Il campionato delle banche

24 Maggio 2002

Le crisi economiche sono cicliche.

L’industria sportiva non sfugge alla

regola. A metà degli anni Ottanta il calcio

italiano fece il primo grande crack e

si trovò in mano alle banche.

Conseguenze: qualche fallimento,

diversi passaggi di pacchetti azionari

ad una nuova generazione di capitani

di industria e l’istituzione della Covisoc,

l’organo federale di controllo dei conti

delle società professionistiche. L’Europa

fece tesoro dell’esperienza italiana e

nacquero altrettanti enti ispettivi nazionali.

Negli anni Novanta la libera circolazione

di capitali e di lavoratori (sentenza

Bosman) ha globalizzato l’industria

calcistica. Tanto è vero che oggi il suo

dissesto è continentale e non è circoscritto

al settore; ad andare in cortocircuito

è infatti l’intero processo produttivo:

pubblicità - telecomunicazioni (tlc)

- spettacolo calcistico.

Che cosa è successo? In questi anni

l’inserzionista, la televisione a pagamento

ed il club si sono impegnati

rispettivamente nei confronti del diretto

fornitore (il mezzo di comunicazione,

la società calcistica e la manodopera

sportiva) più di quanto garantiva loro

sul mercato il cliente di riferimento (i

consumatori, gli abbonati più le imprese

e gli spettatori più gli sponsor).

Da qui il ricorso generale agli istituti

di credito che, oggi, si trovano fra

le mani tutto il sistema in sofferenza.

Lo affonderanno? No, nonostante le

perdite sofferte. Anzi, proprio perchè i

capitali prestati da recuperare sono così

rilevanti il sistema bancario farà di tutto

per fare ripartire il circuito, cercando di

limitare il numero dei cadaveri e facendo

ponti d’oro ai nuovi acquirenti con le

carte in regola.

Parole d’ordine della ripartenza, dopo

una caduta inimmaginabile alla vigilia

del nuovo millennio, saranno: investimenti

in qualità e globalizzazione. Per

tutti i protagonisti in campo:

- politica: essa ha compresa che il calcio

criptato al 100% è una mossa impopolare;

piloterà i diritti tv dei Mondiali

verso il servizio pubblico solvibile, ed

aprirà il mercato televisivo alle tlc Usa

(vedi Gran Bretagna);

- pay-tv: lotta alla pirateria, ma

soprattutto mega-alleanze con le altre

aziende hi-tech (diritti umts, internet

e derivati ...) per offrire servizi sempre

più tecnologici e fare spendere sempre

di più gli abbonati affezionati, recuperando

sul flop della quantità non

raggiunta;

- industria calcistica: elaborazione di

un progetto continentale di campionato

per club con tetti su durata dell’evento

e sugli ingaggi; allestimento di

stadi più vivibili ed accoglienti. Qui la

globalizzazione rimane tabù: difficile,

per non dire impossbile, fusioni tra i

grandi gruppi spettacolistici metropolitani

(Internazionale/

Milan, Lazio/Roma,

Juventus/

Torino ...).









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