Effetto s(ci)erra

19 Novembre 1999

La domanda reale di uno sport è

composta da quella dei praticanti (agonistici

e dilettanti) e da quella degli

spettatori presenti e distanti (telespettatori

in diretta ed in differita).

Queste persone “interessate” sono in

linea di massima spettatori ed in parte

anche praticanti. E’ impossibile stabilire

un rapporto: si pensi per esempio al

calcio, dove in Italia su 22milioni di persone

interessate, sono solo 2,7 milioni

quelle che lo praticano con continuità.

Un dato questo ultimo molto positivo

per le aziende che investono in

pubblicità nel calcio, meno per quelle

che producono materiali ed attrezzature

specifiche per questa attività.

D’altronde oggigiorno per uno sport

l’obiettivo primario è quello di mantenersi

o di divenire “televisivo”.

E’ la nuova frontiera attraverso la

quale deve passare anche una industria

molto particolare come quella dello sci

alpino.

A differenza di altre attività, essa

deve infatti fare i conti con alcuni fattori

limitativi dello sviluppo richiesto dagli

sponsor, quali quelli geografici (aree

fredde e montuose) e quelli stagionali

(inverno).

Da alcune stagioni se ne aggiunge un

altro: l’effetto serra.

Questo ultimo è stato una sorta di

colpo di grazia al circuito: la lievitazione

dei costi di partecipazione (trasporti e

soggiorni) al calendario gare nel mondo

stravolto dai rinvii ha reso la gestione

più gravosa per le federazioni. Alcune di

esse sono costrette a ricorrere a tagli in

bilancio anche delle risorse per il reclutamento

e la preparazione agonistica

delle giovani leve, alle prese a loro volta

con elevati costi di avvio economici e

sociali (il dualismo con la scuola).

A lungo termine il rischio di un

impoverimento quantitativo e di un

livellamento qualitativo verso il basso

della manodopera, che spingono nell’anonimato

il circuito, non manca, e

già si avvertono i primi segnali di un

calo di audience che sta allarmando le

aziende.

Una situazione delicata per la federsci

mondiale alla ricerca di sponsor

per mettere in piedi un montepremi

miliardario stimolante per le squadre

nazionali.

In mezzo si segnala un movimento

trasversale con a capo alcuni sponsor

tecnici che invoca la creazione di una

sorta di Grand Prix d’élite con scuderie

sovrannazionali dei migliori atleti in circolazione.

Una partita aperta. Ma la vera

questione è la formazione di questa

manodopera specializzata. L’atletica che

sta passando attraverso quel processo

l’ha compreso ed oggi gli sponsor tecnici

investono risorse ingenti nel bacino

africano (camp). Nello sci le aziende

sono disposte ad investire energie in

ski-college nei bacini alpini?









Museo Alessandro Roccavilla

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