La Rivoluzione francese è da sempre considerato un periodo fulcro della storia moderna, soprattutto per il raggiungimento di nuovi diritti nei confronti di coloro che si vedevano esclusi dal mondo dell’aristocrazia e del clero (cioè la borghesia, chiamata anche terzo stato). Ponendo la situazione in tal senso si è sempre considerata la questione in termini maschili, infatti i diritti promulgati dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 erano prerogativa degli uomini. È proprio in questo contesto che per la prima volta il problema del ruolo politico e sociale delle donne si fa oggetto di ampio dibattito, che rimane teoria senza poi essere effettivamente messo in pratica.
Fino a quel momento le donne venivano limitate allo status di madri, mogli e figlie, le loro persone avevano valore in relazione agli uomini, prima i padri e poi i mariti, che le assoggettavano. Tale condizione era considerata naturale e intrinseca delle donne e per questo i giacobini, i rivoluzionari più estremisti, sostenevano che la rivoluzione dovesse servire per migliorare la condizione di quest’ultime senza però stravolgere tale indole. Molti intellettuali strumentalizzavano questa posizione in favore della propria tesi, sia i sostenitori del femminismo, i quali affermavano che la parità poteva essere considerata come un diritto da rivendicare rispetto alla società, sia gli oppositori, i quali invece sostenevano la naturale predisposizione alle faccende di casa e alla subordinazione femminile agli ordini del marito (ideologie che venivano condivise nelle opere letterarie rivolte all’educazione femminile, come per esempio nell’Emile di Rousseau). Oltre che all’attività domestica esse erano destinate anche ai lavori più pesanti nelle fabbriche che fruttavano loro un poverissimo salario.
A partire dal 1787 iniziano a circolare degli opuscoli, i pamphlets, che avevano lo scopo di divulgare alcune idee radicali in riferimento all’emancipazione delle donne. L’esigenza di cambiamenti sostanziali negli ambiti dell’istruzione, dei diritti civili e politici stava diventando sempre più forte e non poteva più essere appagata con incerte richieste d’uguaglianza. Uno dei pamphlets più importanti era sicuramente il Chaier des doléances et réclamations des femmes di M.mme B.B. nel quale l’anonima autrice, seguendo la scia illuminata dell’anti-schiavismo, reclamava la libertà delle donne e il diritto di essere rappresentate da esponenti del proprio sesso, condannando allo stesso tempo i privilegi di anzianità e di mascolinità di cui gli uomini godevano. Presto però agli opuscoli si affianca un altro metodo più diretto, infatti in occasione degli Stati generali, convocati dal re nel gennaio 1789, le femministe iniziarono a mandare al governo delle delegazioni e a usare come proprie basi i club politici. Esse riuscirono formalmente a ottenere dei risultati grazie alla Costituzione del 1791, secondo la quale le donne sono ammesse a testimoniare nei processi civili e non vengono più discriminate nell’eredità, e alle leggi del 1792 che presentavano i coniugi come soci parimenti responsabili in caso di divorzio, il problema però è che queste normative furono da subito ignorate
Tra i più importanti documenti a sostegno della causa femminista si conta il Sur l’admission des femmes au droit de cité (“Sull’ammissione delle donne al diritto di cittadinanza”) del 1790 di Nicolas de Condorcet (1743-1794) nel quale egli sosteneva che le donne erano il simbolo della concreta disuguaglianza all’interno della razza umana dovuta al potere dell’abitudine che ha colpito anche gli uomini illuminati:
Esiste una più forte prova del potere dell’abitudine, anche sugli uomini illuminati, di quella di veder invocare il principio dell’uguaglianza dei diritti a favore di tre o quattrocento uomini privati di esso da un pregiudizio assurdo, e di dimenticarsene riguardo a dodici milioni di donne?
Un altro testo fondamentale è la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne (“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”) del 1791, scritta da Olympe de Gouges (1748-1793) sulla base della Dichiarazione del 1789 e presentata all’Assemblea legislativa. In essa l’autrice, convinta femminista che utilizzava come mezzi per diffondere le sue teorie scritti di ogni genere e commedie che però non riscontrarono particolare successo (una, anzi, venne censurata perché troppo provocatoria nei confronti dell’Anciem régime e della politica colonialistica), rivendicava la soppressione di ogni tirannia maschile, ritenuta la base dell’ineguaglianza fra i sessi, e avanzava richieste circa l’uguaglianza nelle opportunità di accedere, in base a criteri unicamente meritocratici, alle cariche pubbliche e il diritto di denunciare la paternità dei figli nati al di fuori del matrimonio. I 17 articoli che formano la Dichiarazione dipingevano la donna come una cittadina attiva, libera e in grado di ricoprire ruoli da sempre circoscritti al solo genere maschile, tuttavia essi non fruttarono alcun esito legalmente effettivo.
