IL DISASTRO DELLA RIVOLUZIONE E LA CRISI DEL PAPATO

Nel 1789 la Francia era in totale subbuglio: l’Assemblea Nazionale si era autoproclamata, la Bastiglia era stata presa e la monarchia era a un passo dalla sua caduta; tuttavia, la rivoluzione non ebbe conseguenze esclusivamente interne allo Stato francese, ma colpì indirettamente anche la Chiesa, poiché a quell’epoca era considerata come il principale sostegno alla monarchia. Il primo provvedimento anticlericale, promosso dal vescovo di Autum, fu preso dall’Assemblea Nazionale il 2 novembre del 1789. Il decreto stabiliva che tutti i beni ecclesiastici sarebbero stati messi a disposizione dello Stato, a patto che esso si assumesse i costi del culto, il mantenimento del clero, delle chiese, dei seminari e dell’assistenza ai poveri. Il colpo definitivo fu inferto quasi un anno dopo con la Constitution civile du clergé (Costituzione civile del clero) che ridefinì le diocesi, stabilì che vescovi e parroci dovessero essere eletti da tutti cittadini (anche dai non cattolici), ma soprattutto obbligò gli ecclesiastici francesi a prestare giuramento allo Stato. Si apriva quindi un periodo difficile e di gravissima crisi per la Chiesa, che si chiuderà soltanto con la caduta di Napoleone.

Pompeo Batoni, Ritratto di Pio VI (1775)

Papa Pio VI (1717-1799) nel 1791 condannò i provvedimenti anticlericali dell’Assemblea Nazionale; la maggior parte degli ecclesiastici si rifiutò di prestare giuramento allo Stato e di conseguenza ebbero luogo varie esecuzioni di massa. Nel 1793, con l’avvento del Terrore, si abolì il Cattolicesimo come religione di Stato in favore del culto della ragione, ma appena due anni dopo, in seguito alla caduta del regime di Robespierre, ci fu una sorta di restaurazione che abolì la costituzione civile del clero. Tuttavia, nonostante questo provvedimento, le persecuzioni continuarono. Nel 1796 Napoleone scese in Italia e occupò lo Stato della Chiesa; il papa fu costretto a firmare il 23 giugno del 1796 l’armistizio di Bologna e il 15 febbraio del 1797 la pace di Tolentino con la quale cedette a Bonaparte tutta la Romagna e venne costretto a pagare vari tributi. Nel 1798 a Roma ci furono varie rivolte controrivoluzionarie represse dai francesi con l’occupazione della città: si proclamò la Repubblica romana e il papa fu deposto. Pio VI fu quindi imprigionato, trasferito prima a Siena, poi a Firenze e infine a Valenza dove morì il 29 agosto del 1799.

PIO VII E I CONTRASTI CON NAPOLEONE

Il 14 marzo del 1800 fu eletto papa il cardinale Chiaramonti che scelse come nome pontificale Pio VII in onore del suo predecessore. Inizialmente nutriva simpatia per Napoleone (anche se non da un punto di vista politico) e decise di andare, dove possibile, incontro alle conquiste civili della rivoluzione. Con il Concordato tra Stato e Chiesa del 15 luglio del 1801 il pontefice riuscì ad ottenere il riconoscimento del primato del papa sulla Chiesa di Francia, del Cattolicesimo come culto praticato dalla maggior parte della popolazione francese ed il diritto di esercitare in pubblico le funzioni religiose; queste concessioni, impensabili se consideriamo gli sconvolgimenti portati dalla rivoluzione, rappresentavano per la Chiesa un’importante vittoria e un punto di partenza da cui iniziare a fronteggiare la gravissima crisi. Altre rilevanti conquiste ottenute con il Concordato furono la possibilità di riorganizzare le diocesi e la facoltà di investire i vescovi. Tuttavia, Pio VII dovette pagare tali riconoscimenti a caro prezzo. Il documento infatti sanciva che il clero aveva il dovere di prestare giuramento allo Stato, che fosse il Primo Console a nominare i vescovi e che la Chiesa dovesse: rinunciare ai beni confiscati durante la rivoluzione, istituire delle preghiere specifiche per lo Stato e per il console e, infine, riconoscere al Primo Console tutti i diritti e le prerogative dei sovrani francesi presso la Santa Sede. 

