IL GOTICO MODERATO ITALIANO

LA BASILICA DI S. FRANCESCO:

DATA DI INIZIO E DELLA CONSACRAZIONE

La costruzione della basilica viene avviata nel 1228 da Papa Gregorio IX e fu consacrata il 25 maggio 1253 da Papa Innocenzo IV.

A CHI E’ INTITOLATA

Basilica intitolata al fondatore dell’ordine dei frati che gestiscono la chiesa, di conseguenza a San Francesco.

FUNZIONE

Innanzitutto era il luogo di sepoltura del grande fondatore, quindi luogo di pellegrinaggio, poiché San Francesco venne considerato come uno dei maggiori esponenti della religione cristiana subito dopo la sua morte. Inoltre serviva al papato per cercare di riallacciare i rapporti con i ceti più umili attraverso la collaborazione con i Frati Francescani.La chiesa inferiore ha la funzione di chiesa sepolcrale/cimiteriale, sottolineata anche dalla presenza della cripta. Dove vi sono presenti l’abito e i sandali di San Francesco. La chiesa superiore ha una funzione liturgica.

DESCRIZIONE DELLA FACCIATA

Nel gotico, in genere, si hanno strutture slanciate con due campanili laterali e molti elementi decorativi, qui invece mancano quasi del tutto gli elementi decorativi, abbiamo un solo campanile e sia il campanile che la facciata sono divisi in tre ordini, come accade nel romanico:

• al secondo ordine abbiamo un rosone.

• al terzo ordine abbiamo un oculo.

• le trifore del campanile sono un altro elemento romanico.

• il portale gemino (cioè ha una porta doppia) è l’unica parte della facciata dove possiamo trovare elementi gotici: la strombatura, l’arco a sesto acuto.

CHIESA INFERIORE

pianta, copertura, funzione, elementi di sostegno, decorazione interna, linguaggio di appartenenza.

L’interno è a forma di croce egizia a navata unica a cinque campate, coperte da basse arcate con volte a crociera costolonate, mentre il transetto è chiuso da volte a botte. L’accesso alle cappelle laterali è scandito lungo la navata da grandi archi a sesto acuto.

Sempre nella basilica inferiore è situato un locale che ospita le reliquie di san Francesco, un piccolo ma significativo insieme di oggetti appartenuti al santo.

Appare ancora quasi romanica: è priva di elevazione, le crociere sono larghe, i costoloni hanno una sezione quadrangolare, i pilastri sono bassi e grossi per sostenere il grave peso della chiesa superiore. Ma che siamo ormai in un periodo gotico è reso palese dal forte distacco dei costoloni dalle vele, che fa risaltare l’ossatura in maniera più sentita che nel romanico.

Al suo interno sono presenti diverse opere risalenti ai migliori autori di quell’epoca. Si possono citare i nomi di Giotto, Girolamo Martelli e Cimabue che dipinse con uno splendido affresco il transetto della Basilica inferiore. La luce è molto più scarsa di quella superiore. Il nartece inizialmente era un esonartece, poi inglobato dalla pianta quindi è diventato un endonartece, mentre la Chiesa superiore non ha un vero e proprio nartece.

CHIESA SUPERIORE pianta, copertura, funzione, elementi di sostegno, decorazione interna, stile di appartenenza.

La chiesa superiore vista dall’esterno presenta una facciata a capanna, tipica dello stile romanico. Inoltre è presente un ampio rosone posto al centro.

L’architettura interna mostra invece i caratteri più tipici del gotico italiano: archi a sesto acuto che attraversano la navata, poggianti su semi pilastri a fascio, dai quali si diramano costolature delle volte a crociera ogivali e degli archi laterali che incorniciano le finestre. La fascia inferiore è invece liscia, e venne predisposta fin dall’inizio per la creazione di una bibbia per i poveri, rappresentata dalla decorazione didascalica ad affresco.

La chiesa superiore presenta una pianta a croce comissa.

Gli affreschi di Giotto nella Basilica di S. Francesco

1) Quali novità introduce nella pittura italiana? In che modo si allontana dagli schematismi dell’arte bizantina inaugurando così la pittura “moderna”?

