In ogni setta sono imposte regole rigide, in apparenza prive di senso, ma che spesso racchiudono in loro un significato più profondo; a questa regola non fanno eccezione i Pitagorici, i seguaci di Pitagora di Samo, che si organizzarono in comunità disseminate per la Magna Grecia, in particolare a Crotone. I Pitagorici erano sottoposti a molte regole, tra le quali le più ferree erano le 39 Regole del “βίος Πυθαγορικός” (Bìos Pythagorikos, vivere come un Pitagorico), precetti la cui utilità a volte è più chiara e a volte lo è meno: ancora oggi non possiamo stabilire con precisione il significato allegorico di tutte le 39 regole, che sono scritte talvolta con parole sibilline e spesso in forma di tabù (viene vietato un comportamento), e nemmeno i Greci successivi alla morte di Pitagora avevano le idee molto chiare in merito, poiché il Maestro non aveva lasciato nulla di scritto.
Le Regole sono incentrate per la maggior parte su temi comuni, come il rispetto della divinità, la purezza, mentre altre sono metafore e non vanno prese alla lettera, altre sono semplici regole abbastanza particolari da seguire alla lettera.
- La prima e la seconda, rispettivamente: “1. avviandoti al tempio inchinati, né t’occupare, con parole e con atti, d’altra faccenda lungo il cammino” e “2. non devi entrare nel tempio e nemmeno solo inchinarti occasionalmente nel tuo cammino, neppure se ti trovi a passare proprio davanti alle sue porte”, si occupano del rapporto con la divinità: i Pitagorici non si occupano di altro se non dei rituali all’interno del tempio, e non si preoccupano del tempio se non quando ci sono intenzionalmente diretti per entrarci; entrare nel tempio solo perché si passa davanti ad esso sarebbe un affronto alla divinità, come pensare o fare altro durante i riti (“27. durante un sacrificio non tagliarti le unghie”). Sempre per portare rispetto alla divinità viene ordinato di credere a qualunque voce riguardante gli dei e le profezie: “25. non negar fede a cosa anche strana riguardo agli dei e alle divine sentenze”, inoltre viene ricordato di non parlare a vanvera per rispettarli (“6. frena la lingua davanti agli altri, per deferenza verso gli dei”, “26. non abbandonarti a riso incontenibile”, “15. non orinare rivolto al sole”, che era simbolo della sede degli dei).
- Un altro tema, la purezza, è oggetto di Regole, per i Pitagorici ciò che è calcolato, preciso e perfetto, è anche legato alla natura e alla divinità.: “3. sacrifica e inchinati scalzo”, “28. non porgere con facilità la destra a chiunque” sono chiaramente incentrate sulla purezza e la pulizia, ma anche “37. astieniti dalle fave” e “39. astieniti dal cibarti di esseri animati”: le fave erano ritenute alimento da rispettare con timore, in quanto possono sfamare i poveri anche senza consumare carne, ma possono invece dare la morte a chi soffre di favismo, per cui sono un alimento demoniaco; per quanto riguarda il mangiare carne, era vietato perché i Pitagorici credevano nella metempsicosi, la reincarnazione come modo per purificare l’anima tramite la conoscenza e la filosofia, in ogni vita ci si avvicinava sempre di più alla verità divina: Pitagora temeva per errore di poter mangiare una persona, reincarnata in animale, quando si cibava di carne di animali terrestri, e raccontano che una volta avesse ordinato ad un uomo di smettere di picchiare il suo cane, perché nel guaito aveva riconosciuto la voce di un amico morto.