Papa Pio VII in un ritratto del 1805

Nel 1801 il Concordato divenne legge dello stato francese, fu integrato da 77 articoli organici con i quali si stabilì che le decisioni dei concili ecumenici e gli stessi decreti del Papa dovessero essere sottoposti al placet governativo. Il pontefice contestò questi provvedimenti, ma non ottenne alcun risultato. Due anni dopo, il 16 settembre 1803, essendo l’Italia indipendente dalla Francia e quindi esclusa dal concordato del 1801, fu firmato un nuovo accordo tra Stato e Chiesa che rimarcasse quello francese. Nel maggio del 1804 Napoleone si incoronò Imperatore dei Francesi e Pio VII decise di recarsi personalmente a Parigi, poiché ritenne opportuno incontrare direttamente il nuovo sovrano per cercare di ottenere qualche concessione, anche se di poco conto. Poco dopo, nel 1805, il Bonaparte si proclamò re del Regno d’Italia (come un nuovo Carlo Magno), dovette però rinunciare al proposito di trattenere stabilmente il pontefice a Parigi o ad Avignone poiché Pio VII , previdente, aveva già firmato un documento nel quale affermava che, nella circostanza in cui fosse stato obbligato a rimanere sul suolo francese, avrebbe abdicato. In conseguenza di ciò si aprì definitivamente il conflitto tra Napoleone e il pontefice, il quale, negli anni successivi, non riconobbe Giuseppe Bonaparte, fratello dell’imperatore francese come re di Napoli e non aderì al blocco continentale contro l’Inghilterra. Il 2 febbraio del 1808 Napoleone fece occupare Roma che fu dapprima annessa al Regno d’Italia e in seguito direttamente all’Impero (17 maggio 1809). A questo punto Pio giocò la carta della scomunica contro gli «usurpatori del patrimonium Petri», ma la stoccata definitiva di Napoleone, che oserei definire ormai esasperato, non tardò ad arrivare: infatti, nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1809, fece assaltare il Palazzo del Quirinale, il papa fu arrestato, imprigionato nella fortezza di Savona e la maggior parte dei cardinali venne trasferita nella capitale francese. Questo rappresentò un durissimo colpo per il mondo ecclesiastico poiché riportava alla memoria la tragica vicenda di Pio VI che, come già detto, dopo essere stato imprigionato, morì esiliato in Francia. Essendo il papa riluttante a concedere a Napoleone la facoltà di investire i vescovi, aumentò il numero delle sedi vacanti e si ritenne necessario convocare un Concilio dell’Impero, con il quale si decretò che la nomina dei vescovi spettava agli arcivescovi metropoliti, nel caso in cui il pontefice non l’avesse conferita ai candidati scelti direttamente dall’imperatore. Il 20 settembre 1811 Pio VII, che era sempre più oppresso dalla prigionia e dalla malattia, acconsentì. Napoleone sembrava uscire vittorioso dai contrasti: ne era pienamente soddisfatto. Così ordinò la deposizione di molti vescovi, oltre che l’incarcerazione di alcuni altri, revocò il concordato e trasferì il pontefice a Fontainebleau dove, il 25 gennaio del 1813, fu costretto (sempre a causa delle sue precarie condizioni di salute) a firmare il Concordato di Fontainebleau. Questo nuovo documento sancì la rinuncia indiretta del papa allo Stato della Chiesa e regolamentò l’istituzione canonica dei vescovi secondo le decisioni del concilio nazionale di Parigi. Tuttavia, due mesi dopo, il papa con una lettera all’imperatore ritrattò il concordato ritenendo che la firma fosse soltanto l’effetto di un momento di debolezza. Intanto, nell’ottobre del 1813, Napoleone subì una pesante sconfitta a Lipsia e fu quindi costretto ad intraprendere una difficile ritirata fino in Francia: l’Impero costruito dal generale corso era alle battute finali. L’anno seguente Bonaparte dovette finalmente disporre la liberazione del papa, che si ristabilì definitivamente a Roma il 7 luglio del 1815, quando le potenze europee sconfissero definitivamente l’imperatore.

Alla luce di quanto detto emerge come Napoleone fosse pienamente a conoscenza dell’enorme potere che la Chiesa esercitava ancora sulle campagne francesi, nonostante la rivoluzione, e sapeva di certo che per poter governare lo Stato, doveva possedere nelle sue mani tale potere; Roma riuscì sempre a difendersi malgrado i vari tentativi francesi, grazie soprattutto alla tenacia e al coraggio di un papa come Pio VII che non si piegò dinanzi alla forza incontrastabile del generale corso.

 

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA

  • Il grande libro dei papivolume secondo a cura di Martin Greschat ed Elio Guerrieri, edizioni San Paolo, Roma 1994
  • Storia d’Italia Einaudi, volume terzo, Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p.A, Milano 1985