L’atteggiamento medievale nei confronti della morte si può definire di tipo fatalistico, a metà strada tra una rassegnazione passiva e fiducia mistica. La morte comportava l’amissione di un destino ineluttabile, al quale ci si poteva abbandonare disperandosi, oppure lo si poteva affrontare con consapevolezza e “serenità”. I medievali sono quasi abituati alla morte, a causa delle molteplici carestie, epidemie e guerre, che mietono moltissime vittime. Queste morti molto spesso venivano in qualche modo giustificate, associandole alla volontà divina, che di volta in volta vuole punire gli uomini per i loro peccati. A contribuire a queste continue morti era anche l’arretratezza della medicina soprattutto in Europa.
Il moltiplicarsi di immagini che fanno proprio riferimento alla morte, vogliono da un lato esorcizzare la paura da essa trasmessa, dall’altro stanno quasi a dimostrare la potenza del male e il destino di dannazione che attende l’uomo, stando però sempre attenti a chiarire che è presente una forza divina che sarà in grado di distinguere i peccatori e coloro che hanno condotto una vita senza peccati, o che comunque sono stati capaci di redimersi da essi.
A tal proposito, fin dall’inizio dell’età medievale, i rituali di morte erano caratterizzati da costumi pagani e ancestrali, ma il cristianesimo cercò in tutti i modi di eliminarli, o comunque cristianizzarli. Un esempio di ciò è che prima di questa cristianizzazione, le anime dei defunti scendevano o in Paradiso, luogo in cui si trovavano le anime dei “buoni”, rappresentato come un giardino fiorito in qui si oziava, oppure all’Inferno, qui si trovavano coloro che in vita erano stati malvagi, che avevano peccato; non esisteva un luogo intermedio (Purgatorio), per chi non era stato malvagio ma nemmeno completamente buono. Questo luogo intermedio fu introdotto proprio dai cristiani. Un esempio di individui destinati al Purgatorio, per i cristiani, erano coloro morti prematuramente, poiché si credeva che questo tipo di morte portasse le anime “in pena”, e che quindi non fossero in pace con Dio. Ecco perché la chiesa creò questo luogo intermedio tra Inferno e Paradiso, dove le anime attendevano che i vivi con le loro preghiere li portassero alla salvezza.
Collegata alla cristianizzazione dei riti, in questo caso legati al culto dei morti, il monastero Cluny tra il 1024 e il 1033 istituì la festa dei morti, che si sarebbe svolta ogni 2 novembre; in questa occasione si recitavano le preghiere per le anime del Purgatorio così da accorciare la loro permanenza in quel luogo di transizione.
Per i pagani però, non esistendo il Purgatorio, le anime dei morti dovevano pur avere un luogo in cui potessero riscattarsi con le preghiere dei vivi, infatti si credeva che queste anime si trovassero nel luogo della loro morte così da poter apparire più facilmente a chi era rimasto in vita. Una, se non la fonte più affidabile in materia sono gli scritti di sant’Agostino, “De cura pro mortuis Gerenda” e “De Civitate Dei”, nei quali si afferma che se i morti appaiono ai vivi, non appaiono con il loro corpo, ma con la loro anima per chiedere la sepoltura o per ricevere preghiere, e questa apparizione avviene per volontà di Dio; se invece questi appaiono con il loro corpo significa che c’è lo zampino del Diavolo, ma anche il diavolo non può nulla senza Dio. Quindi le apparizioni dei fantasmi erano legittime mentre quelle dei “defunti corporali” erano diaboliche, operato di Satana.
ARTICOLO DI MARTINA AIELLO DELLA CLASSE 3^A DEL LICEO CLASSICO
SITOGRAFIA:
https://www.accademiafabioscolari.it/la-morte-nel-medioevo/
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