Per il diritto tributario dal 1° gennaio
2000 le prestazioni di atleti operanti in
attività sportive dilettantistiche (quindi
non prevalenti) possono essere “remunerate”
a mezzo di veri e propri “compensi”.
Il diritto sportivo sembra averne
preso atto passivamente, senza rendersi
conto che è caduto il tabù dello sportivo
amatoriale “retribuito”.
Infatti per entrambi, fisco e sport, fino
al 31 dicembre 1999 esistevano solo
le indennità ed i rimborsi di spese per
massimo quattro giorni di allenamento
più quello dell’evento agonistico.
Insomma oggi io pago il mio atleta
non solo sulla base della presenza sul
“secondo lavoro”, ma anche e soprattutto
in base al valore delle sue vrtù
sportive.
Per gli allenatori il discorso è simile.
Cambia in parte la premessa: in passato
infatti il diritto sportivo, a differenza di
ciò che avveniva per l’atleta, accettava
il tecnico dilettante “retribuito”: lo strumento
era il rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa (co.co.co.).
Esso evitava la presa della partita iva
per il tecnico, e garantiva al committente
una gestione amministrativa della
pratica relativamente semplice: si trattava
di calcolare sul compenso lordo
una ritenuta fiscale del 20% a titolo di
acconto, e di versarla all’Erario. Poi il
compenso di co.co.co. ha dovuto subire
l’imposizione Inps (1-1-1996) e quella
Inail (17-4-2000), e dal 1° gennaio 2001
la sua tassazione Irpef segue i criteri
e le procedure di quella delle paghe
dei lavoratori dipendenti, con oneri per
entrambi le parti. Quindi si assiste ad
una fuga verso il regime degli atleti di
cui sopra, che rispecchia quello originario
delle co.co.co.: in sostanza una
relazione collaborativa inventata dal
legislatore tributario senza una base
civilistica. Creata poi nella prassi per
le co.co.co. attraverso una lettera-contratto,
volta più che altro a scongiurare
la presunzione del lavoro dipendente.
Anche se dalla primavera del 1998 gira il
contratto collettivo nazionale dei collaboratori,
con tanto di tutele sociali simili
a quelle dei lavoratori subordinati.
Oggi dunque ci troviamo di fronte
ad un regime collaborativo solo fiscale
che meriterebbe alcune integrazioni: a)
diritto sportivo: di fronte ad un onorario
la cui quantificazione non è più solo
oggettiva, il Coni dovrebbe disegnare
una traccia di questi nuovi rapporti
economici con reciproci doveri e diritti.
Il dado è stato tratto: è necessario redigere
il contratto degli sportivi dilettanti,
anche se ciò può fare storcere il naso;
b) previdenza ed assistenza: il 7 febbraio
scorso con una circolare l’Inps ha
affermato che non chiederà su questi
rapporti il 13%; ora l’Inail dovrebbe dire
la sua.