Nello scorso mese di marzo la Corte
di Giustizia Europea ha emesso una
sentenza che interessa molto da vicino
una fetta del mondo sportivo. I giudici
di Bruxelles erano stati chiamati in
causa dai colleghi olandesi alle prese
con un contenzioso sorto nel 1994 fra
il fisco ed un golf club. La decisione dei
giudici continentali conferma la divergenza
fra la legge comunitaria e quella
italiana in materia di imposta sul valore
aggiunto (iva) circa l’assoggetamento
a tale tributo dei corrispettivi derivanti
da prestazioni di noleggio di spazi ed
attrezzature sportive (pensiamo a piscine,
tennis club, golf club...).
Disciplina europea.
E’ contenuta nell’art. 13, parte A, n. 1),
lettera m) della VI Direttiva Cee 77/388.
In esso viene enunciato il principio
dell’esenzione dall’Iva delle prestazioni
di servizi sportivi fornite da associazioni
“non lucrative”.
Quindi il diverso status dell’utente,
socio aderente al sodalizio erogatore
dei servizi o terzo non socio, non rileva
ai fini della agevolazione in questione.
Disciplina italiana.
E’ enunciata dall’art. 4, comma 4 del
Decreto Presidente della Repubblica n.
633/1972, un testo precedente a quello
comunitario.
Si afferma l’esclusione dal campo di
applicazione dell’Iva dei corrispettivi
delle prestazioni di servizi cedute dalle
associazioni a favore dei propri aderenti
dietro il pagamento di un corrispettivo
specifico per singola richiesta.
Viceversa i terzi non soci sono a tutti
gli effetti dei clienti, sulle richieste di
servizi dei quali scatta automaticamente
l’imposta.
Come si può notare trattasi di una
divergenza di non poco conto, che
coinvolge in particolare quei sodalizi
no-profit che conducono impiantistica
sportiva pubblica aperta e frequentata
anche da cittadini che non aderiscono
all’ente gestore.
In merito non mancano infatti in Italia
casi di contenzioso avviati da parte di
associazioni che puntano al riconoscimento
in via giudiziaria della regola
agevolativa europea. Che la sentenza
dei giudici di Bruxelles ha rafforzato,
confermando il legame fra esenzione
Iva dei ricavi della fornitura di servizi
sportivi e natura non lucrativa dell’ente
attraverso due principi:
- l’assenza del fine di lucro e la conseguente
agevolazione cadono solo
in presenza di provata distribuzione ai
soci di avanzi di gestione conseguiti
nello svolgimento delle attività;
- ai fini dell’esenzione in parola non
rileva la quota associativa annua omnicomprensiva
versata dal socio aderente
indipendentemente dalla fruizione
degli impianti, che è da ritenersi in
ogni caso quale controprestazione dei
servizi dell’ente.