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http://cultura.biella.it/on-line/Welcomepage/EcomuseodelBiellese/Celluleeistituzioni/EcomuseodellaTradizioneCostruttiva-TrappaSordevolo.html


A circa 1000 m di altitudine, sulle pendici del monte Muanda e del Mombarone, a sinistra del Torrente Elvo, che nasce dalla punta più elevata del Biellese, il Monte Mars (2600 m) , sorge un edificio intorno al quale ancora aleggia il mistero sulle vere ragioni della sua esistenza, un mistero che forse non verrà mai svelato: la Trappa di Sordevolo. Numerosissimi gli studi e le pubblicazioni a riguardo. Le ricerche degli storici Pietro Torrione, Delmo Lebole, Marco Neiretti e Giuseppe Silmo, per citare i più importanti, hanno portato alla luce informazioni indispensabili per sciogliere le nebbie che avvolgono l’edificio. La regione in cui sorge si chiama Vanej e fa parte del comune di Sordevolo, che già nel ‘700 godeva di un’economia sana, un paese dalla piena occupazione e dal relativo benessere, dove ognuno trova lo spazio di attività per esercitare un lavoro remunerativo. A Sordevolo due sono in quel periodo le famiglie dell’aristocrazia laniera: la prima è quella degli Ambrosetti, che durante il XIX secolo erano diventati il principale nucleo laniero che aveva dato impulso all’emancipazione del mercato piemontese, iniziando l’accentramento delle lavorazioni tessili, fino ad allora frazionate e distribuite tra vari artigiani e operai a domicilio, importando tessuti dall’estero per le operazioni di follatura, tintoria ed appretto, e dimostrando spiccate capacità nell’affrontare le difficoltà emerse dal particolare periodo storico. Nella seconda metà del secolo impianteranno cinque fabbriche sestuplicando in pochi anni il loro patrimonio. Già nel 1691 avevano ricevuto una concessione per la creazione di una fabbrica per la fornitura di panni grigio chiari “per vestir la soldatesca” e superarono brillantemente la terribile crisi tessile indotta da un regio decreto emesso nel 1733 da Carlo Emanuele III che proibiva di filare e tessere a Torino e Biella panni di lana di alta qualità, al fine di favorire altre zone tra le quali in particolare Ormea, feudo del marchese co-firmatario del decreto e amico del Re. L’altra famiglia è quella dei Vercellone, che eredita a partire dalla fine del ‘700 e soprattutto dal periodo napoleonico il patrimonio di conoscenze e industriale degli Ambrosetti. Provengono dall’alta borghesia professionale e dai ranghi della burocrazia statale ed ecclesiastica. Intorno alla rivalità di queste due famiglie ruota l’intricata storia della Trappa. Durante il travagliato periodo dell’edificazione della Trappa, infatti il sindaco di Sordevolo era proprio un esponente della famiglia rivale. Tutto inizia con la nascita di Gregorio Ambrosetti, costruttore della Trappa. I primi documenti che si riferiscono a quella che sarebbe diventata la Trappa risalgono al 1751 e tutto si svolge nell’arco di un 50ennio. Cenni su certi antefatti si rendono indispensabili per meglio comprendere le vicende che seguiranno. Nel 1746 si registra un primo tentativo fallito per l’opposizione dei sordevolesi di insediamento da parte di un ordine monacale, detto dei “camaldolesi” (congregazione di origine benedettina fondata nel 1010da San Romualdo ) nei locali di una chiesa posta in località San Grato. Alcuni anni dopo (1751) Gregorio Ambrosetti fa ricorso al vescovo di Vercelli per poter costruire una cappella campestre nella regione Vanej su un terreno già di sua proprietà, come voto alla Madonna per ringraziare della scampata mortalità delle sue greggi. Per avvalorare la richiesta, l’Ambrosetti motiva la costruzione di una cappella in mezzo alle montagne perché molti pastori e particolari residenti nei cascinali lì intorno sono troppo distanti dalla chiesa parrocchiale e non possono partecipare alle funzioni domenicali. Nel ricorso, si fa cenno marginalmente a qualche “comodo d’abitazione”, che alla fine costituirà la parte più grande dell’intero edificio. Alla prima richiesta il Vescovo dà il consenso e viene preparato un progetto per una chiesa – e non più cappella – dalla superficie di ben 460 m2! , seguito poco tempo dopo da un nuovo progetto con dimensioni 5 volte inferiori. Si ipotizza che, se l’autorità clericale non avesse avuto nulla in contrario, il permesso non sarebbe stato dato dal Reale Senato di Torino – massima autorità giudiziaria – in quanto in quell’epoca lo Stato Sabaudo cercava di controllare e di limitare l’autonomia della Chiesa. Il progetto verrà ulteriormente ridimensionato, difatti entra in gioco anche un terzo attore che tenterà di opporsi ancora maggiormente alla costruzione dell’edificio, chiesa o cappella che voglia essere: si tratta difatti del Consiglio Comunale capeggiato da un esponente Vercellone, rivale degli Ambrosetti. Giudicando le ostilità e l’opposizione, c’è da supporre che forse, dietro alla costruzione di una cappella montana ci fossero progetti ben più ambiziosi. Così si arriva finalmente al 1760, l’anno che determina la vera svolta dello sviluppo della Trappa. Intanto i lavori erano già stati avviati quando giunge al consiglio Comunale voce che un altro ordine monastico, quello dei Passionisti ( fondato da San Paolo della Croce ) vorrebbe insediarsi nell’edificio che si stava costruendo lassù sui monti. Il Consiglio si riunisce e decreta che l’introduzione di un nuovo ordine monastico sarebbe di grave pregiudizio per l’economia locale, in quanto i boschi e i pascoli non sarebbero più stati sufficienti per il mantenimento della popolazione locale, oltre a far diminuire offerte ed elemosine a favore della Chiesa parrocchiale, avrebbe inoltre creato un possibile asilo per disertori di truppe straniere e malviventi. L’Ambrosetti nega a questo punto trattarsi di un rifugio per persone religiose, ma asserisce trattarsi di un futuro lanificio (a 1000 m, senza corsi d’acqua nelle immediate vicinanze). È obbligato dal Reale Senato a sospendere la costruzione e a dichiarare formalmente che l’utilizzo è limitato a opificio e che la cappella è destinata ad uso profano. Nel ’78 non demorde e rinnova la richiesta di permesso per poter costruire una cappella ad uso degli operai che lavorano al lanificio: in quell’epoca sono 20. Finalmente il permesso è ottenuto e la cappella finale sarà di 51 m2. Nell’86 Gregorio Ambrosetti morirà lasciando il complesso ai 3 figli, ma senza aver trasmesso le sue intenzioni e ambizioni su questo imponente edificio, che resteranno probabilmente sconosciute per sempre.

