Dove va lo sport dopo i due eventi
politici del dicembre scorso, il vertice
europeo di Nizza e la Conferenza
di Roma, che lo hanno riguardato da
vicino? Da tutte le parti e da nessuna.
Tirando le somme ciò che emerge infatti
è l'assenza di un disegno strategico.
Sport per tutti. E' la parola d'ordine
della comunità politica europea, salvo
poi tradurla in qualcosa di concreto
nella realtà quotidiana. Ma in fondo poi
perchè anche la pratica motoria come
libera espressione dell'individuo nel
tempo libero dovrebbe essere a tutti i
costi comunque irregimentata?
Volontariato. Sulla carta è l'artefice
della "sportivizzazione di massa" di cui
sopra, salvo poi una volta individuato
definirne nella pratica diritti e doveri
al di fuori del diritto sportivo, a partire
dalla annosa questione della legittimità
a ricevere un rimborso spese e la natura
fiscale di questo ultimo.
Formazione sportiva di base. Fin dalla
materna, la scuola dovrebbe preparare
lo sportivo, a cominciare da quello
non agonista. A Nizza invece la politica,
quasi a volere contrapporsi al modello
educativo Usa, la dimentica. La ricetta
Ue è questa: associazionismo più
federazioni sportive, cioè proprio quel
modello italiano con l'aggiunta degli
enti di promozione che, travolto dalla
crisi del totocalcio, ora si vorrebbe sostituire
con un sistema basato su Regioni,
Province e Comuni (modello francese)
più scuola (modello anglosassone).
Forse più a parole che nei fatti, visto
che la legge Finanziaria assegna per il
2001 agli stessi enti 10 miliardi di lire e
195 al Coni.
Formazione sportiva professionale.
Ecco il vero nodo: chi forma il lavoratore
sportivo? Negli Usa ci pensa l'università.
In Europa non si sa. Nelle conclusioni
di Nizza non c'è traccia, salvo l'invito a
mantenere in vita gli indennizzi sui trasferimenti
dei calciatori. La Finanziaria
2001 di fine anno ha regalato l'apprendistato
al calcio di serie C con risparmi
sociali per i datori di lavoro, non obbligati
tuttavia da norme sportive ad un
impiego significativo in campo di giovani
calciatori. E per gli altri sport?
Industria sportiva spettacolistica. A
Nizza in nome della specificità dello
sport è affiorata quell'Europa che affonda
le sue radici più profonde in una
visione troppo conservatrice della questione:
passi per la mutualità sui diritti
tv fra sport ricchi e poveri, ma accanto
all'esortazione alle autorità sportive
a controllare le multipartecipazioni
societarie, l'assenza di una apertura alla
libera concorrenza fra pubblico (federazioni)
e privati la dice lunga sulla linea di
condotta politica europea in materia di
economia sportiva.