Sono le navi da battaglia a catalizzare l’attenzione pubblica e a costituire buona parte dell’immaginario della corsa agli armamenti. Gli incrociatori corazzati, all’inizio l’unità da guerra ideale di Fisher, adatta a proteggere il commercio navale britannico, si diffondono rapidamente anche in Germania e Stati Uniti; divengono però presto integrati nelle grandi flotte militari, vascelli importanti e prestigiosi in virtù della loro combinazione di armatura, potenza di fuoco e velocità.
Lo sviluppo delle corazzate è addirittura esponenziale. La HMS Dreadnought, frutto delle intuizioni di Fisher a seguito della vittoria giapponese sui Russi di Tsushima, atto conclusivo della guerra russo-giapponese, è un prodigio della tecnologia: i motori a turbina garantiscono più potenza e velocità (21 nodi), la corazza è ancora più robusta. L’illuminazione di Fisher sta però nell’armamento: in un cannoneggiamento a distanza tenere in considerazione l’esito dei tiri precedenti è di fondamentale importanza per gli artiglieri, ma la pluralità di calibri delle torrette significa gittate diverse, e quindi più difficoltà nel valutare la precisione dei colpi. La soluzione è la corazzata monocalibro (305 mm), senza il vecchio armamento misto dei cannoni principali (152 e 234 mm). La Dreadnought, varata nel 1906, darà il suo nome ad un’intera classe di corazzate, ma ben presto viene superata dalle cosiddette superdreadnought, le supercorazzate veloci: la classe Orion in Inghilterra presenta cannoni da 343 mm e torrette sfalsate, che per la prima volta possono essere usate tutte allo stesso tempo. Entro lo scoppio della Grande Guerra le corazzate monocalibro sono presenti in tutte le principali flotte belligeranti, Italia compresa; a guerra iniziata Francia e Germania, con le proprie classi Bretagne e Bayern, eguaglieranno o si avvicineranno alle superdreadnought inglesi, nel frattempo potenziate nella classe Queen Elizabeth, con cannoni da 381 mm e velocità massima di 23 nodi.
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