Intanto in quegli anni della Rivoluzione Francese e dell’occupazione Napoleonica, tanti erano gli ordini religiosi che venivano soppressi, in particolar modo quelli contemplativi ritenuti inutili. Un gruppo di 24 monaci guidati da Agostino di Lestrange fugge dall’Abbazia di Notre Dame de la Trappe in Normandia. Raggiungono la Svizzera e da lì, dopo aver riformato la Regola, i monaci verranno inviati in tutta Europa e anche oltreoceano per fondare nuovi monasteri. Da Torino un piccolo gruppo di monaci, appoggiato da un esponente dei Padri Filippini, che diventerà poi vescovo di Biella, raggiunge quel famoso lanificio in cima ai monti, che nel 1896 non è più che una “fabbrica derelitta” e abbandonata. Ma la storia, ancora una volta si ripete! Sempre per i motivi che avevano già impedito agli ordini precedenti di insediarsi in quel di Sordevolo, anche i monaci Trappisti verranno osteggiati dalla comunità locale, e verranno fissate condizioni così vessatorie che dopo solo 6 anni si vedranno costretti ad abbandonare il complesso in totale povertà, non avendo avuto alcun diritto sui terreni e pascoli adiacenti e quindi nessuna possibilità di sopravvivenza. Gli eredi Ambrosetti rientrano in possesso del fabbricato che verrà adibito fino alla metà degli anni ’70 del Novecento ad attività agricole e ad abitazione per la famiglia affittuaria. Quell’area corrisponde all’attuale foresteria. Alla morte dell’ultimo discendente, il complesso di Vanej, viene lasciato in eredità all’Istituto Ambrosetti, proprietario e gestore dell’asilo infantile di Sordevolo.

Nel ’98 nasce l’Associazione della Trappa, ai fini della valorizzazione del sito. Oggi la Trappa è cellula ecomuseale dedicata alla tradizione costruttiva ed è sede di moltissime attività, tutti gli anni, legate alla formazione, a corsi sulle attività delle coltivazioni, delle tecniche costruttive dei muri a secco, alla Musicoterapia. Si svolgono inoltre campi organizzati dai Centri Servizi di Volontariato delle Scuole Superiori di Biella, Servizio Civile Internazionale, campi WWF, laboratori di didattica rivolti a tutte le scuole sui temi della natura, delle tradizioni. È anche una tappa dell’IPPOVIA del Biellese, con una scuderia nuova ed attrezzatissima. Si svolgono passeggiate sul dorso degli asini, visite e passeggiate che partono a raggiera da questo meraviglioso sito per raggiungere alpeggi a quota più alta, come le Salvine, disseminate di cascine ancora attive, dove i prodotti tipici sono ancora davvero quelli originali, o altre cellule ecomuseali, come Bagneri, pittoresco borghetto anch’esso a quota 1000 m dove tutto è rivolto alla valorizzazione della civiltà montanara. Oppure i rifugi di montagna, come il Rifugio Coda. Una vasta rete di sentieri attraversa le montagne, sovente attrezzati con pannelli di divulgazione naturalistica e mantenuti da associazioni di volontari, veri appassionati della natura, come i soci della CASB (Consociazione Amici dei Sentieri Biellesi).


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http://www.mondodelgusto.it/2011/04/27/trappa-sordevolo-biella-antico-monastero-1000-metri-quota/