Alla fine della guerra dei Sette anni (1756-1763), la Gran Bretagna, risultò essere la maggiore potenza e dominatrice assoluta sui mari, ma nonostante ciò la corona inglese si ritrovò a dover sostenere enormi spese di guerra e la responsabilità di amministrare e difendere i nuovi territori acquisiti in Nord America. Allo scopo di far contribuire alle spese dell’impero anche i coloni, il Parlamento inglese, nel marzo del 1765 impose una tassa di bollo su tutti i documenti legali, i contratti, le licenze, anche giornali, opuscoli, carte da gioco, stampati in terra americana. L’imposta provocò una forte opposizione tra i coloni americani. Normalmente, infatti, erano le assemblee locali ad emanare leggi fiscali e di organizzazione della sicurezza interna; tale legge venne quindi percepita dai coloni come un tentativo di limitare i loro piani di autogoverno. Nell’ottobre del 1765, i delegati di nove colonie si riunirono a New York per far conoscere alla madrepatria le proprie lamentele.
In effetti, nel marzo successivo, il Parlamento abolì la tassa ma ciò non fu determinato dalle obiezioni dei coloni sull’istituzionalità della tassa, bensì dalle pressioni dei mercanti inglesi, fortemente danneggiati dalla protesta dei coloni. La cancellazione dell’imposta lasciò irrisolti i problemi finanziari della corona britannica che ben presto impose nuove tasse sull’importazione di vetro, piombo, vernici, carta e tè, inviando nel contempo delle truppe allo scopo di imporre ai coloni l’osservanza della legge. Ancora una volta, la reazione fu pronta e vigorosa. Manifestazioni di protesta accolsero ovunque l’arrivo degli ufficiali doganali e i commercianti adottarono nuovamente la politica di non importazione delle merci britanniche. Le tensioni esplosero il 21 giugno 1768, quando migliaia di manifestanti bostoniani minacciarono i commissari delle dogane obbligandoli alla fuga; immediatamente Londra inviò quattro reggimenti di truppe per permettere il rientro dei commissari e dando inizio all’occupazione militare della città. La lunga serie di scontri che ne seguirono culminò nel marzo del 1770 nel cosiddetto massacro di Boston, quando i soldati britannici, provocati dalla folla, aprirono il fuoco uccidendo cinque coloni; si scatenò allora una nuova violenta ondata di protesta.
Piegata ancora una volta dal boicottaggio economico, Londra dispose la revoca della tassa.
Tre anni dopo il Parlamento dispose il monopolio della vendita di tè in America. Tale provvedimento risollevò immediatamente il conflitto tra i coloni e la madrepatria tanto che a Boston il carico delle navi che trasportavano il tè venne addirittura rovesciato in mare. Per tutta risposta, nel 1774 il Parlamento inglese approvò alcune misure repressive, intese a riaffermare l’autorità regia: il porto di Boston fu chiuso e venne rafforzato il regime di occupazione militare della città, riducendo anche le leggi di autogoverno dei coloni. Il 16 dicembre 1773, per protestare contro l’imposizione da parte della Corona britannica di una tassa sull’importazione del tè, alcuni coloni americani, guidati da Samuel Adams, salirono a bordo di navi britanniche e gettarono in mare i carichi di tè.
IL PRIMO CON CONGRESSO CONTINENTALE
In questo clima di mobilitazione politica, nel 1174 i rappresentanti delle colonie si riunirono a Philadelphia, dando vita al primo congresso continentale, durante il quale gli Intolerable Acts furono rigettati. Un anno dopo, un altro congresso decretò la nascita di un esercito continentale unitari ( Continental Army), il cui comando fu affidato a un ricco possidente della Virginia già distintosi nella Guerra dei sette anni, George Washington.
IL PRIMO SCONTRO ARMATO E LA DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA
Se da una parte i coloni continuarono la loro opera di boicottaggio e cominciavano a organizzarsi militarmente, dall’altra parte la Gran Bretagna aveva inviato in America massicci contingenti di truppe, generando una situazione sempre più tesa. L’occasione che fece precipitare il precario equilibrio si verificò nel 1775 a Lexington, dove i coloni affrontarono e riuscirono a fermare la spedizione inglese che doveva distruggere una fabbrica di munizioni e armi a Concord. L’esercito inglese era decisamente più numeroso e organizzato di quello dei coloni. Ciò che però giocò in favore di questi ultimi fu la forte mobilitazione dell’opinione pubblica, prima in patria e poi in Europa appunto nel gennaio del 1776, Ad esempio, la pubblicazione del libro Common Sense di Thomas Paine, fu al centro di un amplissimo dibattito pubblico. Nello scritto Paine formulava un principio ritenuto fondamentale e indiscusso, tanto da risultare ovvio: l’inviolabile diritto all’ autogoverno di cui gode ogni Popolo. Proprio questo fu il principio ispiratore del Movimento indipendentista americano. Sulla scia di questo dibattito, il 4 luglio 1776 si riunì a Filadelfia il secondo congresso dei coloni, che proclamò la dichiarazione di indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra. La dichiarazione fu redatta da Thomas Jefferson, un giovane avvocato della Virginia, e può essere considerata come un atto di nascita degli Stati Uniti d’America. Richiamandosi ai principi della filosofia illuministica, i delegati delle tredici colonie rivendicarono per sé e per tutti i coloni d’America” il diritto naturale”, com’essi dicevano, alla vita, alla libertà, alla ricerca della felicità, per cui proclamarono di voler essere liberi e indipendenti da ogni soggezione alla corona Britannica. La forza innovativa della dichiarazione, infatti, non risiedeva nella novità dei principi in essa contenuti; ciò che rendeva unico questo documento era il fatto che per la prima volta erano messi a fondamento dell’edificazione di un nuovo Stato. Si sosteneva che tutti gli uomini nascono uguali e che godono di diritti inalienabili: unico scopo dei governi è proprio quello di garantirne l’esercizio e il rispetto. Con la dichiarazione, i coloni mostrarono Inoltre come i principi naturali fossero stati Lesi dal re Giorgio III, che si definirono Royal brute, e affermarono il loro diritto di autoproclamarsi “stati liberi e indipendenti”.
