Tra quel padre britannico che ha fatto
quotare in Borsa il figlio, campioncino
di tennis, e la famiglia media sull’orlo
di una crisi finanziaria per sostenere
l’adolescente in carriera sportiva
in una disciplina individuale onerosa,
c’è molto probabilmente un potenziale
mercato delle sponsorizzazioni inesplorato
a fondo.
Sgomberiamo il campo da equivoci:
non ci riferiamo alla azienda nazionale
piuttosto che a quella multinazionale
alla caccia dell’immagine del personaggio
sportivo affermatosi ad altissimo
livello per aumentare l’audience, né
alla ditta produttrice del settore che
omaggia l’attrezzatura alla promettente
speranza (un risparmio tuttavia non
trascurabile per i genitori).
Qui alludiamo a tutto quel mondo di
piccoli e medi imprenditori che operano
sistematicamente sul mercato locale
delle sponsorizzazioni di club e/o
di manifestazioni. E sovente per mere
ragioni tributarie.
In altre parole parliamo della fattispecie
piuttosto diffusa dell’industriale
di provincia che eroga per esempio
9mila euro per fare divertire il gruppo
di amatori sportivi.
Una somma che copre una discreta
stagione agonistica di uno sciatore
adolescente.
Perchè allora domanda (la famiglia)
ed offerta (l’imprenditore) non si incontrano?
I motivi sono diversi:
- tabù sociali: per i costumi nazionali
una carriera nello sport non ha ancora
pari dignità rispetto a quella in altri settori
lavorativi, e ciò induce il soggetto
famiglia a rinunciare in partenza ad una
campagna di istanze;
- scarsa conoscenza del mercato:
talvolta il potenziale finanziatore non
tiene presente che un giovane atleta
promettente esce inevitabilmente dai
confini locali;
- vincoli regolamentari: in alcuni discipline
le normative federali e la prassi di
gara limitano gli spazi pubblicitari sulle
divise e sui materiali impiegati al di
fuori dei marchi degli sponsor tecnici;
- assenza di un sistema professionale
riconosciuto dall’ordinamento giuridico
in grado di mettere in contatto domanda
ed offerta; un servizio, la cui erogazione
potrebbe essere valutata dalle
nuove federazioni ridisegnate dalla
riforma Melandri;
- assenza di strumenti giuridici (per
esempio i trust) in grado di superare le
questioni amministrative (titolarità Iva,
fatturazione...) legati ad una attività di
cessione di beni (gli spazi pubblicitari)
in capo ad un soggetto minorenne.
Al di là di tutto questo, occorre prendere
coscienza che si tratta di un potenziale
mercato da sbloccare.