Lo si attendeva per l’autunno ed
invece il 5 luglio scorso il Consiglio
dei ministri ha varato il provvedimento
Urbani sullo sport dilettantistico.
Doveva essere un disegno di legge
con tanto di passaggio in commissione,
magari per un confronto con l’emananda
normativa sull’impresa sociale, ed
invece è stata scelta la soluzione più
rapida del decreto legge, con la speranza
di convertirlo in legge in tempi
brevi.
Quello che di fatto è il Testo Unico
dello sport dilettantistico, atteso dal
novembre del 1982, è racchiuso in un
solo articolo del decreto, composto
da numerosi commi che rimandano a
future norme di attuazione (nuovi statuti
associativi, registro Coni dei sodalizi
sportivi...).
Soltanto una volta a regime si potrà
allora comprendere la portata effettiva
di questa legge-quadro, confrontandola
anche con quella dello sport
professionistico (legge 23 marzo 1981,
n. 91). Una cosa è certa: rispetto a quel
novembre 1982 le due aree si sono
sovrapposte a tal punto che oggi sarebbe
opportuna una riformulazione legislativa
dell’intera materia.
Un’opera non facile come testimonia
d’altronde il fatto che le novità tributarie
contenute nel decreto Urbani, più
che mirare ad una messa in ordine
dell’ingarbugliata massa legislativa,
rispondono alle esigenze contingenti
del settore con ritocchi a tetti e limiti. E
con una probabile svista del legislatore
su di uno dei pochi punti di sostanza.
Spieghiamo. La realtà organizzativa del
mondo sportivo dilettantistico è fatta
anche di quei dirigenti che svolgono
una serie di funzioni importanti nella
vita di una associazione (tesseramento,
pulizie, tenuta prima nota di contabilità,
...) senza rivestire incarichi ufficiali per
conto del sodalizio nel momento agonistico
della competizione. Ciò comportava
l’impossibilità di rimborsare l’opera
di queste persone attraverso l’applicazione
della normativa dei compensi agli
sportivi dilettanti (legge n. 133/1999)
che, entro certi limiti, prevede l’esenzione
di tali somme dalla tassazione Irpef.
Una sorta di discriminazione che
metteva in difficoltà il mondo associazionistico.
Ora il decreto Urbani estende
l’applicazione della suddetta norma
agevolativa anche a questi dirigenti
“non agonisti”, ma a condizione che gli
stessi siano legati al club con un contratto
di collaborazione coordinata e
continuativa, la cui onerosità in termini
formali e sostanziali (tenuta libri del
lavoro, elaborazione buste paghe, calcolo
di trattenute fiscali, previdenziali
ed assistenziali...) mal si concilia con
quei casi diffusi di rimborsi forfettari
all’interno della fascia di esenzione Irpef
(10.000 euro/anno). A questo punto un
chiarimento è opportuno.