Quando in un Paese la politica interviene
a favore dell’occupazione in un
settore economico, accordando agevolazioni
e sgravi od assegnando dei
fondi, in linea generale essa riscuote il
plauso degli imprenditori beneficiati.
La strategia per l’incentivazione ed il
sostenimento della manodopera della
prima industria sportiva italiana, il calcio,
avviata da alcuni anni di concerto
dal governo e dalla federazione, non
ha ottenuto per ora pari gradimento
nell’ambiente.
Alla base di ciò la peculiarità del
settore, dove l’espressione pubblica
del suo stato di salute (i successi della
nazionale azzurra) spesso non collima
con gli interessi dei privati (datori di
lavoro e dipendenti tesserati).
Per comprendere i punti deboli del
progetto è opportuno fare un po’ di
storia.
La prima misura governativa, nata
in seguito all’accordo Stato (Veltroni) -
Coni - Figc dell’agosto 1996, va appunto
nella direzione della salvaguardia dei
vivai nazionali, considerato l’anzianità
dell’ultimo trionfo azzurro (1982): sì al
fine di lucro e quindi alla possibilità di
entrare in Borsa per le società professionistiche,
ma con obbligo di investire
il 10% degli utili nel settore giovanile.
Sennonchè si scopre oggi che la norma,
più che per i bilanci in rosso e per gli
effetti della sentenza Bosman (dicembre
1995), è stata in parte vanificata da
una politica di reclutamento di giovani
calciatori sbilanciata fuori dai confini
della Comunità Europea.
La seconda misura governativa
(Melandri/Visco) è stata inserita lo scorso
fine anno nella Legge Finanziaria
2001: agevolazioni tributarie e previdenziali
per le aziende della serie C che
assumono giovani calciatori.
Altri Stati europei calciofili hanno
affrontato la problematica della formazione
di base, indirizzando la loro azione
a favore dei settori dilettantistici. In
Italia si è puntato invece su di un settore
professionistico, quello di C, travagliato,
i cui operatori economici (imprenditori,
atleti e procuratori) non sembrano
ancora entrati nell’ordine di idee di
costituire in soldoni ciò che il basket
universitario americano è per la Nba.
Una situazione equivoca esplosa
allorchè la Figc/Lega C ha tradotto la
facoltà di assunzione di giovane manodopera
in obbligo. L’emergenza (sciopero
di Ferragosto) è rientrata, grazie
anche ai 12miliardi di lire per la stagione
2001/02 da ripartire tra le società di
serie C in proporzione all’utilizzo dei
giovani calciatori, ma la questione di
fondo rimane: se la riforma del settore
terrà conto anche di quanto sopra,
allora sarebbe opportuno valutare lo
sdoppiamento in una competizione di
giovani d’élite dove i fuoriquota siano
l’eccezione.