I sofisti erano intellettuali per lo più stranieri, uomini di cultura, che attaccano e dissacrano i valori della tradizione, in particolare prendono a bersaglio ogni tipologia di presunta verità assoluta; così nasce il loro relativismo, ovvero che i valori siano relativi ai diversi popoli e che siano differenti dalla polis, dal proprio paese. Anticamente il termine sophistes (sapiente) era sinonimo di saggio e alludeva ad un uomo esperto, dotato di una vasta cultura generale. Invece nel V secolo i sofisti erano coloro che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro un compenso in denaro e ciò alla mentalità aristocratica appariva scandaloso. Furono soprattutto Socrate e Platone che contribuirono alla pessima fama dei sofisti, definiti come coloro che vendevano un sapere apparente, quest’ultimi erano accusati di essere interessati più al successo e ai soldi che alla verità.

 

 

La sofistica è una corrente filosofica sviluppatasi nell’antica Grecia, in particolare ad Atene, a partire dalla seconda metà del V secolo A.C., la quale era in polemica con la filosofia della scuola eleatica e cosa del tutto nuova, si pone al centro della riflessione l’uomo e le problematiche relative alla morale, alla vita sociale e politica. Non si trattò di una vera e propria scuola né di un movimento omogeneo, ma fu estremamente variegata al suo interno, i suoi esponenti, i sofisti, anche se accomunati tra loro dalla professione di ‘maestro di virtù’, si interessarono di vari ambiti del sapere, giungendo ognuno a conclusioni differenti e a volte tra loro contrastanti. Siamo quindi in presenza di un genere del tutto nuovo, nel quale si offre l’insegnamento dietro a un compenso in denaro; il sapere dei sofisti non ha nulla a che vedere con la sapienza tradizionale, perché infatti il loro più che un sapere è un saper fare, l’arte della retorica, l’arte del parlare in pubblico in modo persuasivo, per cercare di catturare il consenso della folla, sono considerati i professionisti della parola, il loro è un saper fare in grado di dare ai cittadini una completa formazione culturale, che fa si che un uomo sia in grado di svolgere al meglio la sua funzione di cittadino, ma non solo nel ruolo pubblico, anche in quello privato, per esempio la gestione dei propri affari, questo saper fare è anche areté, virtù, che secondo i sofisti non è un dono della natura, ma è data dalla formazione e dall’educazione di ciascun individuo. Rispondono a un’ esigenza di formazione, che fornisce ai cittadini la capacità di emergere ovunque, non sono nelle assemblee, ma anche nei tribunali e in qualsiasi altro ambito. Con i sofisti si ha una vera e propria svolta antropologica, perché la natura non è più l’oggetto dell’indagine, ma l’uomo; ma facendosi pagare con compensi molto elevati, escludevano il popolo dall’educazione e quindi davano la possibilità di accedere a quest’istruzione solo ai nobili aristocratici, che non solo potevano pagare compensi più elevati, ma più di tutti perseguivano il successo; la concezione di voler partecipare attivamente alla vita pubblica è data dall’educazione, democratica, in quanto tutti gli uomini indipendentemente dalla famiglia in cui sono nati, le possibilità economiche e dalle condizioni sociali, abbiano tutti le stesse capacità nel partecipare alle assemblee e prendere decisioni comuni.

 

La Sofistica - Diziomondo -

 

PROTAGORA:

Il massimo esponente della sofistica fu Protagora, il quale nacque ad Abdera ma conobbe la sua fortuna ad Atene, dove Pericle, suo estimatore, gli diede l’incarico di scrivere le leggi della colonia di Turi. Purtroppo il suo periodo florido si interruppe ben presto, quando affermò che non poteva ammettere, secondo logica, l’esistenza degli dei e per questo venne esiliato in Sicilia e morì naufragando durante la fuga.  La sua opera principale si intitola Antilogie, ovvero ‘discorsi antitetici’ dove ad ogni argomento corrisponde il suo contrario, in modo da dimostrare come la verità sia impossibile da raggiungere proprio nell’ambito della ragione stessa, perchè secondo Protagora la ragione ha in sé un errore per cui è impossibile dimostrare qualsiasi verità razionalmente. Secondo il pensiero di Protagora solo ciò che i sensi percepiscono è reale, ciò che non percepiscono non esiste; l’uomo è misura di tutte le cose, ovvero, ciò che viene percepito dall’uomo è il solo criterio per giudicare la realtà e la verità e da ciò deriva che non esiste una sola verità, perché lo stesso fenomeno percepito in un certo modo da un uomo, può essere percepito diversamente da un altro, in tal caso entrambi i giudizi rappresentano la verità, ad esempio, se un uomo percepisce l’acqua di un fiume come calda, mentre nello stesso momento e nello stesso luogo un altro uomo la percepisce fredda, entrambi gli uomini hanno ragione. Quindi se ogni uomo raggiunge la verità con i propri mezzi, seguendo le proprie percezioni, il compito del filosofo allora non è più la ricerca della verità assoluta, la quale non esiste, ma quella di aiutare le persone a migliorare l’esposizione delle proprie idee e i propri giudizi, così da predisporli verso un sapere più ampio e permettergli di ottenere ciò che desiderano.

       Protagora di Abdera: uomo misura di tutte le cose - Studia Rapido


ARTICOLO DI LORENZA AZARA DELLA CLASSE III D DEL LICEO LINGUISTICO