La domanda reale di uno sport è
composta da quella dei praticanti (agonistici
e dilettanti) e da quella degli
spettatori presenti e distanti (telespettatori
in diretta ed in differita).
Queste persone “interessate” sono in
linea di massima spettatori ed in parte
anche praticanti. E’ impossibile stabilire
un rapporto: si pensi per esempio al
calcio, dove in Italia su 22milioni di persone
interessate, sono solo 2,7 milioni
quelle che lo praticano con continuità.
Un dato questo ultimo molto positivo
per le aziende che investono in
pubblicità nel calcio, meno per quelle
che producono materiali ed attrezzature
specifiche per questa attività.
D’altronde oggigiorno per uno sport
l’obiettivo primario è quello di mantenersi
o di divenire “televisivo”.
E’ la nuova frontiera attraverso la
quale deve passare anche una industria
molto particolare come quella dello sci
alpino.
A differenza di altre attività, essa
deve infatti fare i conti con alcuni fattori
limitativi dello sviluppo richiesto dagli
sponsor, quali quelli geografici (aree
fredde e montuose) e quelli stagionali
(inverno).
Da alcune stagioni se ne aggiunge un
altro: l’effetto serra.
Questo ultimo è stato una sorta di
colpo di grazia al circuito: la lievitazione
dei costi di partecipazione (trasporti e
soggiorni) al calendario gare nel mondo
stravolto dai rinvii ha reso la gestione
più gravosa per le federazioni. Alcune di
esse sono costrette a ricorrere a tagli in
bilancio anche delle risorse per il reclutamento
e la preparazione agonistica
delle giovani leve, alle prese a loro volta
con elevati costi di avvio economici e
sociali (il dualismo con la scuola).
A lungo termine il rischio di un
impoverimento quantitativo e di un
livellamento qualitativo verso il basso
della manodopera, che spingono nell’anonimato
il circuito, non manca, e
già si avvertono i primi segnali di un
calo di audience che sta allarmando le
aziende.
Una situazione delicata per la federsci
mondiale alla ricerca di sponsor
per mettere in piedi un montepremi
miliardario stimolante per le squadre
nazionali.
In mezzo si segnala un movimento
trasversale con a capo alcuni sponsor
tecnici che invoca la creazione di una
sorta di Grand Prix d’élite con scuderie
sovrannazionali dei migliori atleti in circolazione.
Una partita aperta. Ma la vera
questione è la formazione di questa
manodopera specializzata. L’atletica che
sta passando attraverso quel processo
l’ha compreso ed oggi gli sponsor tecnici
investono risorse ingenti nel bacino
africano (camp). Nello sci le aziende
sono disposte ad investire energie in
ski-college nei bacini alpini?