Dilettanti, e il contratto?

23 Febbraio 2001

Per il diritto tributario dal 1° gennaio

2000 le prestazioni di atleti operanti in

attività sportive dilettantistiche (quindi

non prevalenti) possono essere “remunerate”

a mezzo di veri e propri “compensi”.

Il diritto sportivo sembra averne

preso atto passivamente, senza rendersi

conto che è caduto il tabù dello sportivo

amatoriale “retribuito”.

Infatti per entrambi, fisco e sport, fino

al 31 dicembre 1999 esistevano solo

le indennità ed i rimborsi di spese per

massimo quattro giorni di allenamento

più quello dell’evento agonistico.

Insomma oggi io pago il mio atleta

non solo sulla base della presenza sul

“secondo lavoro”, ma anche e soprattutto

in base al valore delle sue vrtù

sportive.

Per gli allenatori il discorso è simile.

Cambia in parte la premessa: in passato

infatti il diritto sportivo, a differenza di

ciò che avveniva per l’atleta, accettava

il tecnico dilettante “retribuito”: lo strumento

era il rapporto di collaborazione

coordinata e continuativa (co.co.co.).

Esso evitava la presa della partita iva

per il tecnico, e garantiva al committente

una gestione amministrativa della

pratica relativamente semplice: si trattava

di calcolare sul compenso lordo

una ritenuta fiscale del 20% a titolo di

acconto, e di versarla all’Erario. Poi il

compenso di co.co.co. ha dovuto subire

l’imposizione Inps (1-1-1996) e quella

Inail (17-4-2000), e dal 1° gennaio 2001

la sua tassazione Irpef segue i criteri

e le procedure di quella delle paghe

dei lavoratori dipendenti, con oneri per

entrambi le parti. Quindi si assiste ad

una fuga verso il regime degli atleti di

cui sopra, che rispecchia quello originario

delle co.co.co.: in sostanza una

relazione collaborativa inventata dal

legislatore tributario senza una base

civilistica. Creata poi nella prassi per

le co.co.co. attraverso una lettera-contratto,

volta più che altro a scongiurare

la presunzione del lavoro dipendente.

Anche se dalla primavera del 1998 gira il

contratto collettivo nazionale dei collaboratori,

con tanto di tutele sociali simili

a quelle dei lavoratori subordinati.

Oggi dunque ci troviamo di fronte

ad un regime collaborativo solo fiscale

che meriterebbe alcune integrazioni: a)

diritto sportivo: di fronte ad un onorario

la cui quantificazione non è più solo

oggettiva, il Coni dovrebbe disegnare

una traccia di questi nuovi rapporti

economici con reciproci doveri e diritti.

Il dado è stato tratto: è necessario redigere

il contratto degli sportivi dilettanti,

anche se ciò può fare storcere il naso;

b) previdenza ed assistenza: il 7 febbraio

scorso con una circolare l’Inps ha

affermato che non chiederà su questi

rapporti il 13%; ora l’Inail dovrebbe dire

la sua.









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