ECCLESTO-NOSTALGIA

12 settembre 2024

Articolo di riferimento:  “L’eredità di Bernie”  

29 Ottobre 1999

Ma quindi si stava davvero meglio quando si stava peggio? La Formula Uno era, nel complesso, migliore sotto la guida del boss Ecclestone?

Ne è passato di tempo da quando il buon vecchio Bernie, abbandonata la a dir poco fallimentare carriera sportiva, decise prima di diventare manager di Jochen Rindt, poi proprietario di Brabham e, infine, di fondare la Formula One Constructors Association, la quale veniva  precedentemente abbreviata in “F1CA”, suscitando divertimento persino nel Drake Enzo Ferrari che non soleva ridere mai; il divertente errore fu però  prontamente corretto, onde evitare che l’organizzazione fosse presa poco sul serio dagli Italiani, che all’epoca rappresentavano un ingente percentuale dei meccanici e lavoratori del Circus.  

Ma cosa resta dell’impero multimiliardario creato dal Re dei Circuiti?

Facendo un passo indietro torniamo agli anni settanta-ottanta, in piena guerra FOCA-FISA: la FOCA, che ai tempi era quasi un vero e proprio sindacato a difesa delle scuderie e quella che oggi chiamiamo FIA, si scannarono per quasi dieci anni soprattutto a causa di motivazioni economiche (i membri della FOCA erano scontenti di quanto fosse iniqua la distribuzione dei ricavati di ogni GP), e il tutto si concluse solo nel 1981 con la firma del Patto della Concordia, i cui dettagli rimangono ancora oggi per la maggior parte riservati.

Tuttavia, il più importante degli aspetti noti fu sicuramente l'obbligo per i firmatari, ossia tutte le scuderie gareggianti, di partecipare a tutte le gare, assicurando così uno spettacolo garantito per chi acquistava i diritti televisivi dei Gran Premi e per chi assisteva sia a bordo pista che davanti ad un televisore o in radio. Ciò mise fine al fenomeno di squadre che partecipavano a pochi Gran Premi durante l’anno, come nel caso dei piloti e dei team statunitensi che negli anni ‘50-’60 disputavano l’unica gara dell’anno in territorio a stelle e strisce, la 500 miglia di Indianapolis, la cui storia, fino alla recente IndyCar, è un capitolo a parte. 
La decisione più significativa fu quella di affidare la gestione della vendita di tali diritti alla FOCA e a Bernie Ecclestone, gettando così le basi per la creazione della Formula One Management, ai tempi “Formula One Promotions and Administrations”.

La FOM comincia così a gestire anche i ricavati ed i premi delle gare, i contratti con organizzatori, aziende e circuiti. Inizia quindi la trasformazione del Circus da uno sport semi amatoriale, simboleggiato dai tempi in cui correvano ancora i cosiddetti Gentleman Drivers, ad una macchina organizzata in maniera innegabilmente impeccabile, e nel fare ciò le tasche del britannico nato nel 1930 non fecero altro che ringraziare. 

Fra il 2005 e il 2006, invece, la società finanziaria britannica CVC Capital Partners acquistò il 63,4% delle azioni del Formula One Group; nel 2014 il caro Ecclestone (il quale, ricordiamolo, è colpevole dell’evasione di oltre 400 milioni di sterline detenuti in un trust a Singapore nel 2015 ed è stato successivamente condannato per frode) finalmente si dimise.

E così nel 2017 quando Liberty Media, che ora possiede anche la MotoGP, acquistò per 8 miliardi di dollari i diritti della Formula 1 dalla CVC, il controllo della massima serie andò nelle mani dell’americano Chase Carey, al quale, nel Gennaio 2021, succedette l’ex-Team Principal della Scuderia Ferrari ed amministratore delegato di Lamborghini, Stefano Domenicali,  classe 1965. 

Chiusa questa parentesi storica, torniamo alla questione: la Formula Uno  era complessivamente migliore prima del 2017 con Ecclestone? 
Il discorso è certamente importante e complesso, pertanto va analizzato da un punto di vista economico e commerciale, non meramente sportivo, perché cadere nella nostalgia di quando correvano Mansell, Senna e Prost non ci offre un modo corretto con cui analizzare la situazione. 

Sotto questo punto di vista, che sembra lasciare il tempo che trova, c’è chi dice che una volta la F1 era più bella e che adesso è noiosa, perché ci sono scuderie che dominano per periodi di tempo che sembrano interminabili, dimenticandosi però come i domìni ci siano sempre stati (vedi Alfa Romeo nelle primissime stagioni della neonata serie); ed ancòra c’è viceversa chi fa presente come un tempo le gare, eccezion fatta per saltuari sorpassi alla Villeneuve e incidenti spettacolari, fossero noiose e ripetitive, mentre adesso, soprattutto dopo la creazione del regolamento del 2022, le gare, nonostante ci siano state stagioni come quella del 2023 che ha visto come unico protagonista l’olandese Max Verstappen a bordo della sua temibile RB19, esse siano diventate più combattute, avvincenti e complessivamente migliori, punto. 
Morale: non ci serve il tifoso della domenica che viene a lamentarsi di quanto tutto fosse più bello ai tempi di Schumacher.

