Platone e Aristotele, due dei più importanti, se non i più importanti filosofi dell’antica Grecia ed entrambi diventati pietre miliari della filosofia, avevano idee concordanti riguardo schiavi, artigiani, bambini e barbari. Un argomento sul quale sicuramente avevano da discutere, invece, era quello del ruolo della donna, un tema forse non così importante allora come oggi.

Platone nasce nel 427 a.C. ad Atene da una famiglia aristocratica. Nel tempo diviene discepolo di Cratilo, seguace di Eraclito. All’età di vent’anni si avvicina a Socrate e ne diventa l’allievo. Nel 388 a.C.,  dopo essersi recato a Siracusa, conosce la filosofia pitagorica.

In seguito grazie al sostentamento fornito da Anniceride, Platone fonda la sua celebre Accademia di Atene (387 a.C.), uno dei primi istituti di istruzione superiore del mondo occidentale e tra i suoi allievi ci sarà anche Aristotele. Platone risulta essere un filosofo multiforme, ciò è dovuto probabilmente ai suoi contatti con i più grandi pensatori del suo tempo. Nel 360 a.C. tornerà ad Atene dove morirà nel 347 a.C.

Aristotele nasce nel 384 a.C. a Stagira, una cittadina della penisola calcidica del nord della Grecia. Nell’anno 367 a.C. a 17 anni si reca ad Atene per entrare nell’Accademia di Platone. Muore a Calcide sull’isola di Eubea nel 322 a.C.

 

La figura della donna all’interno della società greca viene trattata dai due principali pensatori dell’occidente nelle opere:

REPUBBLICA opera più celebre scritta da Platone nell’arco temporale che va dal 387 al 366 a.C., ampio dialogo di 10 libri

LEGGI ultima opera di Platone, dialogo di 12 libri.

POLITICA è l’opera fondamentale di Aristotele ed è una raccolta di costituzioni greche.

 

Nella filosofia e nella letteratura greca Aristotele rappresenta il pensiero che svaluta la figura femminile, subordinandola alla famiglia e alla società. Ambigua e ambivalente è invece la posizione di Platone che nella Repubblica e nelle Leggi offre due diverse considerazioni della donna.

All’epoca di questi due filosofi la condizione della donna era di gran lunga differente rispetto a quella odierna, ella infatti era costretta in casa a prendersi cura della famiglia e della dimora stessa. Era figura essenzialmente domestica, tenuta lontana dalle attività ginniche e belliche, culturali e politico-istituzionali. Paradossalmente l’unica città in cui le donne conservavano la loro libertà arcaica era la meno democratica di tutte, Sparta, dove le madri dei futuri guerrieri dovevano essere in piena forma fisica e pertanto erano autorizzate a frequentare stadi e palestre. Ad Atene invece, la discriminazione delle donne era generalmente accettata e percepita come tanto naturale da passare quasi inosservata.

 

 

Platone

Nel V libro della Repubblica, Platone affronta la questione della diversità dei sessi e assume posizioni piuttosto aperte per quell’epoca in cui l’attività manuale (per esempio la coltivazione dei campi) era predominante. Afferma che in termini di intelligenza le donne sono uguali agli uomini, sostenendo l’ipotesi coraggiosa che loro, se adeguatamente educate, sono in grado di contribuire alla vita della comunità politica e di entrare a far parte del ceto dirigente. Scrive: “Giusto che anche le donne governino la città”. Il discepolo Aristotele sembra non essere d’accordo con il maestro Platone sull’argomento in cui le donne debbano essere istruite. Entrambi comunque le considerano inferiori. Platone nel Timeo affermò che gli uomini codardi e pigri per tutta la vita, sarebbero rinati donne.