Giotto è enormemente stimato già dai suoi contemporanei: Boccaccio lo definisce “il miglior dipintor del mondo”; Dante gli dedica una terzina assai celebre nel IX canto del Purgatorio: “Credette Cimabue nella pintura/ tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,/ sì che la fama di colui è scura”; infine, il pittore Cennino Cennini lo definisce “colui che rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno; ed ebbe l’arte più compiuta che avessi mai più nessuno”. Nella definizione di Cennini si coglie in modo sintetico ed efficacissimo tutto il senso della RIIVOLUZIONE PITTORICA GIOTTESCA: rimutare la pittura dal greco al latino, infatti, significa ROMPERE DEFINITIVAMENTE CON LA RAFFINATA TRADIZIONE BIZANTINA (greca, appunto) PER RICOLLEGARSI, invece, AGLI ESEMPI CLASSICI DEL NATURALISMO ROMANO (cioè latino).

Attraverso il recupero della prospettiva
l’uso sapiente dei colori e del chiaroscuro, infatti, Giotto conferisce ai personaggi delle proprie pitture una verosimiglianza
un volume, delle posture e un taglio nuovi e sconvolgenti
I corpi, svincolati dall’astratta rigidezza imposta dalle regole bizantine, sono rappresentati da Giotto con assoluta libertà;
lo spazio all’interno del quale tale corpi sono inseriti, di conseguenza, non è più quello irreale dei fondi oro duecenteschi, ma appare molto vicino a quello naturale, in cui il paesaggio e le architetture contribuiscono a dare chiarezza alla composizione e alla profondità della scena.
I cieli di Giotto, tornano ad essere azzurri;
i volti dei suoi personaggi non sono più quelle maschere imperturbabili derivate dall’arte musiva ravennate, ma rappresentano volti di uomini e donne che soffrono, che gioiscono, che piangono e che ridono. In una parola: che vivono.

Le storie sacre narrate nei suoi affreschi non hanno più nulla delle convenzioni e dei simbolismi della pittura medievale precedente. In esse, secondo l’insegnamento francescano, Giotto cerca di figurarsi lo svolgimento dei fatti nel modo più semplice e naturale possibile, come se fossero veramente accaduti. LA SEMPLICITÀ E LA NATURALEZZA DELLA RAPPRESENTAZIONE SONO I DUE ELEMENTI CHE RICONDUCONO LA PITTURA GIOTTESCA ALLA SERENA ESSENZIALITÀ DELLA TRADIZIONE CLASSICA, APRENDO LA STRADA A QUEL RINASCIMENTO CHE, NEL XV SECOLO, SEGNERÀ L’INIZIO DELL’ETÀ MODERNA.

2) Chi eseguì gli affreschi nella basilica superiore di Assisi prima di Giotto e quali storie rappresentò? Dove si trovano?

Nella Basilica superiore di Assisi furono realizzati degli affreschi nel transetto e nell’abside dalla bottega dei maestri oltremontani e da Cimabue e invece, gli affreschi della navata con Storie dell’Antico e Nuovo Testamento sono stati realizzati da Jacopo Torriti.

3)  Dove si trovano gli affreschi eseguiti da Giotto? Da chi fu chiamato ad Assisi? Mancava solo l’ultimo registro della navata, che avrebbe concluso il programma della basilica superiore con un ciclo di Storie di San Francesco. Giotto fu probabilmente chiamato con questo incarico da papa Niccolò IV.

4)  Descrivi il programma iconografico eseguito da Giotto (numero degli episodi, fonte letteraria da cui sono tratte, organizzazione dello spazio affrescato).

Il ciclo si compone di 28 dipinti murali rettangolari di grandi dimensioni (230 x 270 cm), ed occupa il registro inferiore delle pareti longitudinali della Basilica Superiore di San Francesco in diretto richiamo tematico alle Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento dei due registri superiori. La figura di san Francesco risulta così una sorta di imitatio Christi. Esso s’ispira alla Legenda Maior (1260 – 1263), opera di san Bonaventura da Bagnoregio, che costituiva la biografia ufficiale di san Francesco. I 28 episodi sono inquadrati entro un’illusionistica cornice architettonica: un velario, cioè un motivo che imita una stoffa drappeggiata e tesa alla parete, è dipinto lungo lo zoccolo dell’intera navata. Al di sotto di questi episodi corrono i tituli, iscrizioni in latino che ne sintetizzano il contenuto proprio in riferimento al testo di Bonaventura.

