Metropoli e provincia

26 Maggio 2000

La riforma del calcio in Italia passa

anche attraverso due punti strettamente

collegati: il ruolo del football di

provincia e la manodopera, alla luce

delle possibili novità Cee in materia di

sentenza Bosman. L'attuale panorama

economico del settore professionistico

presenta ai poli le seguenti tendenze

in sintesi:

- la serie A perde a causa dei costi

della manodopera (ingaggi più indennizzi

al datore di lavoro cedente il contratto);

- la serie C perde a causa dell'inconsistenza

dei ricavi tipici (cessione dello

spettacolo sportivo).

E la serie B? Forte dell'alleanza con la

massima divisione, i proventi dei diritti

radio-tv retrocessi dalla serie A (cosiddetta

mutualità) hanno più che compensato

i minori contributi totocalcio/

totogol che, per quanto calanti, rimangono

ancora ragguardevoli rispetto a

quelli destinati alla Lega di serie C. E

così la serie cadetta, sgravata tranne in

alcuni casi da costi di lavoro non competitivi,

offre a rampanti imprenditori

possibilità di guadagno, soprattutto se

passerà la richiesta di una quota di

mutualità di 200miliardi di lire annue.

Questa è una anomalia che nasconde

una amara verità: se è vero che in

provincia si può ottenere un bene di

nicchia vincente sul mercato internazionale

(vedi fenomeno del nord-est),

è altrettanto vero che il calcio, exploit

d'annata a parte, non è un prodotto di

nicchia, ma di massa, metropolitano.

Che non può più permettersi di retrocedere

delle risorse ad una serie cadetta

che da tempo ha smesso di essere

leader come serbatoio inesauribile di

manodopera specializzata. Campus nei

Paesi svantaggiati e settori giovanili

della serie C si stanno affermando infatti

come poli per la formazione. E non è un

caso se i club forti i 200 miliardi preferirebbero

destinarli alle leghe Dilettanti e

di Serie C. Una posizione su cui è bene

riflettere considerato che la sentenza

Bosman potrebbe essere oggetto in

un prossimo futuro di una riscrittura a

cura delle Cee che, in nome della parità

di condizioni fra lavoratori comunitari,

sono pronte ad abolire l'obbligo dell'indennizzo

a carico del nuovo datore

di lavoro anche in caso di cessione del

contratto. Per intenderci da quella dell'atleta

Guidetti, per esempio, la Biellese

srl non potrebbe vantare alcun diritto di

indennizzo nei confronti dell'acquirente.

Ed allora qui non si tratta di limitare

la libera iniziativa dei giovani leoni di

provincia, ma di impendire come avviene

nei Paesi maturi speculazioni che, in

nome della difesa di posti di lavoro fuori

mercato o della pace sociale, succhiano

risorse allo sport spettacolo metropolitano

da destinare ad una seria politica

di formazione di manodopera.









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