NICCOLÒ MACHIAVELLI
La vita
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 3 maggio del 1469, figlio di Bernardo e Bartolomea Nelli,è stato un importante storico, filosofo, scrittore, drammaturgo, politico e diplomatico italiano, secondo cancelliere della Repubblica Fiorentina dal 1498 al 1512. È noto come il fondatore della politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe, nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia.
Niccolò Machiavelli entrò in politica con l’avvento della repubblica fiorentina e il suo ruolo divenne sempre più importante: Machiavelli svolse una serie di missioni diplomatiche molto delicate, affidategli presso la corte di Francia, la Santa sede e la corte imperiale di Germania. Proprio grazie a queste missioni diplomatiche Machiavelli ebbe l’opportunità di osservare alcuni principi, capendo le differenze nel modo di governare e l’indirizzo politico di ognuno. Lavoró poi per Cesare Borgia, ebbe così l’occasione di conoscerlo e di interessarsi, grazie a lui, alla politica.
Anni e anni di osservazioni permisero a Machiavelli di scrivere molto riguardo alla politica e a come dovrebbe essere un buon governante: era convinto che la situazione italiana dell’epoca richiedesse un nuovo tipo di politica, basato su “prudentia et armi”, ovvero “saggezza ed armi”. Machiavelli stesso organizzò una milizia militare, che però fallì la sua prima azione già nel 1512 contro la fanteria spagnola a Prato, ed è qui che il destino della repubblica e la carriera politica di Machiavelli furono irrimediabilmente compromessi. Con l’avvento dei Medici – aiutati dagli spagnoli e dalla Santa Sede per riprendere il potere a Firenze – Niccolò venne licenziato e confinato nella villa dell’Albergaccio (Casciano) per un anno.
Nel 1513, scoperta una congiura contro i Medici, Machiavelli venne poi arrestato e ingiustamente torturato in quanto sospettato di complicità. L’autore dovrà attendere l’elezione di Papa Leone X (della famiglia dei Medici) per essere libero e, dopo l’accaduto, si ritira più nella sua proprietà di Sant’Andrea, in pausa dalla carriera politica. Qui comincia a scrivere le sue opere più importanti tra il 1512 e il 1525:
-“Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”
-“Il Principe” (opera che fonda la politica come scienza e la distingue rispetto a morale e religione)
-“Dialoghi dell’arte della guerra”
-“Discorso sopra il riformare lo stato di Firenze”
-“Istorie Fiorentine” (tratta della storia di Firenze)
A questi anni risale anche l’attività propriamente più letteraria dell’autore, scrisse il poemetto satirico “L’asino d’oro”, la commedia “La Mandragola” nel 1518, capolavoro del teatro rinascimentale, la commedia “Clizia” e la novella “Belfagor”. Machiavelli dimostrò con queste opere di avere una certa attitudine per il teatro, purtroppo mai ulteriormente approfondita.
Malgrado i numerosi tentativi di Machiavelli di rientrare in politica, i Medici gli facevano sempre svolgere compiti di minore importanza, anche dopo la loro cacciata nel 1527, a seguito del sacco di Roma da parte di Carlo V, provò invano a mettersi al servizio della Repubblica, ma il suo comportamento con i Medici aveva reso sospetta la sua condotta. Proprio quell’anno, il 21 giugno, Machiavelli muore per cause naturali a Firenze all’età di 58 anni.
Il Principe
L’opera più famosa di Machiavelli è “Il Principe”.
Venne scritta tra il 1513 e il 1514, ma fu pubblicata solamente nel 1532. Con questa sua opera, frutto del suo lavoro diplomatico in giro per l’Europa, Machiavelli analizza i vari generi di eserciti e principati con cui ha avuto a che fare lungo il suo percorso, cercando di far valere l’idea del buon Principe, quello con tutte le qualità necessarie per conquistare e mantenere il potere in uno stato, ottenendo l’appoggio dei sudditi.
Il Principe ideale di Machiavelli è reggente di uno stato forte, affronta con successo sia gli attacchi che provengono dall’esterno del suo regno sia le ribellioni del suo popolo e non si fa prendere troppo da considerazioni morali, agisce solamente seguendo attente valutazioni di tipo politico. Il buon Principe regna sotto la convinzione che sia meglio essere temuto che amato: in verità sarebbe meglio ottenere entrambe le cose, ma qualora si dovesse scegliere, per un qualsiasi político è meglio essere temuti. Nell’ottica machiavellica un principe dovrebbe pensare solamente al potere, rispettando le norme che conducono le azioni politiche al successo, superando tutti gli ostacoli che la Fortuna gli mette davanti e tenendo conto degli avvenimenti storici. Solo conoscendo la storia è possibile evitare di commettere gli stessi errori.
-I capitoli I-XI descrivono le varie tipologie di principati: non esiste un solo tipo di Stato, ma Stati diversi a partire dal modo in cui si sono formati. Ci sono ad esempio principati ereditari (quelli che si formano attraverso varie successioni dinastiche, da padre in figlio) o principati nuovi, ottenuti con le armi o con le virtù personali del nuovo principe. Fra i principati nuovi abbiamo poi: principati misti (formati a partire da uno stato preesistente di tipo repubblicano), principati civili (formati perché il popolo elegge un principe) e principati ecclesiastici (come lo Stato della Chiesa).