Da quando Ecclestone se ne è andato, abbiamo imparato una cosa: la Formula 1 è ancora un business che vale più di 20 miliardi di Euro e che arricchisce soprattutto chi la gestisce;  infatti Domenicali possiede un patrimonio di circa 120 milioni di Euro, la maggior parte dei quali ottenuti grazie al lavoro di direttore supremo di FOM e compagnia. 

Sotto la guida di “F1 Supremo”, come lo chiamano gli Inglesi, la F1 è diventata il motorsport con la M maiuscola (si vocifera tuttavia che, per fare ciò, abbia addirittura sabotato altri campionati che, all’epoca, erano caratterizzati da un numero elevatissimo di spettatori e fan, come il WTCC, ossia il Campionato del Mondo Vetture Turismo, al giorno d’oggi TCR World Series). 
Ma osserviamo meglio il cambiamento: durante l’era Ecclestone  la Formula 1 si basava su un modello di business molto tradizionale, e i ricavi globali annui della Formula 1, nel 2016, si attestavano intorno agli 1,8-2 miliardi di dollari. 

La distribuzione di questi ricavi, tuttavia, era ben poco equa: le scuderie ottenevano il 60% dei guadagni, però i team più importanti e storici, come Ferrari, che  guadagna il 5% in più poiché presente sin dal 1950, ricevevano la maggior parte delle entrate, lasciando le squadre più piccole (Williams, HAAS etc) a lottare per risorse limitate. 

Con l’acquisto effettuato da Liberty Media, che come vedremo ha spinto affinché la F1 avesse successo anche nel mercato statunitense,    i volumi di affari hanno subito un aumento esponenziale, superando, a fine 2022, i 2,5 miliardi. Liberty Media ha adottato un approccio più inclusivo e moderno, espandendo lo sport a nuovi mercati e puntando su piattaforme digitali come F1 TV; inoltre, essa ha cercato di rendere la distribuzione dei ricavi più equa, riducendo drasticamente il divario tra i team maggiori, quali Ferrari, McLaren, Mercedes e Red Bull, e quelli più piccoli (ma non storicamente meno importanti) come Williams, HAAS, Alfa Romeo/Sauber, Aston Martin, Racing Bulls (Alpha Tauri) ed Alpine-Renault incentivando così una maggiore competitività. 

Il numero di spettatori pre-2017 era prevalentemente concentrato sulla televisione tradizionale, e il picco si raggiunse durante la leggendaria stagione del 2012, quando la Formula 1 poteva vantare circa 515 milioni di spettatori in tutto il mondo. Tuttavia, negli ultimi anni della gestione Ecclestone, il numero di spettatori iniziò a diminuire drasticamente, a causa sia dei domìni prima Vettel-RedBull e poi Mercedes, sia per via del passaggio di molte emittenti a piattaforme a pagamento che limitarono l’accessibilità per molti fan; è il caso dell’Italia dove la RAI, con le sue iconiche telecronache del cordialissimo Gianfranco Mazzoni, nel marzo 2013 “lasciò strada” a Sky Sport. 

Sotto la guida del grande capo britannico, la Formula 1 era rinomata per il suo approccio tradizionale orientato esclusivamente ai grandi sponsor e agli eventi televisivi: Bernie era notoriamente riluttante ad abbracciare le nuove tecnologie e i social media, affermando che il suo target principale erano i clienti di lusso e d’élite, quelli che si incontrano durante il Gran Premio di Monaco, approccio che, pur garantendo stabilità economica, portò a un certo declino del gradimento, specialmente tra le fasce più giovani di pubblico. 

Grazie alla digitalizzazione e alla nascita dei social, invece, Liberty ha introdotto nuove piattaforme di trasmissione, inclusi i servizi di streaming e la produzione di contenuti esclusivi come la serie Netflix "Drive t o Survive", che ha portato milioni di nuovi fan, soprattutto negli Stati Uniti, ampliando così il pubblico più giovane, composto oltretutto da un numero sempre maggiore di ragazze. 

Nel 2022, la Formula 1 è diventata uno dei marchi sportivi con la crescita più rapida sui social media, registrando un aumento del 40% di fan rispetto all'anno precedente e miliardi di visualizzazioni sui contenuti pubblicati online. Anche il formato della trasmissione televisiva è stato migliorato: Liberty ha introdotto nuove e avvincenti grafiche in tempo reale, dati più precisi, e un maggiore focus sulle storie e background dei piloti e dei team, cambiamenti che hanno contribuito a migliorare il gradimento generale degli spettatori. 

Anche la presenza agli eventi dal vivo è aumentata: nel 2021, il Gran Premio degli Stati Uniti, svoltosi nel Circuito delle Americhe ad Austin, in Texas, ha registrato una presenza record di oltre 400.000 spettatori nei tre giorni dell’evento, segno del crescente interesse che il pubblico statunitense ha per le monoposto di F1. 

L’approccio ecclestoniano, pertanto, stava diventando obsoleto, e stava portando conseguentemente ad un calo di spettatori, ma, prima Carey e poi Domenicali, hanno reso lo sport più globale e accessibile che mai.

