Hume

rousseau

 

 

 

 

 

Quando Lord Hertford chiese a Hume di accompagnarlo a Parigi con l’incarico di segretario d’ambasciata, dopo una breve esitazione quest’ultimo accettò, e trascorse a Parigi uno dei periodi più bella di tutta la sua vita; andò incontro ad apprezzamenti sinceri e a dimostrazioni di stima. In questo periodo storico un altro filosofo, per la precisione Jean-Jacques Rousseau, si trovava in una situazione meno fortunata rispetto allo scozzese. Le sue opere erano state condannate dalla società dei suoi tempi ed era diventato oggetto di frequenti attacchi verbali e fisici, tanto che lo svizzero soffrì di manie di persecuzione e venne descritto come tormentato e isolato.

Rousseau si trovava dunque in una situazione difficile tra Francia, Svizzera e Prussia, rischiava di essere arrestato e ricercava un luogo in cui fuggire. La contessa de Boufflers, nobildonna francese e sincera ammiratrice di Hume, che nel periodo da 1763 e 1765 lavorava a Parigi, gli chiese di ospitare Rousseau in Inghilterra, qualora fosse stato necessario. Hume scrisse al filosofo di Ginevra offrendogli ospitalità in Inghilterra con l’aggiunta di una pensione concessa dal re Giorgio III, a patto che la notizia della cospicua somma di denaro elargita a Rousseau rimanesse un segreto e non fosse diffusa, cosa che sarebbe stata particolarmente clamorosa dato che non godeva di buona fama in quel periodo nel territorio europeo. Hume scrisse la lettera nel 1763, venne ringraziato da Rousseau che gli rispose ma non accettò l’invito se non due anni più tardi, quando una folla a Motiers, il piccolo villaggio in svizzera nel quale si era rifugiato, prese a sassate la casa in cui abitava. Dopo essere fuggito a Basilea e Strasburgo, scrisse infine a Hume nel 1765 accettando l’offerta di ospitalità.

La lite tra i due scaturì a causa di uno scherzo ideato da Sir Horace Walpole; la sua idea era di scrivere una lettera a Rousseau, nel periodo in cui non sapeva se accettare o meno l’ospitalità di Hume, firmandosi come il re di Prussia e dicendosi offeso perché non aveva accettato la sua ospitalità. La lettera non fu inviata nel momento giusto ma venne pubblicata solo dopo che il ginevrino si era trasferito da Hume, Rousseau si infuriò pensando che fosse Hume colui che aveva ideato la burla.

La storia del litigio fece il giro di tutta Europa; i due resero pubbliche le rispettive posizioni attraverso due pubblicazioni anche se all’inizio Hume non voleva rispondere a Rousseau. Venne poi convinto da D’Alembert e da Voltaire e nel 1766 pubblicò da Becket & De Hondt di Londra “A concise and genuine account of the dispute between Mr Hume and Mr Rousseau” più interessante è sicuramente quella di Hume dalla quale emergono le profonde differenze di pensiero tra i due filosofi per quanto riguarda il sistema politico inglese:

-Secondo Hume l’Inghilterra non godeva del migliore sistema di governo ma aveva il più completo sistema di libertà mai visto dal genere umano.

-Secondo Rousseau Invece, nonostante l’accoglienza ricevuta, il popolo inglese credeva di essere libero, ma si sbagliava di grosso.

C’erano ulteriori divergenze tra i due; Hume non credeva che l’uomo potesse essere perfetto: riteneva che, per rendere possibile la cooperazione sociale, fosse necessario impedire all’uomo,  al peggio della sua condizione, di procurare danno al prossimo. Ciò sta alla base della teoria liberale della società. Rousseau voleva invece dedicarsi all’insolubile problema di espungere il male dalla vita degli uomini. E auspicava a  “un regno della virtù” come quello costruito nell’antica Sparta, una società collettivista in cui il singolo individuo non era niente. Rousseau quindi ipotizzava un nuovo patto sociale che sostituisse il sistema esistente, Hume esaltava la proprietà privata e soprattutto la libertà dell’individuo.

 

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