Ad oltre un anno dalla sua entrata
in vigore, la riforma tributaria Visco del
no-profit nel settore sportivo ha fortemente
deluso. Perchè?
Per il legislatore della grande riforma
fiscale (1971/73) diffondere la pratica
sportiva senza ritorno economico
(motivazione ideale) era una attività
socialmente utile: le entrate da soci
(mezzo) erano quindi meritevoli di
essere detassate, anche in presenza di
proventi esterni non prevalenti tuttavia
rispetto alle prime.
Il principio entra in crisi allorchè:
1. per diffondere la pratica sportiva il
sodalizio è costretto a svolgere attività
economiche "strumentali" prevalenti
(es. sponsorizzazioni); 2. la sola diffusione
dello sport come da statuto cessa
in realtà di essere scopo ideale di tutti i
soci e diviene mezzo per ottenere una
fonte di reddito spesso occulta (motivazione
economica) a favore di pochi
partecipanti attivi (es. i gestori delle
palestre private).
La nuova riforma (D.Lgs. n. 460/1997)
non ha colto queste distorsioni della
legislazione; anzi essa ha rafforzato il
principio informatore: agevolazioni
fiscali e contabili se l'attività istituzionale
prevale sulle altre strumentali. Il
risultato è paradossale: nel caso sub-1
il sodalizio rischia di essere qualificato
come un ente commerciale non agevolato,
mentre il caso sub-2 sulla carta
incarna l'ente non commerciale meritevole
di essere aiutato dal fisco.
L'attuale stato di incertezza del diritto
nell'àmbito dell'associazionismo sportivo
verrà mitigato soltanto affrontando i
suddetti punti, attraverso due provvedimenti
di riordino che tengano conto
dei flussi monetari in uscita dai sodalizi
verso i fattori umani della produzione
(atleti, allenatori, istruttori, dirigenti):
la tanto attesa (17 anni) legge quadro
dello sport dilettantistico per inquadrare
gli sportivi al di fuori dell'area
professionistica deliberata dal 1981 ad
oggi da alcune federazioni; e soprattutto
una legge quadro per disciplinare a
trecentosessanta gradi (fisco, assistenza
e previdenza, forme di pubblicità
e norme deontologiche) la figura del
gestore di palestra, affrontando per la
prima volta il fenomeno sottovalutato
della disoccupazione dei diplomati Isef
con un eventuale occhio di riguardo
(legge Tremonti).