Conto alla rovescia per il Giro dell’Italia
in bicicletta 1999.
L’occasione per dare uno sguardo al
mercato dell’evento ed a quello dell’attrezzo.
Fra tutte le discipline sportive
tradizionali il ciclismo è quella che più
subisce la identificazione con il doping.
Le conseguenze commerciali tuttavia
sfuggono a conclusioni razionali.
Per l’opinione pubblica la pratica del
doping ha nella assunzione di sostanze
liquide la via ordinaria. Ebbene gli
sponsor principali, quelli che abbinano
il marchio alla maglia rosa (Giro) ed alla
maglia gialla (Tour), sono due marche
di bevande: si tratta rispettivamente
di Estathé-Ferrero (1/3 miliardi) e di
CocaCola (10,5).
La campagna giudiziaria antidoping in
Francia di questi giorni potrebbe portare
ad un ripensamento della casa americana,
che nel 1998 ha dedicato quasi
10,5miliardi di lire ad una manifestazione
che ha perso il 40% di audience, pur rimanendo
l’evento ciclistico televisivo per
eccellenza nel mondo: picchi di ascolto
di 35/40 milioni contro i 3/5 del Giro, che
nella scorsa edizione ha raggiunto i 7
milioni di telespettatori.
In caso di ritiro il sostituto di CocaCola
sarà Perrier, il famoso marchio transalpino
di acqua minerale candidato dal
1985 alla sponsorizzazione del Tour de
France. I responsabili sponsoring di queste
aziende pensano evidentemente che
gli eventi sono più forti del doping.
A ragione. D’altronde il calcolo del
successo di una sponsorizzazione è una
scienza inesatta. Lo dimostra paradossalmente
il caso della Festina, azienda
orologiaria svizzera, il cui nome è stato
sì associato allo scandalo del Tour ‘98,
ma che comunque per questo è stato
ampiamente citato da tutta la stampa
mondiale. Il marchio Festina è diventato
notissimo, e lo sarà in futuro quando la
gente non lo collegherà più a Virenque
e soci.
Per quanto riguarda l’attrezzo, dopo
il boom della mountain bike fine anni
ottanta, è cominciata la crisi per tutti i
produttori europei di biciclette: costumi
di vita, pericolosità delle strade e carenza
di testimonial (a parte Marco Pantani con
un valore di mercato di circa 4 miliardi
annui).
E’ toccato nel 1997 ad una società svedese,
la Monark Stiga, risollevare le sorti
del settore con una operazione molto
accorta: un raggruppamento unico sul
mercato mondiale della bicicletta scalato
dai produttori Usa (Cycleurope) per la
distribuzione dei marchi leader (Bianchi,
Peugeot e Gitane...) che, assorbiti dalla
holding svedese, mantengono nome e
marchio specializzandosi nei diversi settori
della bicicletta. Alla Bianchi, 113 anni
di storia, è stato affidato per esempio
quello medio e alto per modelli di prezzo
superiore al milione. Per la cronaca nel
1997 il gruppo ha prodotto 1.500.000
biciclette per un fatturato di 550 miliardi.