Accanto al calcio professionistico
del terzo millennio, c’è quello dilettantistico,
il cui movimento economico
annuo di 1.872miliardi di lire è di poco
inferiore a quello del fratello maggiore
(2.000/2.100).
L’ingresso del calcio minore nel
nuovo secolo avviene tuttavia come
per tutto il restante movimento sportivo
dilettantistico nazionale, cioè senza
una legislazione di insieme.
Manca una legge quadro che definisce
la figura dello sportivo dilettante
in senso positivo e non per esclusione
dai canoni fissati dalla storica legge n.
91 del 1981 per l’atleta professionista.
Manca una legge quadro capace di
armonizzare diritto sportivo (normative
federali) e legislazione statale, a partire
da quella fiscale.
Le anomalie sono sotto gli occhi di
tutti: le indennità di trasferta ed i rimborsi
di spesa forfettari esentasse della
legge n. 80 del 1986 sono aumentati
da 60 a 90mila giornaliere dal 1995; un
incremento ignorato dalla federcalcio,
che poi riconosce al calciatore dilettante
il diritto a percepire i suddetti rimborsi
per cinque giornate alla settimana,
quando una circolare del maggio 1996
del Ministero delle Finanze circoscrive
l’agevolazione fiscale a quattro giorni
alla settimana.
Questo “doppio binario” rischia di
mandare in confusione la dirigenza
delle associazioni. D’accordo, la federazione
tutela i protagonisti dello spettacolo
(atleti ed allenatori), ma esistono
anche le responsabilità verso lo Stato in
capo a dirigenti volontari e così appassionati
da ripianare di tasca propria ciò
che i ricavi dei trasferimenti dei diritti
delle prestazioni degli atleti non riescono
a coprire del buco gestionale annuo
di circa 1.100miliardi (1.428 - 244).
E questo è il punto ben fotografato
dall’indagine in questione: a fronte di
un volontariato dirigenziale valutabile
in termini di ore sottratte al lavoro
in 200miliardi di lire, sono cresciute
le responsabilità della gestione dei
300miliardi di rimborsi annui a tecnici
e calciatori. A maggiore ragione dal
18 maggio scorso quando il legislatore
ha abbassato a 6milioni annui il
tetto di esenzione fiscale dei rimborsi,
al di sopra del quale scatta in capo al
sodalizio l’obbligo di ritenute Irpef e
di addizionali regionale, provinciale e
comunale. Un meccanismo di non facile
gestione che il sistema sta dimostrando
di rifiutare tout-court. Non a caso la
Lega dilettanti ha chiesto al ministero
l’innalzamento del tetto a 20milioni.
Da parte sua il ministro non ha saputo
fare altro che inventarsi una proroga
della questione al 2000 attraverso una
risposta ad una interrogazione parlamentare.
Insomma le premesse di una
“disubbidienza fiscale” generalizzata
non mancano. Uno scenario contraddittorio
per un settore con cifre da serie A.