Ed i dirigenti "non agonisti"?

19 Luglio 2002

Lo si attendeva per l’autunno ed

invece il 5 luglio scorso il Consiglio

dei ministri ha varato il provvedimento

Urbani sullo sport dilettantistico.

Doveva essere un disegno di legge

con tanto di passaggio in commissione,

magari per un confronto con l’emananda

normativa sull’impresa sociale, ed

invece è stata scelta la soluzione più

rapida del decreto legge, con la speranza

di convertirlo in legge in tempi

brevi.

Quello che di fatto è il Testo Unico

dello sport dilettantistico, atteso dal

novembre del 1982, è racchiuso in un

solo articolo del decreto, composto

da numerosi commi che rimandano a

future norme di attuazione (nuovi statuti

associativi, registro Coni dei sodalizi

sportivi...).

Soltanto una volta a regime si potrà

allora comprendere la portata effettiva

di questa legge-quadro, confrontandola

anche con quella dello sport

professionistico (legge 23 marzo 1981,

n. 91). Una cosa è certa: rispetto a quel

novembre 1982 le due aree si sono

sovrapposte a tal punto che oggi sarebbe

opportuna una riformulazione legislativa

dell’intera materia.

Un’opera non facile come testimonia

d’altronde il fatto che le novità tributarie

contenute nel decreto Urbani, più

che mirare ad una messa in ordine

dell’ingarbugliata massa legislativa,

rispondono alle esigenze contingenti

del settore con ritocchi a tetti e limiti. E

con una probabile svista del legislatore

su di uno dei pochi punti di sostanza.

Spieghiamo. La realtà organizzativa del

mondo sportivo dilettantistico è fatta

anche di quei dirigenti che svolgono

una serie di funzioni importanti nella

vita di una associazione (tesseramento,

pulizie, tenuta prima nota di contabilità,

...) senza rivestire incarichi ufficiali per

conto del sodalizio nel momento agonistico

della competizione. Ciò comportava

l’impossibilità di rimborsare l’opera

di queste persone attraverso l’applicazione

della normativa dei compensi agli

sportivi dilettanti (legge n. 133/1999)

che, entro certi limiti, prevede l’esenzione

di tali somme dalla tassazione Irpef.

Una sorta di discriminazione che

metteva in difficoltà il mondo associazionistico.

Ora il decreto Urbani estende

l’applicazione della suddetta norma

agevolativa anche a questi dirigenti

“non agonisti”, ma a condizione che gli

stessi siano legati al club con un contratto

di collaborazione coordinata e

continuativa, la cui onerosità in termini

formali e sostanziali (tenuta libri del

lavoro, elaborazione buste paghe, calcolo

di trattenute fiscali, previdenziali

ed assistenziali...) mal si concilia con

quei casi diffusi di rimborsi forfettari

all’interno della fascia di esenzione Irpef

(10.000 euro/anno). A questo punto un

chiarimento è opportuno.









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