Il cane, fin da tempi immemori è sempre stato definito l’amico dell’uomo per eccellenza, sempre fedele e disposto a proteggere il proprio padrone anche fino alla morte se necessario, come accadde con Alessandro Magno; durante la battaglia di Gaugamela, nel 331 a.c Alessandro Magno, disarcionato dal suo cavallo stava per essere calpestato da un elefante dell’esercito persiano quando il suo cane, il fedele molosso Peritas, attaccò l’elefante a un labbro, perdendo la vita ma salvando quella del padrone.
PRIMA DEI ROMANI
I cani non furono impiegati quasi mai dagli Egizi in guerra, essi conobbero questi animali in seguito all’invasione, e li utilizzarono principalmente come animale da caccia, il cane più diffuso era il Tesem, un cane molto magro e slanciato, con la coda arricciata verso il dorso, le orecchie lunghe e appuntite. Secondo gli storici sarebbe stato il progenitore di due razze moderne; il Pharaon Hound e il Cirneco dell’Etna. Nelle raffigurazioni egizie erano però presenti tre diversi tipi di cane; il molosso (1), il levriero o Tesem(3) e il cane pariah(2).
I cani furono utilizzati anche dagli Assiri, anche se non abbiamo molte informazioni a riguardo, sappiamo che erano cani di grossa stazza, probabilmente molossoidi, e sappiamo inoltre che probabilmente tramandarono la tradizione di addestrarli anche ai fenici.Anche sui Persiani sappiamo poco a proposito dell’utilizzo dei cani, sicuramente erano utilizzati, e ve ne erano moltissimi, basti pensare che per sfamare tutti i cani dell’esercito erano necessari i prodotti di quattro interi villaggi, e non di rado per dissetare cani e soldati venivano prosciugati interi fiumi.
I greci fecero un largo uso di questi animali, inizialmente erano simili a lupi, dopo la sconfitta dei persiani adottarono i molossi, erano animali molto utili soprattutto per cacciare nelle impervie zone dell’Ellade settentrionale.Animali particolarmente fedeli e devoti al padrone, vengono anche citati nell’Odissea; viene raccontato del cane Argo, che non appena si accorge della presenza del suo padrone Odisseo, per la gioia muore. Lo storico antico Claudio Erriano scrisse che gli abitanti di Magnesia nella guerra contro gli abitanti di Efeso si portarono dietro un cane e un servo che lanciasse giavellotti a testa, il primo, lanciandosi tra le fila nemiche provocava grande scompiglio, il secondo continuava l’opera del cane, e infine attaccava il cavaliere. Si narra che anche nella battaglia di maratona alcuni uomini combatterono con i propri cani a fianco, un ateniese in particolare fu premiato insieme al suo cane, venne anche raffigurato in una serie di colonnati sovrastanti l’Agorà di Atene. Viene anche raccontato che i cani salvarono la città di Corinto da un attacco a sorpresa durante la guerra del Peloponneso, vi erano cinquanta cani a sorvegliare la città, quarantanove furono uccisi e ne rimase uno che riuscì a dare l’allarme, ai cani caduti venne eretto un monumento, il cane sopravvissuto venne omaggiato con un collare nel quale era riportata la seguente frase: “Al protettore e salvatore di Corinto”.
I ROMANI
Furono tra i primi a utilizzare questi animali, li addestravano con molta cura, proprio come venivano addestrati gli uomini nei combattimenti. Per prima cosa il Canis pugnax doveva essere in grado di distinguere i nemici dai nemici; attraverso l’odore, ricordiamo infatti che l’olfatto di questi cani, principalmente molossoidi, è molto sviluppato, ma anche attraverso il colore delle vesti. Il cane doveva vivere con tutta la coorte e abituarsi alla vita di quest’ultima, doveva ricevere cibo da tutti ed era libero di urinare nell’accampamento, in modo che potesse riconoscere quali erano i propri confini. Era molto importante inoltre che i cani imparassero a rispondere anche ai comandi verbali, al contrario di quelli utilizzati dai barbari, che aggredivano chiunque si avvicinasse, quelli dei romani, su preciso ordine non attaccavano un individuo, anche se estraneo, eseguivano ordini precisi impartiti con parole proprio come dei legionari. Il molosso romano, o Canis Pugnax, è il progenitore dell’attuale mastino napoletano, anche se ai tempi era più piccolo e meno pesante e ricorda il cane corso, al quale ha dato origini proprio come al mastino napoletano, il termine “molossi” deriva da una tribù illirica con il medesimo nome. I cani venivano usati, proprio come in alcuni casi oggi, come sentinelle del castrum, l’accampamento. Non capitava di rado che i romani legassero al dorso dei cani dei recipienti colmi di olio fiammeggiante, con l’obbiettivo di indirizzarli contro le prime fila nemiche per appiccare incendi e seminare scompiglio. Questi cani erano definiti piriferi.