“E solo i maschi sono creati direttamente dagli dei e sono forniti di anima. Coloro che vivono in rettitudine ritornano in cielo, ma coloro che sono ‘vili’ o vivono da malvagi si può con ragione supporre trasformino la loro natura in quella di donna in una seconda generazione…”

 

 

Aristotele

Per Aristotele solo l’uomo è un essere umano “completo” che, grazie alla superiore intelligenza, può dominare nella società e per questo il filoso considera la donna un essere umano “imperfetto”.

“Nella relazione del maschio verso la femmina l’uno è per natura superiore, l’altra (inferiore) è comandata, ed è necessario che fra tutti gli uomini sia proprio in questo modo”

Secondo un “conservatore” come Aristotele la donna era stata concepita dalla natura solamente per due funzioni, la procreazione e la cura della casa, ma sempre in funzione ancillare dato che non doveva avere alcun ruolo decisionale. La subordinazione politica della donna rispecchia il ruolo passivo da lei svolto nell’ambito del processo riproduttivo, in cui è il maschio a imprimere la forma, il movimento, l’anima, mentre la femmina fornisce la materia inerte, paragonabile alla cera, o al legno, che tocca all’artigiano plasmare.

Platone da questo punto di vista invece poteva essere considerato un completo rivoluzionario, reputava la donna in grado di partecipare sia alla vita pubblica sia al bene dello Stato, in quanto lui stesso affermava che:

“Non c’è alcuna pubblica funzione che sia riservata alla donna in quanto donna, o all’uomo in quanto uomo, ma fra i due sessi la natura ha distribuito equamente le attitudini, cosicché la donna, appunto per la sua natura, può svolgere tutti gli stessi compiti che svolge l’uomo…”

Sempre nella Repubblica, secondo Platone, le donne dovevano aver diritto ad un’istruzione identica a quella degli uomini in ogni campo, da quello delle arti a quello della guerra, nelle pratiche ginniche e musicali (anche se ciò potesse sembrare ridicolo) al contrario di quanto avveniva nell’Atene a lui contemporanea. Platone evidenzia come non vi sia una sostanziale differenza tra uomo e donna, poiché un’anima è immutabile, ovvero porta le stesse abilità con sè di corpo in corpo e, durante diverse vite terrene, può appartenere sia ad un corpo femminile che ad uno maschile.

Nelle Leggi, dove ritorna in primo piano la famiglia, Platone sembra però fare marcia in dietro, in quanto emergere un atteggiamento di diffidenza nei confronti delle donne. Ricompaiono l’inferiorità naturale del genere femminile e l’esclusione delle donne dalla maggior parte delle cariche pubbliche.

Il pensiero di Aristotele (rispetto al suo maestro) che porta la donna in una collocazione di inferiorità e di subalternità perdurerà nel tempo. La riscoperta dei suoi scritti nel Medioevo avrà una grandissima influenza sulla concezione della donna contribuendo alla ricomparsa dei pregiudizi e dell’odio, portandola ad essere quasi una figura demoniaca agli occhi degli uomini medioevali. Infatti la filosofia greca adottata nel Cristianesimo fu quella che riteneva le donne inferiori agli uomini secondo natura. La visione di Aristotele ha influenzato per secoli la storia ma tutti gli eventi che si sono poi succeduti negli anni dell’età moderna e contemporanea riprendono di più l’ideale di Platone. Nel mondo greco e romano in cui nacque il Cristianesimo e nel mondo della teologia cristiana del Medioevo è certo che i due filosofi più influenti furono Platone e Aristotele.

 

 


SITOGRAFIA:

https://www.greelane.com/it/humanities/filosofia/plato-aristotle-on-women-selected-quotes-2670553

https://mondoglobale.wordpress.com/2016/01/25/le-donne-nella-repubblica-di-platone/

http://losbuffo.com/2020/06/13/platone-controcorrente-il-femminismo-nel-v-secolo-a-c/

http://www.womencanbepriests.org/it/traditio/inferior.asp


ARTICOLO REDATTO DA ALESSIA CALGARO DELLA CLASSE IIIA DEL LICEO CLASSICO