L’impaginazione delle Storie di San Francesco è condotta secondo uno schema, basato sul ritmo ternario: ogni campata ospita tre episodi.

I primi sette episodi rappresentano l’iter della conversione di san Francesco sino alla Conferma la Regola francescana.

Il gruppo centrale, mostra tutto lo sviluppo iniziale dell’Ordine, sino alla Morte di San Francesco.

Gli ultimi sette rappresentano le Esequie, Canonizzazione di San Francesco e i miracoli post mortem ritenuti necessari a questa.

All’interno della basilica di san Francesco forse Giotto ha potuto ammirare e studiare, già negli anni sessanta del Duecento, l’anonimo Maestro di San Francesco(un artista umbro formatosi sugli esempi di Giunta Pisano).

 

Predica agli uccelli

Committente e destinazione d’uso: il committente è l’ordine francescano; il programma iconografico corrisponde alle scelte della Chiesa di creare una Biblio pauperum, una illustrazione per immagini dei testi sacri comprensibili ai poveri e agli analfabeti.

Datazione: 1296-1300 circa.

Collocazione: l’opera è situata nella chiesa superiore della basilica di San Francesco di Assisi.

Materiali e tecnica: affresco ancora in buono stato di conservazione anche se i colori hanno inevitabilmente perso parte della loro originale brillantezza.

Dimensioni: 270 x 300 cm.

    Qui la scena è dominata dall’azzurro del cielo; alcuni uccelli si sono posati a terra, altri invece stanno planando verso il santo, mentre Francesco, in compagnia di un altro frate,si piega verso questo insolito pubblico con un segno benedicente della mano, proprio come nell’analogo episodio del Maestro di san Francesco nella Chiesa Inferiore.

Descrizione formale-stilistica

L’opera è simmetrica, ci sono equilibrio ed armonia dati dal fatto che il santo è posizionato sull’ideale asse di simmetria della scena. La composizione è libera, realizzata con pennellate veloci e leggere che rivelano uno stile sciolto e naturale. In generale l’effetto è dinamico. Giotto rende la volumetria dei corpi attraverso un effetto di chiaroscuro: tutte le figure sono contornate da una linea precisa. Le figure sono disposte secondo un certo ordine: troviamo a destra gli uccelli e a sinistra i frati. Le forme sono reali: Giotto è riuscito a rendere bene l’umanità del santo grazie ai volti espressivi, le pose studiate individualmente, le pieghe morbide delle vesti e la luce viva che colpisce il soggetto. Il colore è realistico, policromo, complessivamente chiaro; il colore dominante è l’azzurro del cielo al quale si accostano colori caldi e sfumati. La luce è interna al dipinto: l’illuminazione è molto viva, come si può scorgere dall’aureola intorno al capo del santo, che spicca per la grande luminosità.

Funzione e significato dell’opera

Il significato dell’opera è l’esaltazione delle creature viventi tipica del messaggio francescano. L’effetto di insieme è dinamico, la rappresentazione è realistica e naturale, anche grazie alla presenza di elementi della natura come gli alberi. L’opera comunica in generale un senso di serenità e calma.

 

 

 

IL GOTICO

CARATTERI GENERALI: L’arte gotica nasce nel nord-est della Francia, nell’Ile de France, nella metà del XII secolo.  Due monumenti essenziali illustrano questa apparizione: la Cattedrale di Sens (1130- 32) di Henri Sanglier e la Chiesa abbaziale di Saint-Denis (1130-40 e 1140-44). Quest’ultima è stata voluta dall’abate Suger, il consigliere del re di Francia Luigi VII. Nel 1144 Suger introduce a Saint-Denis dei nuovi elementi architettonici (l’arco a sesto acuto, la volta a crociera ogivale e gli archi rampanti), che consentono di costruire un edificio altissimo. L’architettura gotica nacque proprio dove meno forte era la tradizione romanica e dove risultava quindi più semplice sperimentare nuove tecniche. L’ultimo periodo del Gotico è detto cortese o internazionale, espressione artistica delle raffinate corti europee in stretto contatto economico e culturale fra loro. Dalla Francia, il nuovo stile si diffonde in quasi tutti gli altri paesi europei, con tempi e modi diversi.

