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Il Codex Gigas
Il Codex Gigas (Libro Gigante) è considerato il più grande manoscritto medievale al mondo, data la sua altezza di 92 centimetri; il libro è inoltre contenuto in una copertina in legno, cuoio e metallo, la quale fa sì che il manoscritto raggiunga i 75 chilogrammi di peso. Si stima che siano stati uccisi oltre 160 animali per realizzarlo.
Il Codex era inizialmente formato da 320 pagine, alle quali ne sono state successivamente tolte 8 per motivi sconosciuti; nelle 312 pagine che sono giunte a noi è contenuta la trascrizione quasi completa della Bibbia, intervallata da vari trattati di natura storica, etimologica e filosofica, da un calendario dei santi, da un elenco con i nomi dei monaci dei monasteri di Podlažicama, da alcune formule magiche e dagli alfabeti in greco, cirillico ed ebraico. Non mancano numerosi disegni, miniature e raffigurazioni in oro, blu, rosso verde e giallo, tra le quali la più rilevante è un disegno completo del Diavolo, che occupa l’intera pagina. L’essere ha il volto verde, a simboleggiare il peccato d’invidia, la lingua biforcuta, le corna e artigli di un rosso acceso. Le pagine precedenti alla raffigurazione, inoltre, sono stranamente annerite.
La realizzazione di questo libro, si ipotizza, avvenne nel primo trentennio del XIII secolo nel monastero benedettino di Podlažice (Boemia), tuttavia non si è ancora del tutto certi che questa sia la sua effettiva origine: il Codex Gigas, infatti, è passato alla storia con il nome di ‘Bibbia del Diavolo’, a causa della leggenda che concerne la sua realizzazione.
Si pensa che il monaco che realizzò il Codex, Herman il Recluso, chiese aiuto al Diavolo stesso per la realizzazione del manoscritto: il monaco, secondo la leggenda, venne condannato ad essere murato vivo per aver infranto alcune regole dell’ordine benedettino a cui apparteneva. L’uomo, la notte prima dell’esecuzione, si chiuse nella sua cella e produsse l’intero libero in una sola notte, senza l’aiuto di altri monaci e affiancato solo dal Demonio (al quale promise di vendere la propria anima per glorificare il più possibile il proprio monastero e avere salva la vita) e che chiese in cambio di essere raffigurato minuziosamente nel manoscritto. Compiuta la sua opera, Herman perse la sanità mentale a causa del rimorso, e chiese aiuto alla Vergine Santa, la quale accettò di aiutarlo. Il monaco, tuttavia, morì pochi istanti prima di cedere la propria anima al Diavolo e di saldare dunque il patto.
Storie e leggende successive narrano che il Codex Gigas abbia portato malattie, sventura e morte ai suoi possessori, proprio perché il Demonio pretendeva di essere in qualche modo ripagato, dato che Herman non mantenne la sua promessa. Si narra inoltre che accadessero fatti inquietanti nelle stanze in cui il Codex veniva conservato: libri fluttuanti, orologi impazziti e fiamme magiche che, comparendo dal nulla, permettevano di leggere anche durante la notte.
Queste credenze sono alimentate dal fatto che la calligrafia dell’intero manoscritto resti immutata dall’inizio alla fine, e che non presenti segni di stanchezza o malattia, come se il libro fosse stato scritto tutto in una volta e in un breve lasso di tempo. Alcuni studiosi, tuttavia, ricollegano questa stranezza al fatto che il libro possa essere opera di un solo monaco, il quale lavorò al manoscritto per oltre 20 anni per redimersi dai propri peccati terreni. La stesura e la copiatura dei manoscritti era ritenuta infatti un ottimo metodo di espiazione dei peccati, soprattutto da parte dei monaci. La presenza dell’immagine del Diavolo è giustificabile dal fatto che nella pagina successiva ci sia un’illustrazione della Città di Dio: l’autore ha voluto mostrare la contrapposizione tra bene e male, paradiso e inferno.
Sitografia:
https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2017/09/il-codex-gigas-la-bibbia-del-diavolo.html?m=1
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Codex_Gigas
http://portaledellamagia.altervista.org/codexgigas/
https://it.aleteia.org/2017/04/12/storia-bibbia-diavolo-codex-gigas/
https://libriantichi.forumfree.it/m/?t=70646320
Articolo redatto dell’allieva Hailie Celso della classe IIIa del liceo classico
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