L’albero della libertà 

L’albero della libertà, dopo la coccarda tricolore, fu il simbolo ricorrente della Rivoluzione Francese. Il primo    fu piantato a Parigi nel 1790. Solitamente si trattava di un pioppo, poiché richiamava il popolo: in latino “populus”, il quale indica sia la pianta, al femminile, e sia il popolo, al maschile. Oppure, molte volte veniva utilizzato un palo piantato nel terreno, il quale era adornato di colori nazionali e sormontato dal berretto frigio rosso. L’albero veniva piantato durante una cerimonia civile e attorno ad esso si poteva ballare (Carmagnole, danza tipica e canto della Rivoluzione Francese), si potevano celebrare matrimoni e si giuravano i magistrati. L’albero della libertà fu piantato in Francia, in Italia e nei Paesi dove la Rivoluzione francese arrivò. Con il passare del tempo, però, il berretto frigio fu sostituito dalla bandiera rossa, poiché l’albero diventò simbolo anche della rivoluzione sociale.

L’Essere Supremo

Tra il 1793 e il 1794, in Francia iniziò un periodo di scristianizzazione, con lo scopo finale di celebrare l’Essere Supremo. Il culto di quest’ultimo fu un tentativo per creare una religione a livello nazionale, che fosse basata sul patriottismo, sul deismo e sui valori repubblicani. La festa dell’Essere supremo avvenne l’8 giugno 1794 e fu voluta e organizzata da Robespierre, con l’aiuto del pittore Jacques- Louis David e di altri artisti. Per Robespierre, lo scopo del movimento dell’Essere Supremo era quello di educare e illuminare i francesi, poiché partecipando alle sue cerimonie e sentendo le sue idee, il popolo sarebbe arrivato a capire le connessioni tra religione, moralità, governo repubblicano e cittadinanza. Ciò fu condiviso da poche persone e così, l’Essere Supremo morì insieme a Robespierre nel 1794. La mattina dell’8 giugno 1794, presso i giardini delle Tuileries, circa 2.400 delegati iniziarono a cantare l’inno dell’Essere Supremo, mentre Robespierre declamò un’orazione repubblicana.  Durante il pomeriggio, invece, il popolo accorse a Campo di Marte, dove fu eretta una montagna di gesso e cartapesta alta circa 15 metri. Al suo fianco c’era una colonna sormontata da una statua di Ercole, il quale reggeva in mano una statua della libertà. Alla fine della celebrazione, Robespierre scese dalla montagna annunciando in nuovo Verbo patriottico. Il movimento dell’Essere Supremo non fu il primo tentativo della rivoluzione per sostituire il cattolicesimo. Non si capì bene se l’Essere Supremo fosse più una religione o più un dispositivo politico. Ciò che gli storici capirono è che esso potrebbe essere stato entrambi, ossia un riflesso delle credenze religiose personali di Robespierre e/o un tentativo intelligente di usare la religione per aumentare il proprio potere.

I Sanculotti

Il termine “sanculotti” deriva dall’espressione francese “sans-culottes” e fu usato dalla nobiltà francese dopo il 1791 per disprezzare il popolo, infatti, si riferisce al diverso modo di vestire degli uomini del popolo rispetto agli uomini della nobiltà. I nobili avevano la possibilità di portare calze di seta e pantaloncini corti che arrivavano appena sotto il ginocchio, ma solitamente portavano anche eleganti e raffinate parrucche bianche, scarpe con la fibbia e giacche lunghe monocolore. Mentre l’abbigliamento rivoluzionario, in questo caso quello dei sanculotti, era composto da pantaloni lunghi a righe, di solito bianche e rosse, che arrivavano fino alle caviglie. Questi, erano gli stessi abiti di coloro che lavoravano e non potevano permettersi l’abbigliamento dei nobili.  La moda era quella di vestire a righe, sia i pantaloni e a volte anche la camicia, portare gli zoccoli, il berretto frigio, mentre per la donna bastava la cuffia, il grembiule e lo scialle fichu. Oltre a tutto ciò, l’uomo indossava anche la giacca carmagnola, cioè una giacca da lavoro corta, con tasche e ampi risvolti sul quale veniva appuntata la coccarda rivoluzionaria. Dopo la Rivoluzione francese, le culotte non si usarono più in Europa e furono sostituite dai pantaloni lunghi dall’Ottocento fino a oggi. Per chi invece voleva rimanere neutrale ed essere cittadino non politicante, l’abbigliamento era privo della parrucca, ma era caratterizzato da giacche lunghe con bottoni di metallo, fazzoletti con le trine legati al collo e stivali sopra i pantaloni lunghi.