Il termine “gotico” fu adoperato per la prima volta da Giorgio Vasari – scrittore, pittore e architetto aretino autore di un’opera monumentale sulle vite degli artisti – per indicare in modo del tutto negativo l’arte degli anni che avevano preceduto il Rinascimento. Nell’interpretazione dispregiativa di Vasari, l’arte gotica era l’arte barbarica (dei Goti) che aveva cancellato e fatto dimenticare la buona arte degli Antichi (Greci e Romani) fino a che questa, rinata (da cui il termine Rinascimento) nel XV secolo, non aveva ripreso a vivere. Oggi, perso ogni significato negativo, il termine “gotico” è entrato nel linguaggio della storia dell’arte per indicare genericamente quell’arte che si manifestò intorno alla metà del XII secolo e proseguì sino al XIV, sebbene in certi Paesi, soprattutto quelli dell’Europa centro-settentrionale, essa si spinse fino al secolo successivo e addirittura oltre (Tardogotico o Gotico Internazionale). Così come il Romanico, anche questa nuova arte si esprime in modi differenti nelle varie località in cui si manifesta, pur mantenendo inalterati alcuni caratteri specifici di tipo generale.

Alla semplicità del Romanico si sostituiscono, grazie alle innovazioni strutturali, altezze ardite, forme slanciate ed elaborate, muri ridotti all’essenziale per lasciare posto alle grandi finestre e alle ricche decorazioni di guglie e pinnacoli. Le strutture architettoniche già sviluppate nel Romanico cambiano forma e funzione.

L’arco a tutto sesto viene sostituito dall’arco a sesto acuto o ogivale cioè con la sommità appuntita: il peso centrale non grava perpendicolarmente ma è distribuito sui due sostegni laterali costituiti dai pilastri.                                
La volta a crociera a sesto acuto o a ogiva è formata dall’incrocio di due o più archi evidenziati da nervature di rinforzo dette costoloni. Può essere anche più ampia e alta di quella romanica, in quanto ha una struttura elastica e leggera che scarica il peso attraverso le nervature sui pilastri angolari che reggono le arcate.

I pilastri polistili sono dei pilastri rinforzati da colonne, detti a fascio, sono formati da diverse nervature che salgono a formare gli archi oppure continuano nelle pareti.
I muri (non molto spessi) perdono la loro funzione portante – ora affidata a pilastri e contrafforti – e ciò consente l’apertura di grandi finestre (vetrate istoriate) da decorare con vetrate policrome.
La campata è rettangolare, a differenza di quella romanica quasi sempre quadrata, e ciò comporta, a parità di lunghezza dell’edificio, l’aumento del numero delle campate e dei pilastri, con l’effetto di accentuare il ritmo verticale d sostegni e nervature.
Gli archi rampanti sono la vera novità strutturale del gotico: si tratta di archi posti all’esterno, lungo le navate laterali e attorno all’abside, che servono a bilanciare la tendenza ad aprirsi della navata centrale (in quanto molto più ampia e alta delle altre) convogliando queste spinte ai contrafforti che partono da terra lungo il perimetro della chiesa. L’arco rampante è costituito da un arco zoppo cioè asimmetrico.

I pinnacoli sono sottili guglie piramidali o coniche che hanno sia funzione ornamentale sia statica, poiché contribuiscono ad appesantire e stabilizzare i contrafforti.

