In base ad uno studio Nomisma
pubblicato lo scorso ottobre da “Il Sole
24Ore”, i praticanti attività sportive in
Italia sono più di 10 milioni.
Di questi 6,8 milioni sono tesserati
alle varie federazioni e 0,3 agli enti di
promozione sportiva.
Sono circa 4 i milioni di atleti che
operano sotto i 19 anni.
A questi ultimi decidiamo di non
imputare alcuna forma di ricompensa
monetaria.
Abbattiamo i restanti 3,1 milioni di
praticanti con un coefficiente di riduzione
del 50%, in cui comprendiamo
gli sportivi professionisti a busta paga
(automobilismo, calcio, ciclismo, golf,
motociclismo, pallacanestro, pugilato)
e quegli amatori che gareggiano per la
sola gloria.
A ciascuno dei rimanenti soggetti
pari a circa 1,5 milioni assegniamo una
media annua di rimborsi, indennità,
premi e compensi forfettari di 5 milioni
di lire esenti Irpef (il tetto di esenzione è
infatti stabilito attualmente a 10 milioni
annui).
Dal prodotto scaturisce un importo
annuo di 7.500 miliardi di lire di compensi,
che in teoria dovrebbe trovare
riscontro con il totale denunciato dal
movimento sportivo nazionale attraverso
la dichiarazione dei sostituti di
imposta mod. 770.
Alla massa dei compensi così ottenuta
applichiamo ora l’aliquota Irpef
del primo scaglione per il 2000, pari al
18,5%, ed otteniamo una imposta lorda
di 1.387 miliardi di lire.
E’ evidente che la nostra proiezione
è basata su dati medi. Non è detto
che siano tuttavia per eccesso, visto
che non si è tenuto conto volutamente
dei dirigenti, considerati: a) volontari
con rimborsi spese documentati e b)
percipienti di comodo per operazioni
parzialmente inesistenti (sovrafatturazioni).
Una cosa è certa. L’Erario desidera
arrivare a scoprire quel valore di potenziale
gettito. Su cui però dovrà riflettere
in rapporto al costo di formazione dei
4 milioni di praticanti minorenni, pari a
circa 1.200 miliardi di lire di quei 7.500
(con un Irpef di 220), se a ciascuna delle
60.000 associazioni sportive affiliate alle
federazioni assegniamo in media 4 tecnici
operanti nei settori giovanili.
Allora a questo punto i casi sono due:
o lo Stato preleva i circa 1.000 miliardi
di Irpef (1.387 - 220) e si accolla la
formazione sportiva di base attraverso
l’istruzione scolastica, oppure rinuncia
all’intero gettito (1.387) continuando a
puntare sull’attuale modello rappresentato
dal libero associazionismo sportivo.