 

                                                                       I simboli sono importanti nella storia, racchiudono idee e messaggi, soprattutto di
tipo politico; trasmettono in modo immediato un concetto complesso che vuole   
colpire l’immaginazione e le emozioni di
chi lo riceve. Per esempio, la bandiera
della nazione è un simbolo importante,
così come l’inno nazionale.
Nella rivoluzione francese vennero introdotti alcuni simboli, che avevano lo
scopo di unire il popolo intorno alle idee
della rivoluzione e alla necessità di difendere la patria in pericolo: sono simboli che
ancora oggi caratterizzano la Francia.
La bandiera
La bandiera tricolore francese nacque           
durante la rivoluzione dall’unione della
bandiera reale, bianca, con i colori della
città di Parigi, blu e rosso. All’inizio i tre
colori erano riuniti in una coccarda, indossata da tutti i sostenitori della rivoluzione, che la portavano appuntata sul
cappello o sul vestito. Nel 1794 si iniziò
a usare la bandiera vera e propria, portata alla testa dei reggimenti dell’esercito rivoluzionario.

I canti rivoluzionari

Il canto per eccellenza della rivoluzione francese è di certo La Marsigliese.
Il suo testo fu composto nel 1792 da
un capitano delle truppe rivoluzionarie
di Marsiglia e divenne ben presto l’inno della rivoluzione e della repubblica.
È una canzone di guerra dai toni feroci, che invita a versare il proprio sangue
per difendere la patria: si tratta di un
appello ai cittadini affinché combattano
contro lo straniero nemico. Ancora oggi 
è l’inno nazionale della Francia.
Nello stesso anno, in concomitanza
con la nascita della Convenzione e l’arresto di Luigi XVI, fu composta un’altra
canzone, di autore anonimo: La Carmagnole. Il testo mette in ridicolo Luigi XVI
e Maria Antonietta, chiamati con i nomignoli dispregiativi Monsieur Véto e
Madame Véto (signore e signora Divieto). Il nome della canzone deriva probabilmente da Carmagnola, una cittadina
che si trova in provincia di Torino: una
danza tipica di quella regione del Piemonte avrebbe ispirato la melodia della 
canzone. Sembra infatti che il canto sia
stato introdotto in Francia dalle truppe
rivoluzionarie di ritorno dall’Italia. Una
volta giunta a Parigi, La Carmagnole divenne l’inno dei sanculotti.

Marianna

La Marianna è il simbolo della Francia
rivoluzionaria: rappresenta la popolana francese, una figura tipica della rivoluzione. Alcune raffigurazioni della Marianna richiamano l’antica repubblica
romana, uno dei modelli dei rivoluzionari in guerra con la nobiltà. In questa immagine, la donna indossa la tunica romana e l’elmo da centurione. Posa la
mano su un triangolo, che simboleggia
l’eguaglianza. I colori del dipinto sono
quelli della bandiera francese.


Sitografia:

http://ilclandimariapia.blogspot.com/2019/09/lalbero-della-liberta.html

https://it.alphahistory.com/frenchrevolution/cult-of-the-supreme-being/

http://francesefacile.altervista.org/blog/sanculotti-abito-rivoluzionario/

Bibliografia:

“Storia e Storiografia 2A”


ARTICOLO DI SERENA SITA’ DELLA CLASSE IV DEL LICEO LINGUISTICO