LE FASI DELLA GUERRA E IL TRATTATO DI PACE
Lo scontro tra i coloni d’America e l’Inghilterra iniziato nel 1775 che si sarebbe concluso solo nel 1783, assunse ben presto carattere internazionale. Tra le pieghe della guerra d’indipendenza emerse anche un forte conflitto interno alla società americana, che a volte assunse anche le sembianze di una vera e propria guerra civile tra indipendentisti e lealisti. Questa tensione interna si intrecciò anche con due questioni potenzialmente esplosive: da una parte il conflitto latente tra i cantatori del sud e gli schiavi neri impiegati nelle piantagioni, dall’altro quello fra i coloni dell’ovest, che si trovavano quindi sulla frontiera, e i nativi indiani. Per quanto riguarda gli schiavi, Ad esempio, in molte colonie del centro-nord può offerta loro la libertà in cambio dell’arruolamento nel Continental Army. anche l’inglese lanciarono l’appello “arruolamento contro libertà”, mentre i coloni del Sud, ovvero proprietari delle piantagioni, non vogliono in alcun modo concedere la libertà agli schiavi. per quanto riguarda i nativi indiani, invece, molti furono quelli che si schierarono con l’Inghilterra, con rare eccezioni ( gli irochesi e i delaware). L’inizio della guerra volgeva senza dubbio in favore degli inglesi; nonostante l’entusiasmo dei coloni e l’arrivo di alcuni volontari accorsi dall’Europa, Come il francese La Fayette, mossi dalla convinzione che la guerra d’indipendenza fosse l’incarnazione dei principi illuministi, la sproporzione delle forze in campo era troppo grande ( si parla di 35000 uomini per la Gran Bretagna e di 8000 per gli americani). Bisognava trovare alleati per resistere alle soverchianti forze terrestri e navali affluite dalla madrepatria, per cui si decise di inviare in Europa Benjamin Franklin, scienziato, letterato, pubblicista e libraio di Filadelfia, già noto come inventore del parafulmine, a perorare la causa dei ribelli presso le corti europee. Ansiosa di rifarsi delle perdite subite nella disastrosa Guerra dei Sette Anni, nel 1778 la Francia decise di intervenire. A questo intervento, seguì, l’anno seguente, quello della Spagna. Sempre nel 1779 la Gran Bretagna fu costretta a dichiarare guerra all’Olanda, che forniva segretamente aiuti ai coloni. Gli inglesi decisero allora di controllare il carico delle navi di tutti i paesi neutri che attaccavano sui porti del Nord America, provocando le ire di Caterina seconda di Russia, la quale si fece promotrice di una lega dei neutri( Danimarca Svezia, Russia, Austria e Portogallo), per rivendicare la libertà di traffico navale. L’appoggio delle potenze europee riequilibrò le sorti del conflitto. Già vittoriosi a Saratoga (1777), i coloni americani riportarono, con l’aiuto di francese, una decisiva vittoria a Yorktown (1781). Il conflitto si prolunga per altri due anni, ma i destini della guerra erano già segnati. Protrattasi per 7 anni, la guerra si concluse con il Trattato di Versailles, firmato il 3 settembre 1783, con cui re britannico Giorgio III, che pure era stato sfilato fautore della repressione armata, riconobbe la piena Indipendenza delle tredici colonie. La Gran Bretagna, Inoltre, fu costretta a fare delle concessioni alla Spagna, riuscendo però, nonostante la sconfitta, a mantenere integro il suo impero coloniale. la Francia ottenne la restituzione di alcuni territori delle Antille che aveva perduto durante la Guerra dei Sette Anni e il Senegal sulle coste dell’Africa occidentale. la Spagna, invece, ottenne in America la Florida e Minorca del Mediterraneo.
sitografia:
bibliografia:
Storia e Storiografia plus 2A
ARTICOLO DI SARA RICOTTI DELLA CLASSE IV I DEL LICEO LINGUISTICO
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