Le chiese sono ancora a croce latina ma il coro si allunga e termina in un’abside poligonale con deambulatorio e cappelle radiali;
Il transetto si amplia, si suddivide in navate e si sposta quasi a metà della chiesa.
La navata maggiore è alta più del doppio delle navate minori.
I matronei tendono a scomparire o ad assumere l’aspetto di un loggiato cieco, puramente decorativo, detto triforio.
La facciata, imponente, si suddivide seguendo le navate. Solitamente vi sono tre grandi portali a sesto acuto, profondamente strombati e riccamente scolpiti, mentre nella zona superiore si apre il rosone, più grande di quello già presente in età romanica e decorato da trafori in pietra e da vetrate policrome.

Ai lati della facciata si alzano solitamente due alte torri con funzione di contrafforti.
La caratteristica principale dell’architettura gotica è il verticalismo, essendo le cattedrali più esili, eleganti ed allungate, ricche di decori che si protendono verso l’alto, dando quasi l’impressione di voler toccare il cielo per ricongiungersi a Dio.
portale strombato
Le chiese gotiche dovevano essere molto più luminose rispetto a quelle romaniche per simulare la presenza di Dio. Infatti le pareti presentano diverse vetrate di grandi dimensioni, che permettono alla luce di penetrare e di scontrarsi contro le varie strutture, come nicchie, mosaici, statue, guglie, pinnacoli e archi, creando così numerosi effetti di luce.

L’Île-de-France la culla del Gotico – esempi emblematici dell’architettura gotica francese

Sens è la cattedrale più arcaica. La sua vasta pianta, senza transetto ma con deambulatorio, riproduce le grandi piante romaniche; l’alternanza dei supporti che crea doppie campate, con forti pilastri e posti e colonne gemelle, riprende le grandi alternanze normanne. L’elevato, a tre piani, con alte arcate a sesto acuto montate da aperture al disopra delle volte e da finestre, deriva da divisioni normanne o inglesi. Anche la volta esapartita della navata centrale deriva dalla Normandia.
L’abbazia di Saint-Denis: dove lo stile si rafforza nel suo linguaggio. Le volte oblunghe, la facciata, il rosone, le modanature delle linee interne e dei costoloni e la scultura che si stacca dalla tradizione romanica forniscono un passo avanti verso il nuovo stile gotico.

La cattedrale di Laon: una delle composizioni più riuscite dell’arte gotica del principio del XIII secolo.    

                                                                                                   

-Il coro fu sostituito da quello attuale, molto allungato, a terminazione rettilinea traforata da finestre molto alte e da un grande rosone;

Il transetto è munito di navate laterali sormontate da tribune che lo circondano completamente. Si formano così, alle estremità, due alte piattaforme, sormontate da finestre e da grandi rosoni. 

-Gli archi gotici poggiano su pilastri alti quanto le pareti laterali delle navate, sulle quali si aprono le gallerie, e sopra queste, la galleria cieca detta triforium.

All’esterno le superfici sono fittamente decorate con guglie, torri e pinnacoli.

La Cattedrale di Notre-Dame:

pianta rettangolare
con cinque navate che si chiudono nella zona absidale con un doppio deambulatorio Anche in seguito, una chiesa gotica a 5 navate resterà un’eccezione.
Le gigantesche calotte della volta esapartita corrispondono a grandi pareti.
La navata centrale è costituita da cinque doppie campate definite da massicci pilastri circolari sui quali sono impostati gli archi a sesto acuto. Sopra alle navate laterali interne vi è il matroneo attorniato da trifore e sormontato da bifore.
Al centro della facciata c’è il grande rosone

La Cattedrale di Chartres:

 

spinta delle volte sempre più alte sono sostenute dai contrafforti
3 navate
doppio deambulatorio
cappelle radiali
claristorio che ospita le finestre più alte della navata centrale
La Cattedrale di Sainte Chapelle:

 

voluta da  Luigi IX per custodirvi la preziosa reliquia della corona di spine di Cristo, che il re aveva acquistato a Costantinopoli dall‘imperatore Boldovino II.
la cappella sorge nei pressi del palazzo reale
cappella doppia, cioè sviluppata su due piani: quello inferiore(in tre navate coperte  da volte a crociera) e quello superiore (ad aula sviluppata in altezza, coperta da crociere ogivali costolonate  e chiusa da abside poligonale)
La Cattedrale di Reims:

 

3 navate
transetto diviso in 3 navate
coro a doppie navate laterali
unico deambulatorio dell’abside si dipartono 5 cappelle

L’ordine cistercense era diffuso su gran parte del territorio italiano. Sul piano stilistico le differenze tra arte italiana e arte francese, o gotica, sono notevolissime. L’arte italiana imbocca decisamente la strada della tridimensionalità, per giungere a quella rappresentazione del reale che sia in armonia con i reali fenomeni della visione umana. L’arte d’oltralpe si mantiene, invece, sul piano di una concezione antinaturalistica dell’arte, dove alla razionalità della rappresentazione viene preferito l’effetto decorativo delle linee curve e dei colori vivaci. Tuttavia l’arte figurativa sia gotica che italiana mostrano, nel corso del XIII e XIV secolo, una identica destinazione: entrambe sono realizzate come decorazione o arredo degli e latina, edifici architettonici, in particolare edifici religiosi: chiese, cattedrali, monasteri, pievi, ecc. E questa particolare subalternità delle arti figurative all’architettura determinò una precisa differenziazione tipologica tra arte italiana e arte gotica. L’edificio gotico ha uno scheletro strutturale di tipo lineare che riesce a liberare ampie superfici da destinare a vetrate. In tali edifici, ridottisi le superfici murarie, l’affresco divenne impraticabile: nacquero così le vetrate istoriate. Le immagini furono realizzate in vetri dai colori vivaci connessi tra loro da sottile piombature, e collocate nei vani delle finestre. In Italia questa rigida concezione strutturale del gotico non ebbe mai ampia diffusione, così che l’architettura praticata in quei secoli offrì sempre ai pittori ampie superfici murarie su cui era possibile intervenire con la classica tecnica della pittura ad affresco.

Ad esempio:

L’abbazia di Fossanova, a Roma, ha una pianta a croce latina, una navata profonda tripartita e tagliata da un lungo transetto. Gli archi sono addossati ai grossi pilastri portanti, ci sono contrafforti rastremati (si assotigliano verso l’alto).Infine, vi è un tiburio ottagonale all’incrocio della navata col transetto.
Badia di Casamari, a Roma, vengono usati pilastri a fascio invece che pilastri squadrati.
L’abbazia di San Golgano in Toscana: ci sono archi a sesto acuto e pilasti a fascio con elementi romanici come l’ornato dell’architrave del portale maggiore.
La Chiesa abbaziale di Sant’ Andrea  a Vercelli, dove convivono elementi romanici come la facciata a capanna(tipico del romanico lombardo), doppio ordine di loggette; ed elementi gotici come i contrafforti robusti con archi rampanti e fasci polistili, costolonaturee archi dalle linee vigorose.
Chiesa di San Francesco a Bologna, si presenta l’abside dove si distinguono forti contrafforti e arcate circondata dal deambulatorio, e volte ogivali esapartite.
Basilica di sant’Antonio a Padova, ci sono elementi romanici come gli ampi contrafforti laterali e archi all‘interno
Cattedrale Santa Maria del Fiore a Firenze
La cappella degli Scrovegni

Informazioni generali: La cappella degli Scrovegni / o Cappella dell’Arena, chiamata così perché era vicina all’antico anfiteatro romano. Fu voluta da Enrico Scrovegni, un ricco banchiere e prestatore di denaro di Padova. Si narra che lo Scrovegni commissionò questa cappella per riparare ai peccati del padre Reginaldo. Infatti il Padre di Enrico era un uomo ricco e noto che prestava denaro ad usura. Fin dall’inizio però, Enrico doveva avere un’altra intenzione, più utilitaria: adibire l’edificio a cappella funeraria. Lo fa pensare la volta a botte su cui è dipinto un cielo stellato, come accadeva nei monumenti sepolcrali paleocristiani di Ravenna. Tale duplicità di aspetti trova rispondenza nella suddivisione dello spazio cultuale della cappella, la cui parte anteriore era riservata ai fedeli e l’altra più ridotta, tra gli altari e l’arco trionfale, era riservata alla famiglia Scrovegni.