In realtà in rari casi i Pitagorici potevano mangiare carne, ma solamente certi tagli e in certe occasioni. Opposta alla fava, nella visione dualistica, era la malva, nonostante questa sia poco utile all’uomo rispetto alla fava, ma doveva essere trovata una pianta santa da opporre al legume tanto temuto: “38. coltiva la malva, ma non mangiarne”. Altre regole che proibiscono cibi sono “5. astieniti dal melanuro: è sacro agli dei sotterranei”, il melanuro infatti è un pesce di profondità dalla coda nera e simboleggia le divinità dei morti, mangiarlo sarebbe un oltraggio; “17. alleva il gallo, ma non ucciderlo; perché è sacro al Mese e al sole”, ritroviamo anche qui come per le piante gli opposti tra gli animali: il gallo sacro alle divinità celesti, il melanuro a quelle sotterranee; non viene permesso nemmeno il consumo di eritino (un pesce, 33.), di aceto (9.) o di cervello (31.). Sempre nel tema della purezza sono coinvolte le regole dell’ordine e della convivenza: “29. quando ti alzi arrotola le coperte e riordina il luogo”. - Numerose Regole non devono essere interpretate letteralmente, ma sono metafore per esprimere velocemente alcuni consigli di vita, ad esempio: “8. non attizzare il fuoco col coltello” significa non usare parole taglienti con chi è già in preda all’ira, “4. evita le vie maestre, cammina per i sentieri” cioè non ti fidare delle opinioni comuni, ma propendi per i pensieri condivisi da pochi colti, “10. aiuta l’uomo che si carica un fardello, non aiutare chi lo depone” ossia incentiva la virtù e la laboriosità, non la pigrizia, “30. non mangiare il cuore” cioè non consumarti con afflizioni, “18. non sedere sul moggio (un recipiente)” significa non oziare, “13. non squilibrare la bilancia” cioè non comportarti ingiustamente, “21. non accogliere rondini in casa” vuol dire non vivere con persone che non riescono a frenare la lingua, “23. non incidere l’immagine di un dio in un anello” ossia non parlare di ciò che pensi della divinità e infine “14. partendo dalla patria non voltarti indietro, perché le Erinni ti seguono”, le Erinni simboleggiano i rimorsi e il partire può essere inteso come la fine della vita, quindi non sentirti attaccato alla vita nel momento della morte. E’ probabile tuttavia che i Pitagorici seguissero queste regole anche in senso letterale.
- Altre Regole non sono da interpretare, ma vanno a costituire un metodo di insegnamento della disciplina agli allievi: l’abitudine ad obbedire a precetti intransigenti doveva creare ordine, quindi armonia nel comportamento dei Pitagorici, caratterizzando ogni momento della loro vita. Le regole rimanenti stabiliscono comportamenti piuttosto strambi, ma che rientrano comunque nell’ottica del metodo di insegnamento, oppure sono di carattere superstizioso: 7. quando i venti spirano, venera Eco; 11. per calzarti avanza prima il piede destro, per il pediluvio il sinistro; 12. non parlare di cose pitagoriche al buio; 16. non nettare la latrina con la fiaccola; 19. non allevare animali con artigli ricurvi; 20. per strada, non dividere; 22. non portare anello; 24. non specchiarti a lume di lucerna; 32. sui tuoi capelli e unghie tagliate, sputa; 34. cancella l’impronta della pentola dalla cenere; 35. per aver figli non unirti a donna ricca; 36. preferisci il motto: “una figura e un passo” al motto: “una figura e un triobolo”.
La vita dei Pitagorici era dunque sempre regolata da dettami fissi, che costituivano il dogma della loro comunità, paragonabile ad una setta, e nonostante molte di queste regole possano sembrare insensate, esse avevano tutte l’obiettivo di creare una disciplina ed un ordine, di far rispettare gli dei, di mantenere la purezza di sé stessi e di sconsigliare comportamenti non affini alla filosofia.
Articolo redatto dall’alunno Carta Moliné Edoardo della classe 3^A del liceo Classico
Sitografia:
BASE Cinque, Utopia Razionale, la rosa nel bicchiere, Wikibooks
http://utenti.quipo.it/base5/poetico/pitsimboli.htm
https://it.wikibooks.org/wiki/La_religione_greca/Le_religioni_dei_misteri/Pitagora_e_il_Pitagorismo
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