Sport e filosofia, trovando entrambi origine in Grecia, hanno tra loro un legame antico e profondo. Uguaglianza e libertà sono concetti fondamentali per ambedue le discipline. Nell’antica Grecia la vigorosità del corpo e quella della mente erano elementi collegati e complementari per riuscire a perfezionare se stessi. Per i Greci era inscindibile il concetto di palestra, dove allenare i corpi, da quello di scuola, dove allenare le menti: il luogo era uno solo, il cosiddetto Ginnasio.
Numerosi filosofi hanno riflettuto sull’attività fisica, lodandola principalmente per le sue capacità educative e di sviluppo armonico della persone.
Platone sosteneva l’importanza dell’ attività sportiva unitamente a quella legata al pensiero nella Repubblica si legge infatti: ” Dopo la musica i giovani vanno formati con la ginnastica […] Bisogna dunque che con questa siano accuratamente allevati per tutta la vita, cominciando fin da bambini […] Chi si dedica alla ricerca scientifica o a qualche altra intensa attività intellettuale, bisogna che anche al corpo dia il suo movimento, praticando la ginnastica” e ancora ” Coloro che si dedicano esclusivamente alla ginnastica vengono a una eccessiva brutalità, mentre coloro che si dedicano esclusivamente alla musica e alla poesia diventano più morbidi di ciò che è buono per loro“.
Se da un lato vi sono filosofi, come quello appena citato, che sostengono che la disciplina sportiva e quella mentale debbano andare di pari passo, dall’altro occorre ricordare che esistono scuole di pensiero differenti che, al contrario, sottolineano il carattere negativo dello sport, soprattutto a livello etico. Questi ultimi pensatori, sono molto critici nei confronti degli atleti di cui biasimano gli eccessi, i costumi, talvolta, corrotti, ed infine li rimproverano per gli eccessivi carichi di lavoro necessari per ottenere la vittoria.
Aristotele nella Politica sostiene :”Nella pubertà bisogna far eseguire esercizi leggeri, evitando cibi pesanti o fatiche violente, per non arrecare danno alla crescita. Prova non trascurabile che quelle cose possono arrecare danno, sta nel fatto che, tra gli olimpionici, si potrebbero trovare al massimo due o tre individui che sono stati vincitori da giovani e da uomini maturi, perché allenandosi in gioventù si sono esauriti con esercizi violenti“. Aristotele ritiene che lo sport debba essere praticato, ma senza renderlo parte essenziale della nostra istruzione, infatti scrive: “Attribuendo troppa importanza a questa parte secondaria dell’istruzione e trascurando le altre discipline indispensabili, rendi i tuoi figli dei cittadini limitati. Inoltre, la ginnastica in eccesso può essere dannosa non solo per lo sviluppo del potere dell’anima, ma anche lo sviluppo fisico del bambino.”
Gli Stoici avevano una visione diversa del corpo rispetto ai filosofi che abbiamo appena analizzato. Per gli Stoici dell’era imperiale, come Epitteto, il corpo è uno degli aspetti dell’esistenza che non dipendono da noi. È distinto dalle tre attività dell’anima che sono sotto il nostro controllo, ossia: i nostri giudizi, i nostri desideri, e i nostri impulsi di agire. E questo perché le nostre possibilità fisiche sono in gran parte già decise alla nascita. L’unica, vera, libertà di cui disponiamo nella vita, è quella interiore. Ma questo non significa che dobbiamo trascurare la cura delle nostre doti naturali: dobbiamo utilizzarle per accrescere la libertà dell’anima. Come spiega Seneca : ” Se manteniamo le nostre qualità fisiche e le nostre attitudini naturali con cura e serenità, nella consapevolezza di quanto sono effimere e fugaci, se non subiamo la loro servitù e non lo facciamo per influsso di oggetti esterni, se le soddisfazioni avventizie del corpo sono per noi nella stessa posizione in cui si trovano in un campo di battaglia gli ausiliari e le truppe leggere, allora esse possono essere di ausilio per l’anima“. Quindi, per gli Stoici lo sport era solo un mezzo, e non parte integrante di una cultura equilibrata. La pratica di uno sport è utile all’anima di colui che, attraverso questi esercizi fisici, esercita le sue facoltà morali. Sopportare il dolore di una competizione di resistenza come la corsa, ad esempio, permetterà di migliorare il proprio autocontrollo.
Anche filosofi più recenti hanno riflettuto sull’attività sportiva. Nietzsche, per esempio, vede il corpo come supporto del pensiero e ritiene che i suoi pensieri migliori si siano realizzati camminando, pertanto sembra essere un sostenitore del pensiero in base al quale allenare il corpo aiuta ad esercitare anche la mente. Di parere, opposto, è Montesquieu secondo il quale lo sport altro non è che bramosità e desiderio di avere sempre di più, ed arrivava ad affermare che ” Lo sport piace perché lusinga l’avidità, vale a dire, la speranza di avere di più”.
Olimpismo
Quando si vuole discutere di filosofia sportiva non si può non analizzare la filosofia olimpica, concetto nuovo ed inventato dal Barone Pierre de Coubertin, il quale pur comprendendo la necessità di collegare le Olimpiadi moderne a quelle del passato si era però reso conto che gli ideali che permeavano gli antichi giochi olimpici, non potevano essere riproposti in era moderna. Infatti, nel passato i giochi non erano per nulla democratici, potendo partecipare ad essi solo persone giovani, di sesso maschile e libere; inoltre, le gare erano così violente da poter terminare con la morte dell’avversario. Couberten, al contrario, elaborò una nuova idea di olimpiade che doveva essere democratica e internazionale, un “ incontro tra persone”, come lui stesso più volte affermerà. Nel 1990 il CIO definirà l’olimpismo una ” filosofia di vita…. un insieme equilibrato tra corpo, volontà e mente”. Secondo il CIO lo sport non può prescindere dalla cultura e dalla educazione, gli atleti devono trovare gioia nello sforzo, essere un buon esempio per gli altri ed essere rispettosi dei principi etici universali e fondamentali. Nonostante l’ olimpismo, nelle sue evoluzioni sostenga principi legati al rispetto, all’uguaglianza e all’ onestà, capita, ancora oggi di notare discordanze tra l’ elaborazioni filosofica dell’olimpismo e ciò che accade nella realtà. Ne è prova il fatto che lo sport non è solo foriero di buoni esempi, basti pensare all’uso del doping, dove è chiaro che le vittorie conseguite non avvengono nel rispetto dell’avversario, ma con l’inganno di chi non si confronta facendo uso esclusivo delle proprie forze siano esse mentali o fisiche. D’altro canto, esistono anche esempi che, al contrario, rispettano perfettamente i dettami della filosofia olimpica. Un esempio è quanto accadde alle Olimpiadi del 1936, quando Luz Long, atleta del salto in lungo, diede all’avversario, Jesse Owens, un suggerimento che porterà quest’ultimo alla vittoria. In un contesto storico difficilissimo, ebbe il coraggio di sfidare i potenti. Lo sport, in definitiva, assomiglia al palcoscenico della vita dove vi è una continua opposizione tra il bene e il male, forse per questo è stato oggetto di disputa filosofica.
Sitografia:
https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/martina-petrini-02
https://ww.helloworld.it/cultura/platone-cartesio-filosofia-sport
ARTICOLO DI VITTORIA SILETTI DELLA CLASSE III A DEL LICEO CLASSICO
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