Maestri di sci doppia identità

16 Novembre 2001

La stagione dello sci alpino sta per

entrare nel vivo anche in Italia, trascinandosi

una questione tributaria non di

secondo piano che interessa da vicino

gli sci club.

Si tratta della legittimità della applicazione

della normativa che regola i

compensi degli sportivi dilettanti (per

intenderci la legge dei “10milioni esentasse”)

per retribuire i tecnici ingaggiati

per preparare gli atleti agonisti del

club.

Fonti ministeriali in Roma negherebbero

questa soluzione agevolativa per

entrambi le parti, a causa dello status

“professionale” dell’attività di maestro

di sci, certificato dall’iscrizione in appositi

albi regionali.

Cerchiamo di ragionare.

Partiamo da un punto incontrovertibile:

il Consiglio nazionale della

Federazione Italiana Sport Invernali

(Fisi) non ha mai deliberato l’applicazione

della Legge 23 marzo 1981, n.

91 (professionismo sportivo) per le sue

attività.

Quindi per il diritto sportivo tutti i

soggetti tesserati Fisi rivestono lo status

di sportivo dilettante (allenatori compresi).

E questo a maggiore ragione se

l’istruttore di sci, al pari per esempio del

suo collega nella pallavolo, piuttosto

che di quello nel nuoto, svolge una

attività prevalente al di fuori dello sport

come lavoratore dipendente od autonomo,

per poi dedicarsi alla formazione

degli atleti agonisti di un club.

I funzionari ministeriali sembrano

ignorare questa premessa, o meglio,

subordinarla al disposto della normativa

sul turismo di montagna (Legge 17

maggio 1983, n. 217) che inquadra i

maestri di sci, al pari delle guide alpine,

fra le categorie iscrivibili alla Gestione

Inps commercianti, previa apertura di

una posizione fiscale Iva e l’iscrizione

ad albo regionale, elementi che individuano

una attività “abituale e professionale”.

Una tesi riconducibile senza dubbio

alla fattispecie del maestro di sci che

della attività remunerata di accompagnamento

e di guida della clientela di

sciatori di diporto ne fa la sua fonte di

reddito di lavoro prevalente. Egli diviene

così un lavoratore “professionale” per

lo Stato, ma non un “professionista”

per lo Stato sportivo (Fisi/Coni). In altre

parole, in base alla attuale lacunosa

e discordante legislazione in materia,

anche quel maestro di sci “a tempo

pieno” nella stazione invernale per il

diritto sportivo rimane un operatore

dilettante, al pari degli atleti agonisti

che sta formando, finché la Fisi non

delibererà l’applicazione della legge sul

professionismo sportivo per determinati

settori della sua multeplice attività.









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