Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 3 Maggio 1469 da una famiglia borghese modesta,ma di buona cultura: il padre era un uomo di legge ed era l’autore de “I Ricordi Famigliari”, la madre, invece, era autrice di rime sacre. Egli ricevette una formazione umanistica incentrata principalmente sulla grammatica e i classici latini. Il padre era possessore di una biblioteca ricca di opere di grandi autori, come Tito Livio, Marco Tullio Cicerone e Lucrezio, i quali influenzarono notevolmente il suo pensiero. Non imparò mai il greco, ma ebbe comunque l’opportunità di leggere le traduzioni in latino delle opere di celebri personaggi, come Plutarco e Polibio. Intraprese la carriera politica nel 1498, dopo che Girolamo Savonarola fu giustiziato, servendo come secondo cancelliere della Repubblica Fiorentina, incarico che mantenne fino al 1512, quando fu costretto a ritirarsi a causa del ritorno dei Medici, che erano stati esiliati da Firenze nel 1494. Dopo aver rinunciato al suo incarico si ritirò nelle campagne per alcuni anni e in questo periodo scrisse le sue opere più importanti, “Il principe”, considerato il suo capolavoro e “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”. Nel 1520 tornò a Firenze e fu incaricato dai Medici di scrivere la storia della città, nacquero così le “Istorie Fiorentine”. Morì a Firenze il 21 Giugno 1527 a causa di una malattia sopraggiunta improvvisamente e fu sepolto nella basilica di Santa Croce.

IL REALISMO POLITICO

Secondo Machiavelli, la politica è il campo nel quale l’uomo ha maggiore occasione di mostrare e mettere in atto le proprie competenze. Al centro di questo pensiero c’è il presupposto che la politica sia completamente indipendente da religione e morale, e non deve seguire ideali utopistici di perfezione, poiché non sono in alcun modo attuabili nella realtà. Egli sostiene che la politica sia basata su due principi fondamentali: la natura umana e la verità effettuale. La natura umana è mossa dai concreti interessi degli individui ed è fondamentale guardarla soffermandosi su quello che gli uomini sono, non su quello che dovrebbero essere, solo in questo modo sarà possibile influire sulla successione degli eventi. Per esempio, dal punto di vista di Machiavelli, gli uomini sono spesso mossi da egoismo e avidità, anche quando dichiarano tutt’altro e riconoscerlo in anticipo è essenziale per riuscire a evitare inganni. La verità effettuale, invece, consiste nel prendere in considerazione le condizioni concrete nelle quali progrediscono gli eventi. La conoscenza di quest’ultima è fondamentale per riuscire a costruire uno stato funzionale, poiché l’uomo, conoscendo la realtà dei fatti, è in grado di prendere decisioni che influiscano sul proprio futuro in maniera vantaggiosa e determinare, per quanto possibile, la propria sorte e il proprio destino (“faber fortunae suae”).

IL PRINCIPE

“De Principatibus”, scritto in volgare nonostante il titolo in latino e più noto come “Il Principe”, è un trattato politico considerato il capolavoro di Machiavelli, elaborato nel 1513, ma pubblicato postumo, nel 1532. Fu inizialmente dedicato a Giuliano de’ Medici e successivamente, dopo la morte di quest’ultimo, a Lorenzo de’ Medici. I primi capitoli dell’opera trattano delle varie forme di governo e i vari tipi di stato che può governare un principe. Successivamente, Machiavelli espone la propria idea su come le qualità di un principe siano un fattore determinante per riuscire a fondare e mantenere uno stato efficiente. Secondo Machiavelli un principe non deve necessariamente negare del tutto la morale, ma non deve lasciare che questa influisca sulle sue scelte politiche, in quanto le azioni da compiere sono solo ed esclusivamente quelle che assicurano maggiormente il potere. Questo permette al principe di ricorrere ad azioni immorali, come assassinio e tradimento, per raggiungere il proprio obbiettivo di creazione e conservazione di uno stato solido e prosperoso. Nell’opera, Machiavelli prese come esempio di principe Cesare Borgia, detto Duca Valentino, il quale aveva provato, senza successo, a costruire un nuovo stato regionale.

VIRTU’ E FORTUNA

Machiavelli attribuisce alla parola “virtù” il significato di “controllo razionale degli eventi”. Egli sostiene difatti che il corso degli avvenimenti non è determinato dall’uomo in sé, ma dalla sua capacità di saper adattare il proprio atteggiamento a qualsiasi tipo di situazione in modo da poter soddisfare i propri fini. La “fortuna, invece, perde il significato di “divina provvidenza” e assume il significato irrazionale di semplice “casualità” portando così a un nuovo punto di vista, secondo il quale la fortuna può essere usata come opportunità attraverso la quale si può esercitare la propria virtù, in quanto questa determina solo una delle azioni dell’uomo, mentre l’altra metà è nelle mani di quest’ultimo, che per comprenderla deve introdurre la propria razionalità negli eventi.


Sitografia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Niccol%C3%B2_Machiavelli

https://www.storicang.it/a/niccolo-machiavelli-e-politica-senza-scrupoli_14837


ARTICOLO DI CHIARA SANZO’ DELLA CLASSE IV D DEL LICEO LINGUISTICO