Tuttavia, come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica, poiché anche Liberty Media è diventata il soggetto di numerosi scandali, come evidenziato da AutoSprint, la maggiore rivista sul motorsport in Italia e una delle fonti più importanti a livello mondiale (è stata proprio AS, addirittura, a confermare, un mese prima dell’ ufficialità, l’approdo del super-tecnico Adrian Newey in Aston Martin).

Il settimanale italiano, infatti, evidenzia come la società che controlla il campionato abbia effettuato pesantissimi “atti di arroganza”. Liberty Media sarebbe infatti accusata di aver bloccato, per timore di ripercussioni economiche, il licenziamento per scarso rendimento del secondo pilota della scuderia Red Bull, Sergio Perez, idolo del Messico e atleta più influente al mondo per quanto riguarda le sponsorizzazioni. 
Queste accuse si aggiungono a una serie di controversie, tra le quali spicca sicuramente la disastrosa organizzazione del Gran Premio di Las Vegas, in Nevada, criticata per essere stata concepita esclusivamente a scopo di lucro: infatti, per quanto sia stata una gara al fulmicotone, cittadini e fan sono rimasti delusi prima dal blocco totale della città dei vizi, che ha distrutto la routine di migliaia di persone, e poi dai mancati o inadeguati risarcimenti a seguito di rimozione forzata del pubblico che assisteva alle Prove Libere; La città di Vegas ha addirittura affermato di aver speso, per organizzare il Gran Prix, 500 mila dollari in più di quanto abbia incassato. Il risultato? Marilyn Kirkpatrick, commissaria della Contea di Clark, ha minacciato di non far svolgere più la edizione del 2026 e quelle successive, mettendo a serio rischio i 500 milioni di dollari investiti da Liberty Media nell'evento inizialmente in programma fino al 2032. 

Non un’ottima pubblicità per la F1 che, in Italia, vede al giorno d’oggi un calo degli ascolti del 10% rispetto al 2023. 

Inoltre  l'organizzazione, che continua peraltro a dibattere con la Federazione Internazionale dell’Automobile riguardo al possibile successore o succeditrice di Domenicali,  ha bloccato l'ingresso del prestigioso team americano Andretti, il quale ha sporto una denuncia formale al Congresso degli Stati Uniti, per una possibile mancanza di competitività da parte della scuderia. Una scusa, per altro uscita male, perché Andretti  in qualunque campionato in cui sbarca si dimostra incredibilmente competitiva se non dominante. La problematica viene affrontata in dettaglio dei numeri 32 e 34 del 2024 di AutoSprint. 

Non bisogna dimenticare poi l'accusa di aver ottenuto fondi tramite riciclaggio di denaro, oppure di come Aramco sponsorizzi sia il Team Aston Martin sia il Formula One Group, una manovra di marketing incredibilmente sospetta che effettivamente spiega come la scuderia britannica riesca a permettersi acquisti del calibro di Alonso e Newey. 
Ciò non termina qui, perché Liberty Media, dopo aver bandito nel 2018 le Ombrelline, ossia le Grid Girls, perché “oggettificavano il corpo della donna”, permette e incentiva sui social la presenza di cheerleaders-ombrelline in ogni edizione del Gran Premio di Miami; va bene, Miami è Miami, la città spumeggiante di cui canta Will Smith (“Miami is the city where the heat is on”), ma perché allora negli USA si  e in tutto il mondo invece no? In casa di Liberty Media non varrà mica la doppia morale? 

Bene, argomento concluso, ora ci rimane un ultimo fantomatico sassolino nella scarpa: la Formula 1, a fronte di politiche sempre più verdi, diventerà elettrica? La risposta semplice è un no secco, mentre quella complessa è un “no  almeno fino al 2039 oppure fino a quando, speriamo prima, i carburanti saranno tutti ecosostenibili”. Innanzitutto c’è da dire che Stefano Domenicali si è schierato e ha dichiarato che  “La Formula 1 non diventerà mai elettrica” e che forse  dal 2030 le Power Unit non richiederanno più la parte ibrida, ossia che i motori torneranno ad essere completamente a combustione interna e potenzialmente anche più rumorosi, come ai vecchi tempi. 
Perché questo 2039 invece? Perché la Formula E, l'avvincente serie in cui corrono le monoposto green, ha l’esclusiva sui motori completamente elettrici fino a quell’anno, ma in realtà noi tutti desideriamo che, prima del 2040, i combustibili sintetici tanto promossi dal 4-volte campione del mondo di F1 Sebastian Vettel, saranno più comuni ed adottati universalmente a livello sportivo. 

Quale sarà il destino della massima serie? 
Ai posteri l’ardua sentenza. 

Francesco MUSSO
reperimento fonti principali e cartacee
scrittura e revisione del testo
Pietro VERZA
consultazione di materiali online;
uso  dell’IA (ricerca in database digitali)
Ruggiero ZANOCCHIO
ideazione e organizzazione; 
uso  dell’IA (analisi di dati e percentuali)

12 Settembre 2024









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