-I capitoli XII-XIV affrontano invece il problema degli eserciti mercenari: Machiavelli è contrario a questo tipo di esercito perché non è un esercito fedele. I soldati mercenari non sono legati direttamente al paese che difendono e neppure al principe che li governa, sono dei guerrieri “assunti” e non possono avere grandi ideali oltre ai beni economici che traggono dal loro lavoro. È necessario che chi lotta per un principe sia mosso da profondo rispetto e fedeltà verso la sua causa.
-I capitoli XV – XXIII si concentrano soltanto sulla figura del principe: sono i capitoli che più hanno contribuito a fare di Machiavelli un personaggio scaltro e spregiudicato. L’idea di fondo di questi capitoli è “il fine giustifica i mezzi”, cioè ogni mezzo è lecito per giungere al giusto fine che ci prefissiamo. Il principe ha come unico scopo quello di potenziare e migliorare sempre di più il suo principato, e per raggiungere questo scopo non deve avere scrupoli, quindi può essere crudele, può essere calcolatore con adulatori, amici o alleati ma deve sempre bilanciare cinismo e bontà, perché un principe cattivo sarebbe presto fatto fuori. Il Principe deve essere saggio, razionale e benevolo, capace di essere furbo come una volpe e forte come un leone.
-I capitoli XXIV e XXV analizzano le colpe commesse dai principi italiani durante il periodo caotico delle guerre d’Italia: si concentrano sulla trattazione del rapporto fra virtù e fortuna. La fortuna è intesa al tempo di Machiavelli non come la intendiamo noi (in modo cioè positivo) ma come “il destino”, il corso degli eventi esterni contro cui un essere umano non può intervenire direttamente e che possono essere favorevoli o contrari ai nostri piani. Per riuscire a vincere la fortuna l’uomo deve essere dotato di una virtù incrollabile, la base del suo essere e della sua persona, tutto ciò su cui fare affidamento.
-Il capitolo XXVI è un’esortazione a Lorenzo De Medici per mettersi a capo degli Stati italiani e guidare il paese verso una nuova era, scacciando gli invasori stranieri, francesi e tedeschi, e restituire il paese ai regnanti.
Il pensiero
Il pensiero di Niccolò Machiavelli pone su piani nettamente separati la politica, la morale e la religione. È stato il primo a teorizzare l’emancipazione dell’uomo dalle influenze di elementi fantastici e soprannaturali: egli affianca al concetto di Fortuna (o provvidenza), la visione dell’uomo come il “creatore della storia” grazie al suo spirito e alla sua intelligenza.I punti fondamentali del suo pensiero sono:
-il realismo politico. Machiavelli dice che “bisogna stare alla verità della cosa e non perdersi nel ricercare come la cosa dovrebbe essere”. Applicando questo concetto alla sua visione di come dovrebbe essere un capo dello Stato, Machiavelli sostiene che un sovrano, se la situazione lo richiede, può trovarsi nella condizione di applicare metodi estremamente crudeli e disumani (“il fine giustifica i mezzi”) ed evitare in ogni caso la via di mezzo, ovvero il compromesso che, oltre che a non servire a nulla, è di estremo danno. Machiavelli ha una visione pessimistica dell’uomo che, a suo parere, di fatto tende ad essere cattivo: il politico non può quindi fare affidamento sull’aspetto positivo dell’uomo, deve tener conto del prevalente aspetto negativo e agire di conseguenza.
-Nuovo concetto di “virtù” del Principe che deve governare efficacemente lo Stato e che deve saper resistere alla “fortuna”. La “virtù” politica di Machiavelli non ha nulla a che vedere con la “virtù” in senso cristiano, è invece intesa come abilità e doti del principe. Relativamente al concetto di fortuna, Machiavelli sostiene che per metà le cose dipendono dalla sorte(la fortuna, il caso) e per l’altra metà dalla virtù. Questa sua visione del concetto di Fortuna era molto in contrasto con quella di coloro che sostenevano che la fortuna fosse la ragione degli eventi, e che quindi fosse inutile faticare cercando di farle argine e che era meglio lasciarsi governare da essa.
-La tematica del “ritorno ai princípi” come condizione di rigenerazione e di rinnovamento della vita politica. L’ideale politico di Macchiavelli non era il principe da lui descritto (che è piuttosto una necessità del momento storico) bensì quello della Repubblica romana, fondata sulla libertà e sui buoni costumi.L’esistenza di Dio non viene negata da Machiavelli, ma per lui non ha più il nesso con il reale: per essere Principe si deve prescindere da Dio e stare alle leggi della politica.
Sitografia:
https://www.studenti.it/topic/niccolo-machiavelli.html
http://www.parafrasando.it/FILOSOFIA/Macchiavelli_Niccolo.html
https://www.sololibri.net/machiavelli-vita-opere-pensiero.html
ARTICOLO DI ILARIA CASAVERE DELLA CLASSE IV I DEL LICEO LINGUISTICO
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