto sportivo, è
divenuta solo negli ultimi anni materia
di intervento da parte della magistratura
ordinaria, allorchè su iniziativa parlamentare
la fattispecie è stata inserita
nel diritto comune insieme con gli altri
casi di frode (nel 1990 per le scommesse
sportive e nel 1999 per il doping).
Ma con la rivoluzione industriale
dello sport a partire dagli anni Settanta,
all’interno di accordi di natura economica
riconosciuti dal diritto comune,
il risultato dell’attività sportiva da fine
è diventato il mezzo per il conseguimento
di un reddito di diversa natura
a secondo dei ruoli (reddito di lavoro
per atleti, tecnici e dirigenti, di impresa
per la società sportiva, di partecipazione
per gli azionisti...). Quindi la tutela
della lealtà sportiva è diventata così
la tutela di questi interessi economici
(diritto al lavoro, ad un mercato libero
da mutualità e monopoli federali...)
che, assente (quando non contrastata)
nel diritto sportivo, i “cittadini sportivi”
hanno cominciato ad invocare nei tribunali
ordinari.
Si è aperto così un confronto-conflitto
dagli esiti sempre incerti per ogni
vicenda, perchè da una parte il diritto
comune è quasi a digiuno di vertenze
sportive, e dall’altra il movimento
sportivo si è fatto sempre forte della
“eccezione” per tenere spesso fuori dalla
porta il diritto comune.
Si può fare un punto della situazione?
Dopo la sentenza Ekong di Reggio
Emilia della scorsa settimana, sul fronte
degli atleti possiamo dire che là dove
vige il professionismo le “eccezioni sportive”
al diritto al lavoro ed alla libertà di
circolazione hanno ormai vita breve.
Sul fronte delle imprese, dopo il via
libera dal 2000/2001 alla possibilità di
possedere i pacchetti azionari di più
club partecipanti a competizioni europee
(caso Enic), l’ “eccezione sportiva”
potrebbe ricevere il colpo di grazia in
un prossimo futuro con la libera iscrizione
di un club comunitario al campionato
di un altro Paese Cee.