Dilettanti nel III millennio

15 Ottobre 1999

Accanto al calcio professionistico

del terzo millennio, c’è quello dilettantistico,

il cui movimento economico

annuo di 1.872miliardi di lire è di poco

inferiore a quello del fratello maggiore

(2.000/2.100).

L’ingresso del calcio minore nel

nuovo secolo avviene tuttavia come

per tutto il restante movimento sportivo

dilettantistico nazionale, cioè senza

una legislazione di insieme.

Manca una legge quadro che definisce

la figura dello sportivo dilettante

in senso positivo e non per esclusione

dai canoni fissati dalla storica legge n.

91 del 1981 per l’atleta professionista.

Manca una legge quadro capace di

armonizzare diritto sportivo (normative

federali) e legislazione statale, a partire

da quella fiscale.

Le anomalie sono sotto gli occhi di

tutti: le indennità di trasferta ed i rimborsi

di spesa forfettari esentasse della

legge n. 80 del 1986 sono aumentati

da 60 a 90mila giornaliere dal 1995; un

incremento ignorato dalla federcalcio,

che poi riconosce al calciatore dilettante

il diritto a percepire i suddetti rimborsi

per cinque giornate alla settimana,

quando una circolare del maggio 1996

del Ministero delle Finanze circoscrive

l’agevolazione fiscale a quattro giorni

alla settimana.

Questo “doppio binario” rischia di

mandare in confusione la dirigenza

delle associazioni. D’accordo, la federazione

tutela i protagonisti dello spettacolo

(atleti ed allenatori), ma esistono

anche le responsabilità verso lo Stato in

capo a dirigenti volontari e così appassionati

da ripianare di tasca propria ciò

che i ricavi dei trasferimenti dei diritti

delle prestazioni degli atleti non riescono

a coprire del buco gestionale annuo

di circa 1.100miliardi (1.428 - 244).

E questo è il punto ben fotografato

dall’indagine in questione: a fronte di

un volontariato dirigenziale valutabile

in termini di ore sottratte al lavoro

in 200miliardi di lire, sono cresciute

le responsabilità della gestione dei

300miliardi di rimborsi annui a tecnici

e calciatori. A maggiore ragione dal

18 maggio scorso quando il legislatore

ha abbassato a 6milioni annui il

tetto di esenzione fiscale dei rimborsi,

al di sopra del quale scatta in capo al

sodalizio l’obbligo di ritenute Irpef e

di addizionali regionale, provinciale e

comunale. Un meccanismo di non facile

gestione che il sistema sta dimostrando

di rifiutare tout-court. Non a caso la

Lega dilettanti ha chiesto al ministero

l’innalzamento del tetto a 20milioni.

Da parte sua il ministro non ha saputo

fare altro che inventarsi una proroga

della questione al 2000 attraverso una

risposta ad una interrogazione parlamentare.

Insomma le premesse di una

“disubbidienza fiscale” generalizzata

non mancano. Uno scenario contraddittorio

per un settore con cifre da serie A.









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