Nelle regioni conquistate dai romani si diffuse l’utilizzo del cane da guerra, in Spagna veniva chiamato Perro da presa, in Francia invece il dogue de Bordeux. L’aspetto del Canis Pugnax era sicuramente minaccioso, e senza dubbio incuteva timore ai nemici, poteva inoltre spaventare i cavalli, che di conseguenza disarcionavano coloro che li cavalcavano. A volte veniva equipaggiato con una corazza alla quale erano attaccate lame taglienti che potevano ferire cavalli e soprattutto nemici. Erano addestrati ad attaccare il nemico alla gola, erano equipaggiati con collari forniti di borchie a punta, il temperamento di questi animali era estremamente aggressivo. Con la rapida diffusione dell’impiego dei cani in battaglia e nelle arene si sviluppò anche una figura nuova, gli allevatori, chiamati domini factionum, avevano il ruolo di selezionare gli individui migliori e prepararli per l’arena o per la guerra. Talvolta i Canis Pugnax potevano essere utilizzati anche come messaggeri, grazie alla loro notevole velocità negli spostamenti e alla loro abilità nel nascondersi dal nemico nel caso fossero stati intercettati. Plinio il vecchio definì i cani come “Gli ausiliari più fedeli ed economici”. Venivano usati anche da privati, soprattutto patrizi, per difendere le case, di giorno venivano tenuti legati da una catena, per essere successivamente liberati di notte, il particolare temperamento aggressivo di questi animali costrinse il senato a promulgare leggi che ne limitassero l’uso.
I BRITANNI
Secondo alcune leggende i britanni misero in difficoltà i legionari romani grazie all’utilizzo in battaglia della loro particolare razza di cane; i pugnaces britanniae, si tratta però soltanto di un’invenzione, infatti nel De bello gallico Cesare non menziona in nessun passo questi animali. I cani utilizzati dai britanni erano i progenitori degli odierni irish wolfhound o deerhound, erano cani di dimensioni importanti, utilizzati solo per la guerra, che potevano essere allevati solo dai nobili. I cani da guerra vennero usati anche numerosi anni dopo, quando le armi erano a un solo colpo, sparato quello si passava all’utilizzo delle armi bianche, in particolare nella battaglia di Aughrim, decisiva per le sorti della guerra Guglielmita in Irlanda, combattuta tra giacobiti e guglielmiti. Uno degli ufficiali non si sa di quale schieramento era affiancato dal proprio irish wolfhound, che fece la guardia al corpo del suo padrone. I cani rimasti dopo questa battaglia, cercando cibo si stabilirono nelle zone vicine, assediando anche un villaggio che venne abbandonato, tutto questo sottolinea il temperamento di questi cani soldato. L’ultimo venne ucciso da un colpo di fucile nel 1692.
II CELTI
Questa popolazione aveva potenti cani da caccia e da guerra, Succellos, una delle divinità celtiche simili al Dagda gaelico, veniva ritratto insieme a un cane. Bituito, re degli Arverni, era solito recarsi in battaglia accompagnato dalla sua muta di cani. Dopo essere stati sconfitti dai romani, gli Arverni andarono dai vincitori a chiedere la pace accompagnati da enormi cani da guerra. Il vantaggio principale dell’utilizzo di questi animali è la capacità di sfondamento e la difficoltà da parte dei nemici di colpirli con frecce e giavellotti date le loro ridotte dimensioni rispetto a un cavallo e data la notevole abilità di schivare i colpi, prima dell’introduzione dell’uso della staffa da parte dei cavalieri, la quale permetteva una maggiora stabilità in groppa al destriero, i cani erano l’ideale per provocare lo scompiglio necessario affinché i cavalieri venissero disarcionati dal proprio cavallo.