La Cappella è intitolata a Santa Maria della Carità.

Consacrazione: 26 marzo 1305à Festa dell’Annunciazione, giorno dell’Incarnazione. Nel Medioevo è anche il giorno di Capodanno.

Autore: Per adornare l’edificio Enrico chiamò due tra i più importanti artisti del tempo:

• Giovanni Pisano a cui commissionò tre statue d’altare raffiguranti la Madonna col Bambino tra due diaconi.

• Giotto a cui affidò la decorazione pittorica dell’intera superficie muraria.

Tuttavia, non esiste alcuna testimonianza che riguardi direttamente la costruzione e la decorazione del monumento, il tempo in cui furono eseguite, l’autore (o gli autori), di esse.

Committente: Enrico Scrovegni

Tecnica: Per il supporto si utilizzava calce, sabbia e a volte polvere di marmo o pozzolana; per il colore dei pigmenti quasi esclusivamente di origine minerale e pertanto ricavati con procedimenti piuttosto elementari sotto l’aspetto tecnologico (fondamentalmente frantumazione e riduzione in polvere del minerale), salvo i casi di pigmenti di origine organica (nero di vite o d’avorio, lacche) o   ottenuti artificialmente (biacca, cinabro, etc.). Giotto utilizza le seguenti tecniche per realizzare gli affreschi:

-naturalismo delle figure

-il panneggio che amplifica i contorni

-le gradazioni dei colori vengono accentuate

-i contorni sono meno duri e incisivi

-la luce è interna

-l’azzurro compatto mette in risalto la nuova morbidezza degli altri colori

Programma Iconografico: Il complesso programma iconografico prevede gli episodi della Vita di Maria sul primo registro, la Vita di Cristo fino al tradimento di Giuda nel registro mediano, gli episodi della Passione di Cristo sul registro inferiore. Completano il ciclo pittorico le figure dei Vizi e delle Virtù dipinte a monocromo nello zoccolo sottostante le scene e, il giudizio universale, la cui composizione è raffigurata su tutta la parete della controfacciata. Per la prima volta gli episodi biblici sono raffigurati all’interno di un’architettura tridimensionale, che conferisce alle scene un aspetto realistico e aderente al vero. Allo stesso modo nel caso degli episodi ambientati all’aperto, anche la rappresentazione della natura appare animata da una nuova attenzione ai caratteri reali di fiori e animali, ben lontani dalla visione simbolica e astratta tradizionale. Giotto racconta la storia di quasi 50 anni: dall’Immacolata Concezione di Maria, attorno al 17 a. C., fino alla Pentecoste del 33 d.C. La storia viene raccontata in successione, cronologicamente. La fonte letteraria sono i vangeli apocrifi, il vangelo e la Bibbia. In totale sono 56 affreschi.

Funzione e significato: Ha una funzione espiatoria: Scrovegni fece costruire la cappella per far perdonare i peccati del padre, arricchitosi con l’usura. Svolge la funzione di cappella palatina e pubblica.

Descrizione del Giudizio universale:

Questo modello servirà a tutti i giudizi universali che verranno dipinti successivamente. L’imponente figura del “Cristo Giudice è collocata al centro, entro una cornice ovale iridata. Iniziando dall’alto, in entrambi i lati, dominano due schiere di angeli a zone radialmente sovrapposte; ai lati del Cristo stanno gli apostoli, mentre sotto, separati da una oblunga croce tenuta ferma da due angeli, i gruppi dei santi e degli eletti, disposti sulla destra (del Cristo), mentre i demoni ed i dannati e i demoni, sulla sinistra. Nella parte inferiore, sempre in riferimento alla destra Cristo, sta il gruppo degli offerenti con la figura di Enrico Scrovegni che offre alla Vergine la “Cappella” sorretta da un monaco.