La donna ha il diritto di salire sul patibolo; ella dovrà anche avere il diritto di salire sulla tribuna.
La radicalità del pensiero e l’intraprendenza della de Gouges sono la sostanza di tutte le sue opere, che si fanno ancora più vive grazie all’utilizzo di paradossi, e si realizzano, per esempio, nel suo appoggio alla marcia su Versailles e nella fondazione della Società Fraterna d’Ambo i Sessi. Ella incontrò poi una morte precoce: venne difatti prima arrestata e poi ghigliottinata nel 1793 a causa del suo supporto alla monarchia (era girondina) e delle sprezzanti accuse che aveva mosso nei confronti di Robespierre e, in generale, verso la dittatura giacobina.
Erano molte le direttrici dei club femministi che si mobilitavano pronunciando discorsi nelle assemblee. Tra queste c’era Etta Palm d’Aelders, fondatrice della Società delle amiche della Verità, associazione che si adoperava in favore dell’istruzione delle ragazze e dei diritti politici delle donne. Nel suo discorso articolato durante l’assemblea degli Amici della Verità nel 1790 la Palm esprimeva la propria considerazione riguardo alla rivoluzione dei costumi e all’abolizione della servitù femminile, ritenute necessarie
La giustizia chiede che le leggi, come l’aria e il sole, siano comuni a tutti gli esseri.
Ella inoltre esortò l’Assemblea costituente ad annettere all’esercito un corpo di amazzoni come primo colpo a tutti i pregiudizi che si sono accumulati su noi donne. Un’altra femminista che si adoperò non poco per raggiungere questo scopo fu Théroigne de Méricourt. Essa fu protagonista o semplice partecipe di importanti eventi della Rivoluzione, primo tra tutti la marcia su Versailles del 5 ottobre 1789, accennata precedentemente. La rilevanza di tale avvenimento non è dovuta tanto da ideali femministi, esso era causato specialmente dall’aumento del prezzo del pane e dalla scarsità dei viveri, quanto dal ribaltamento della posizione delle donne, di cui si celebrava la passività, che si occupavano del sostentamento della famiglia e che, insieme ad alcuni rivoluzionari, erano riuscite a ottenere la firma di re Luigi XVI sulla Dichiarazione emanata quello stesso anno e il cambio di residenza del monarca da Versailles a Parigi.
La de Méricourt era stata molto criticata dai contemporanei per l’apertura del suo salotto al pubblico, per la sua partecipazione attiva alla vita politica (fonda il Club des Amis de la loi) e agli assalti alla Tuileries e per il suo mostrarsi per le strade vestita da cavallerizza. Come Olympe de Gouges e Etta Palm, anche lei era di idee moderate e quindi simpatizzante girondina e per questo motivo il 13 maggio 1793 venne aggredita per strada da un gruppo di donne vestite alla sanculotta, appartenenti alla Società delle repubblicane rivoluzionarie, uno dei circoli più famosi fondato dalla cioccolataia Pauline Léon e dall’attrice Claire Lacombe nel 1793. Dopo questo episodio Théroigne rimase sconvolta e non riuscì più a riprendersi: prima venne ricoverata in manicomio e poi dal 1797 internata fino alla sua morte.
La vita dei club femminili vide la sua fine il 9 brumaio 1793, quando la Convenzione ne decretò la chiusura. I giacobini, come detto all’inizio, non appoggiarono mai la causa femminista e il fatto che le Repubblicane rivoluzionarie si avvicinassero agli avversari era motivo di inasprimento. L’ostilità maschile non è però la sola ragione della loro disfatta: i club non hanno mai cooperato unitariamente alle stesse cause, tanto che si davano battaglia anche tra loro.
SITOGRAFIA:
- http://www.storiain.net/storia/1789-le-speranze-deluse-delle-femministe-francesi/
- https://it.pearson.com/aree-disciplinari/storia/cultura-storica/moderna-contemporanea/emancipazione-femminile.html
- https://www.glistatigenerali.com/storia-cultura/le-donne-nella-rivoluzione-francese/
- https://online.scuola.zanichelli.it/lezionidifilosofia/files/2010/03/U8-L10_zanichelli_Condorcet.pdf
- https://it.wikipedia.org/wiki/Club_femminili
_______________________________________________________________
ARTICOLO REDATTO DA BERNARDINI MARIA SARA ALLIEVA DELLA CLASSE VI B DEL LICEO CLASSICO
Commenti recenti