Tra le più affascinanti e misteriose filosofie della storia umana spicca senza dubbio quella ermetica, oscura e complessa per antonomasia. Deve il nome al leggendario Ermete Trismegisto, adattamento greco del dio egizio Thot, protettore della sapienza e inventore della scrittura.
Il Corpus Hermeticum, raccolta di scritti di cui costui sarebbe autore, è la base di una dottrina filosofico-religiosa oltre che magico-astrologica figlia del sincretismo ellenistico. Il testo più celebre a lui attribuito e che meglio esprime l’ermetismo e il suo legame con l’alchimia e le scienze occulte è la Tavola di Smeraldo.
L’ORIGINE: DIO O UOMO?
Ermete, o più comunemente Hermes, era il dio greco della sapienza, della parola e della scrittura, messaggero alato degli dei e portatore del Logos, conoscenza profonda e divina, Verità disvelata. Costui corrispondeva a Thot, la divinità egizia raffigurata come uomo-ibis (o talvolta come babbuino). Entrambi erano intermediari tra il cielo e la terra, cioè tra il divino e l’umano; al servizio di dei maggiori, Zeus e Osiride; psicopompi, ossia guide delle anime dei defunti.
L’epiteto Trismegisto in greco significa «tre volte grande», la sua origine egizia è stata confermata dal ritrovamento nella tomba di Ibis a Saqqara della frase riportata sia in greco sia in demotico: megistou kai megistou theou megalou Hermou, il grandissimo e il più grande dio, il grande Ermete.
La figura di Ermete Trismegisto nel corso dei secoli subì poi diverse trasformazioni: in epoca alessandrina fu identificato non più con una divinità, ma con un uomo in carne e ossa, che i primi Alchimisti resero protagonista della maggior parte delle rivelazioni dottrinali contenute nei loro Testi, detti per questo motivo Ermetici.
I contenuti sapienziali di questi Libri influenzarono anche i più critici e intransigenti Padri della Chiesa come Tertulliano, Lattanzio e Sant’Agostino: i primi, infatti, lodavano il pensiero ermetico come precursore della dottrina cristiana mentre l’ultimo, Agostino, pur non condividendo questa idea, riconosceva l’esistenza di Ermete ed elaborando una sua genealogia lo descriveva come contemporaneo di Mosè e discendente di «Atlante, il grande astrologo».
Numerose furono nel tempo le interpretazioni genealogiche di questo personaggio: tra l’VIII e il IX secolo d.C. lo storico bizantino Sincello ipotizzò che Ermete fossero due persone distinte vissute l’uno prima e l’altro dopo il diluvio universale, e ancora il filosofo e matematico persiano Abu Ma`shar pensava che fossero addirittura tre, ognuno civilizzatore e maestro di un tempo e una civiltà diverse.
All’ermetismo sono inoltre legate le vicende di Harran, misteriosa città del medio-oriente, nell’attuale Turchia, che fu un interessante centro di sincretismo culturale e religioso. Ivi infatti confluirono i neoplatonici greci, dopo la chiusura della scuola di Atene per mano di Giustiniano nel 529 d.C., i quali fusero il loro pensiero con i Sapienti locali, eredi dello gnosticismo egizio e della tradizione astrologica babilonese. Storicamente, Harran è stato il principale centro di diffusione della tradizione ermetica e, viceversa, la tradizione ermetica il principale canale di diffusione delle notizie sugli harraniani nella tradizione islamica e latina.
LA DIFFUSIONE
Durante il Medioevo gli scritti ermetici erano semisconosciuti, la loro grande fortuna iniziò infatti nel Rinascimento, a Firenze.
Il monaco Leonardo di Pistoia, incaricato da Cosimo de’ Medici di reperire per suo conto antichi manoscritti, si recò in Macedonia dove scoprì quattordici libri del Corpus Hermeticum in greco, copia originale appartenuta al filosofo bizantino Michele Psello, risalente all’XI secolo d.C.
Il signore di Firenze, umanista e grande amante della cultura, aveva già incaricato Marsilio Ficino, rinomato filosofo della corte medicea e fondatore dell’Accademia neoplatonica fiorentina, di tradurre le opere di Platone, quando nel 1463 gli disse di dare la precedenza a quelle di Ermete, la cui versione in latino pubblicò nel 1471 con il nome di Poimandres (titolo in realtà del primo trattato).
Questo dimostra quanto era ormai radicata nella tradizione l’idea della reale esistenza del Trismegisto: addirittura qui ebbe la priorità sul celebre filosofo greco, perché sia Cosimo sia Ficino erano convinti che Ermete fosse più antico, dunque più vicino alla Verità. Secondo Marsilio infatti egli era il primo anello di una catena sapienziale attraverso la quale il Verbo divino giunse ai filosofi greci, a Platone, ai neoplatonici culminando nel cristianesimo.
L’ermetismo ebbe larga diffusione nella Firenze rinascimentale e risvegliò l’interesse per la magia, l’alchimia e l’astrologia influenzando grandissimi filosofi del tempo e anche posteriori come Pico della Mirandola, Giordano Bruno e Tommaso Campanella.
LA CONFUTAZIONE
Con il tempo la fama guadagnata dall’ermetismo sollevò scetticismi e critiche, sia per la mentalità scientifica che andava affermandosi verso il Seicento, che avrebbe poi determinato la divisione tra filosofia magica e biologia e chimica, sia per incongruenze storiche e filologiche della tradizione.
Fu così che lo studioso calvinista Isaac Casaubon nel 1614 nell’opera De Rebus sacris et ecclesiasticis exercitationes XVI mostrò che i testi attribuiti all’antichissimo sapiente egizio, risalivano in realtà ai primi secoli dell’era cristiana e si basavano in parte sugli scritti di Platone e sui testi sacri cristiani.
L’influsso dell’ermetismo sulla filosofia europea iniziò dunque a declinare, ma continuò a scorrere celatamente nei secoli XVII e XVIII, rinvigorendosi con gli apporti dell’esoterismo e delle scienze occulte, rimanendo inoltre centrale per alcune società segrete quali i Rosacroce e in parte la massoneria.
BIBLIOGRAFIA
- Filosofia, cultura, cittadinanza, La Vergata, Trabattoni
- Corpus hermeticum, a cura di Valeria Schiavone
SITOGRAFIA
Commenti recenti