Sul fronte politico registriamo negli
ultimi tempi le prime reazioni ufficiali
dello sport dilettantistico alla manovra
fiscale di fine anno. Le attenzioni sono
tutte per le Finanze nella persona del
sottosegretario Armando Veneto, destinatario
di diverse istanze di modifica
delle nuove norme. Due considerazioni
si rendono necessarie.
1. Il ruolo del Coni.
Ad agitarsi in Roma nei Palazzi sono
le federazioni: ciascuna fa presente
al ministero gli aspetti meno graditi
del decreto ministeriale n. 473 del 26
novembre 1999, proponendo gli emendamenti
del caso.
Un’azione di lobbying in ordine sparso,
con la Lega Calcio Dilettanti che
funge da volano all’intero mondo dello
sport non professionistico, e nel sostanziale
laissez-faire del Coni.
Un atteggiamento questo ultimo difficile
da comprendere senza il rischio di
cadere in strane supposizioni: il profilo
basso del Comitato olimpico è il segnale
consapevole dell’attuale debolezza
dell’ente, o la contropartita dei 120mdi
di lire del Governo per la preparazione
olimpica?
D’accordo che alcune questioni sono
settoriali: gli sport individuali chiedono
soprattutto una deregulation per i piccoli
compensi (premi) liquidati ai vincitori
di singole gare, mentre gli sport di
squadra, con il calcio in testa, premono
per un innalzamento del tetto annuo
dei compensi esentasse (da 6 a 15milioni).
Altri argomenti portati dal calcio sul
tavolo ministeriale sono comuni: no ai
misuratori fiscali per i dilettanti, movimenti
di cassa possibili fino a 5milioni
e sanatoria Irap sui rimborsi ex Legge
n.80/86.
Detto questo, al di là delle possibilità
limitate di una retromarcia del ministro,
resta il fatto che l’attore istituzionale di
una proposta di un pacchetto di contromisure
fiscali doveva essere il Comitato
olimpico. Nei tempi opportuni.
2. Concertazione.
Non è la via maestra per governare
un Paese: immobilismo e degenerazione
del compromesso sono le conseguenze
negative che derivano da
una linea di condotta politica volta a
soddisfare tutte le forze in campo. Ma
qui stiamo parlando anche di settore
no-profit, dove il fisco avrebbe bisogno
di confronti sul campo. La manovra
che sta suscitando una generalizzata
resistenza venne annunciata con linguaggio
ermetico nel maggio del 1999,
e quindi svelata il 14 dicembre scorso, a
15 giorni dall’entrata in vigore. In tutti
quei mesi chi ha sabotato il tavolo ministero-
Coni per rapportare la portata
della manovra studiata all’Eur alla realtà
variegata dello sport dilettantistico? La
concomitanza della riforma del Coni
nella trascorsa estate non è una motivazione
valida.