E' possibile leggere in chiave economica
i risultati dell'Italia in Sydney?
Il tentativo merita perchè si è trattata
della prima spedizione olimpica non
sostenuta in via esclusiva dalle entrate
delle scommesse sportive.
A parte gli sponsor tecnici, cioè i fornitori
di beni e di servizi, l'Italia ha dovuto
infatti fare ricorso a nuovi introiti, a
partire dai finanziamenti Bnl garantiti
dallo Stato.
Un intervento quello governativo
destinato a creare un precedente
che, perdurando la crisi dei concorsi
pronostici sportivi, potrebbe portare a
soluzioni rivoluzionarie (gestione della
pratica sportiva extra preparazione
olimpica fuori dal Coni).
Ricordiamo poi l'accordo di sponsorizzazione
del Comitato olimpico
nazionale con la televisione di Stato
(Rai), che segue quello con la Telecom
limitato soltanto ad alcune federazioni.
Un abbinamento forse più di immagine
che di sostanza (10mdi), ma che
rappresenta una novità sul panorama
internazionale.
Importato invece dalla Francia il
modello di "adozione" di singoli sportivi,
che non diventano testimonial come
nei rapporti di sponsorizzazione personale,
da parte di grandi gruppi dell'economia
nazionale: Bnl ha coperto i
costi della preparazione di cinque atlete
(Alfridi, Gelisio, Idem, Scapin e Sensini).
Una sorta di mecenatismo in chiave
moderna da sviluppare.
Ma tutte le strategie di ricerca di
partnership, scoperte per necessità
dal mondo sportivo italiano in questa
occasione, sono ormai fondamentali
per quelle discipline olimpiche (la maggiore
parte) "non televisive", soprattutto
in un momento come quello odierno
dove la old economy ristagna e quella
new per adesso sembra usare piuttosto
che sostenere lo sport.
Ed allora forse non è un caso se l'Italia
ha avuto rendimenti elevati negli sport,
soprattutto individuali, inquadrabili
a livello gestionale tra le occupazioni
paramilitari e dopolavoristiche (scherma,
tiro, nuoto, judo, marcia, canoa e
canottaggio...). Essa ha invece deluso
là dove gli investimenti vanno oltre le
attrezzature e gli affitti dell'impiantistica,
ed in generale in quelle attività dove
l'esercito non arriva, ed il professionismo
ha alzato il livello di specializzazione
e quindi quello dei relativi costi; due
situazioni che, negli sport di squadra
(basket, calcio, ciclismo...), in Italia vengono
affrontate dai club rispettivamente
con manodopera straniera e/o con
gli introiti dei diritti televisivi.