Prendere coscienza

1 Febbraio 2002

In merito al dissesto economico

finanziario del Coni la stampa nazionale

si occupa con maggiore frequenza in

questi ultimi tempi.

Tuttavia la sensazione è quella che

l’opinione pubblica in generale non

colga la gravità del fatto. D’altronde i

giovani continuano a praticare l’attività

motoria presso le associazioni sportive

non professionistiche, la cui sopravvivenza

anche in un recente passato non

è mai stata legata in media ai contributi

Coni distribuiti in periferia.

Non c’è dubbio che su quell’atteggiamento,

complice il concetto dell’autonomia

dello sport, pesa la disabitudine

ad inquadrare il Comitato olimpico

nazionale alla stregua di una qualsiasi

pubblica istituzione alle prese con una

crescente spesa corrente rappresentata

dagli oneri di gestione; fra quelli di

natura variabile il costo della manodopera

ha una incidenza rilevante. Anche

sui conti del comitato, i cui lavoratori

intesi come sportivi di alto profilo (P.O.

probabili olimpici) ed occupati nel ramo

impiegatizio sono i primi ad essere coinvolti

in questa situazione.

I quadri tecnici e gli atleti vedono

ridimensionati premi e borse di studio.

Le preparazioni olimpiche sono in

sostanza finanziate dai contribuenti italiani,

che permettono ad alcuni ministeri

(difesa, interni, finanze) di mantenere

in carico i rispettivi gruppi sportivi, ed

agli ultimi governi di garantire delle

aperture di credito pro Coni presso la

Banca Nazionale del Lavoro.

Tuttavia certe discipline anche olimpiche

non sono contemplate nei programmi

ministeriali, ed inoltre non è

più possibile chiedere ulteriori sforzi al

soggetto famiglia che, tra l’altro, sostiene

la prole in carriera ben oltre la fase

di avviamento e di specializzazione

sportiva. E’ evidente che occorre allora

studiare il coinvolgimento dei primari

gruppi industriali nazionali con misure

agevolative (crediti di imposta, riduzioni

contributive...) per l’ “adozione” degli

sportivi P.O..

Sul fronte del personale impiegatizio

il panorama è per certi versi ancora più

delicato.

Il blocco delle assunzioni è stato

tardivo rispetto al crollo delle entrate

derivanti dalle scommesse sportive,

proventi primari per un Coni che sul

mercato delle sponsorizzazioni deve

poi fare i conti con la snellezza operativa

delle “nuove” federazioni, “titolari”

dirette dei propri campioni.

Affidare la gestione di alcuni servizi

all’esterno potrebbe essere una ipotesi,

ma la contropartita sarebbe costosa per

la collettività: licenziamento e riassorbimento

del personale presso alcuni

ministeri, oppure prepensionamento di

massa.









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