GLI INGLESI
Una storia che viene frequentemente raccontata dagli storici inglesi è quella di Sir Piers Legh II, venne gravemente ferito durante la battaglia di Azincourt e venne difeso per ore dalla sua cagna mastiff, anche se successivamente nonostante la strenua difesa della creatura, egli morì. Secondo alcuni documenti, re Enrico VIII avrebbe donati nel millecinquecentoeventicinque circa quattrocento esemplari alla Spagna come segno di pace con il fine di migliorare i rapporti con Carlo V. Storicamente i mastiff vennero anche usati nella guerra contro gli irlandesi, nelle ribellioni Desmond, iniziate dal conte Desmond
GRANDE GUERRA
La prima guerra mondiale vide un uso intensivo di animali, su tutti i fronti e per gli scopi più diversi: cani da trasporto, cani soccorritori in forza alla Croce Rossa, canarini usati per rilevare la presenza di gas letali, gatti in trincea per la cattura dei ratti, piccioni viaggiatori portatori di comunicazioni oltre le linee di fuoco, colombi dotati di macchinette fotografiche per lo “spionaggio” delle postazioni nemiche, muli da trasporto sia in pianura che, soprattutto, in alta montagna, cavalli da traino e da combattimento, buoi ed ovini per l’alimentazione dei milioni di soldati… L’uso degli animali, in ogni esercito non conobbe limiti né nella quantità né nell’ideazione di nuovi impieghi. In particolare, sul fronte dolomitico italiano si presentò il forte problema del trasporto di vettovaglie, medicinali, munizioni e pezzi di artiglierie in alta quota (anche a 3.000 metri): per questo vennero usati muli ed asini, ma anche cani, “reclutati” prevalentemente tra quelli di razza da pastore d’età compresa fra i 10 mesi ed i 3 anni.
Uno dei centri di addestramento predisposti per questi cani si trovava a Bologna presso il complesso militare dei Prati di Caprara. Qui i cani venivano addestrati a trainare prima carretti, poi slitte. Al termine del corso venivano inviati in alta montagna per completare il tirocinio, quindi assegnati ai corpi alpini. La prima idea per un simile utilizzo sembra sia da attribuire al Maggiore cesenate Carlo Mazzoli (1879-1928), pluridecorato, amatissimo dai suoi uomini, noto come “il Garibaldi della Val Dogna”, curioso personaggio che portava i capelli lunghi e si permetteva comportamenti decisamente al di fuori delle rigide regole militari. Mazzoli si muoveva sempre circondato da un branco di cani, anche nei momenti del combattimento. Assegnato alla zona dell’Adamello, per i trasporti addestrò prima una speciale “squadra” di asini per il traino di slitte adibite al trasporto di viveri e munizioni quindi, alla luce degli scarsi risultati, i suoi cani.
I CANI DA GUERRA DEI NAVY SEAL
Cairo, come la maggior parte dei cani dei Navy Seal è un belga Malinois. E come i Seal umani, anche i cani rappresentano il meglio del meglio.
La razza Malinois è simile al pastore tedesco, ma più piccola. Un maschio adulto pesa circa 30 kg. I pastori tedeschi sono ancora utilizzati come cani da guerra dai militari americani, ma i più leggeri Malinois sono considerati migliori per il lancio in tandem con il paracadute e per le operazioni di discesa in corda doppia, tecniche spesso utilizzate dalle squadre Seal.
Come le loro controparti umane, i cani Seal sono altamente qualificati, super motivati, esperti in tattiche non convenzionali ed in grado di svolgere missioni sul mare, in aria e sulla terraferma (l’acronimo Seal significa proprio Sea, Air and Land).
I cani poi, hanno alcune caratteristiche specifiche: con un olfatto 40 volte più sviluppato rispetto all’uomo, i cani sono addestrati per rilevare e identificare sia materiale esplosivo che soggetti ostili nascosti. I cani sono due volte più veloci di un umano in forma, quindi chiunque cercherebbe di fuggire, non potrebbe mai correre più veloce di Cairo o dei suoi amici.
I cani Seal sono anche paracadutisti: saltano o in tandem con i loro gestori o da soli se in acqua.
I cani Seal sono fedeli, senza paura e feroci. Sono più letali di una pallottola.
Quando la squadra Seal DevGru si introdusse nel compound di Bin Laden, il primo a toccare il Pakistan fu proprio Cairo. E come i Seal umani, anche Cairo indossava la migliore protezione balistica disponibile sul pianeta: un’armatura in kevlar, chiamata in gergo “Storm K9”.
Cairo era dotato anche di speciali apparecchiature per la visione notturna con funzionalità ad infrarossi per consentire all’operatore collegato in remoto di identificare figure umane anche attraverso il cemento, grazie al calore emesso.
ARTICOLO DI CESARE FINCO DELLA CLASSE IV B DEL LICEO CLASSICO
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