Descrizione del Compianto sul Cristo morto:

Il cielo azzurro nel quale sono rappresentati gli angeli è separato dalla scena stessa del compianto dai monti sullo sfondo in diagonale. In primo piano troviamo due figure femminili poste di spalle (posizione abbastanza insolita per quel periodo), la prima inginocchiata di fronte al Cristo, mentre la con un mantello azzurro. Giotto sceglie di porre le Marie in secondo piano quasi nel tentativo di dare una immagine di maggiore discrezione proprio nel momento in cui la Maria Vergine solleva il corpo di Cristo nel tentativo di consolare il figlio. Il cristo che occupa una parte considerevole dell’intera scena e rappresentato realisticamente con una certa rigidità del corpo, ha un volto dipinto con tendenza gotica, in contrapposizione al corpo che invece presenta già dal busto una certa armonia .Maria Maddalena, coperta da una veste dal colore chiaro è rappresentata ai piedi di Cristo, posta di profilo, con il corpo in prossimità del busto rilevato per tre quarti e le gambe flesse ed allungate, sorregge delicatamente i piedi di Cristo e piange il deicidio in una posizione che certamente indica una forte innovazione.  I santi, Maria Maddalena sono presentati con l’aureola a differenza della gente comune che assiste alla scena.
Maria di Cleofa e Maria Salomè sono poste in terzo piano, in particolare è da rilevare l’espressività del viso di Maria Salomè che viene rappresentato in tutta la sua drammaticità con il capo parzialmente coperto dal manto. Giovanni Evangelista, posto in quarto piano, rappresentato con un’espressione di dolore, e di sofferenza. Posteriori a Giovanni evangelista troviamo, nell’ordine, dal centro verso il margine destro della scena, le figure di Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Entrambi raffigurati in posizione composta, in piedi. Giuseppe d’Arimatea è caratterizzato da una folta barba e dalla nuca stempiata, Nicodemo da una barba più contenuta. A sinistra rispetto alla composizione, dove i piani di posa si susseguono progressivamente, troviamo un’altra donna piangente, la sua posizione è eretta e il capo reclinato a destra è sorretto dalle mani giunte, secondo una tipologia posturale diffusa nell’iconografia del Compianto. Alle spalle della donna una piccola folla di fedeli, appena visibile, chiude la scena e allude a un ipotetico corteo. La posizione degli angeli in volo come provenienti dal celo sembra indicare una diposizione ordinata, quasi simmetrica, tuttavia non regolare, vengono raffigurati con i volti turbati, il primo e il secondo con braccia aperte, il terzo con le mani sul volto, poco più a destra altri due angeli allineati, il primo in alto con mani sul volto, il secondo in basso con gli occhi coperti dal manto, a impedire la vista del deicidio.

Descrizione del Bacio di Giuda:

La scena, una delle più note dell’intero ciclo, è ambientata all’aperto. Nonostante la cospicua partecipazione di personaggi, il nucleo centrale è perfettamente individuabile grazie all’uso delle linee di forza (come Caifa a destra che indica) e dell’ampia campitura di colore giallo della veste di Giuda, che si sporge in avanti, al centro, per baciare Gesù in modo da permettere alle guardie di riconoscerlo e catturarlo. Il volto di Giuda, giovane e pacato nelle scene precedenti, è qui ormai trasfigurato in una maschera bestiale, ed ha perso definitivamente l’aureola. All’immoto e intenso contatto visivo tra Gesù e il suo traditore si contrappone l’agitazione delle turbe di armati tutto intorno, generando un effetto di violenta drammaticità.

Solo osservando un secondo momento ci si accorge delle altre scene di corredo, come quella di Pietro che taglia l’orecchio a Malco, un servitore del Sommo Sacerdote con un coltello, afferrato per il mantello da un uomo curvo e di spalle, col capo coperto da un mantello grigio. Ben orchestrati sono i gruppi di armigeri, composti affastellando le teste (un tempo con colori metallici negli elmi, oggi anneriti) e soprattutto intuibili dal numero di lance, alabarde, bastoni e fiaccole che si levano in aria. Un po’ più scandite sono le figure del gruppo di destra, tra cui si vede un uomo che suona il corno.

Sebbene l’iconografia risulti tradizionale, in questa scena Giotto ne rinnovò profondamente il contenuto, immettendovi una straordinaria tensione psicologica e drammatica.

Gabriella Ursu      Classe V E