Le prove di matrimonio fra Coni ed
Enel di queste settimane dimostrano:
1) quanto la natura ibrida (una sorta
di terza via tra ministero ed ente privato)
del Comitato olimpico nazionale
risulti inadeguata per risanare i conti;
2) quanto l'economia italiana delle
piccole e medie imprese, priva di un
fiato per dare vita a sistemi di garanzie
sociali di largo respiro complementari
a quelle statali, sia impotente di fronte
all'emergenza del bilancio Coni. In
rosso crescente.
Il calo del volume delle scommesse
sportive, cominiciato nel 1992, provocherà
a fine anno un disavanzo di
300miliardi di lire.
Se il Coni, preparazione olimpica a
parte, fosse stato trasfuso dall'Assemblea
Costituente nel Ministero dello
sport e della gioventù, partner ideale
del dicastero della pubblica istruzione
nella costruzione di un sistema sportivo
di base compiuto (modello francese),
molto probabilmente non sarebbe in
bancarotta.
Da tempo esso avrebbe potuto beneficiare
di una fetta dei favolosi gettiti
fiscali raggiunti attualmente dallo Stato,
grazie anche e soprattutto alla tassazione
dei guadagni di borsa (capital
gain), ed in futuro dalle Regioni nella
revisione federale dello Stato (si pensi ai
lander della Germania molto sensibili al
sostegno delle attività motorie).
Viceversa un Coni ente di diritto privato
(come lo saranno le nuove federazioni
sportive della riforma Melandri)
avrebbe potuto offrire le sue 18.000
ricevitorie in tutta Italia ad un partner
senza i rischi di aste e di appalti pubblici,
come il Consiglio di Stato sembra
volere richiedere, a maggiore ragione
in presenza di una società Enel in via
di privatizzazione. A dire la verità non
sappiamo quanti altri potenziali gestori
di servizi energetici, nell'epoca in cui
internet permette di pagare le utenze
in banca e di scommettere in Gran
Bretagna direttamente dall'ufficio o da
casa, vedranno nelle ricevitorie del
totocalcio futuri luoghi di aggregazione
di masse.
Per quanto riguarda il secondo punto
in apertura, il modello ispiratore del
Coni della "autonomia dello sport" che
stava in piedi grazie agli scommettitori,
oltre che dal potere politico ha allontanato
la possibilità (molto sfruttata
nel mondo anglosassone) di attingere
risorse vitali periodicamente dall'unica
fondazione, seppure indiretta, di un
gruppo industriale di dimensioni mondiali
come quello della Fiat di Torino.