Nel Cinquecento il concetto di igiene mutò radicalmente e dalla pulizia del Secondo Medioevo si passò alla sporcizia incipriata, da cui ci si libererà solo all’inizio del XIX secolo.
Rispetto ai Romani e Greci, i rinascimentali temevano l’acqua. All’epoca le pratiche di igiene personale che implicavano l’uso di acqua erano addirittura scoraggiate, in quanto all’acqua era associata la credenza che portasse il male e quindi malattie. Questa convinzione era probabilmente legata al fatto che l’acqua dell’epoca, non essendo soggetta ad alcun tipo di filtraggio, era spesso veicolo d’infezione se usata per lavarsi o se bevuta. Non avendo grandi conoscenze microbiologiche, gli abitanti dell’epoca vedevano in tutto ciò una forma di male proveniente dal demonio, una credenza che venne fomentata anche dalla Chiesa che in quell’epoca era molto influente anche in questo campo.
Per questo motivo il bagno veniva fatto molto raramente, all’incirca una volta all’anno, prevalentemente nel mese di maggio o in coincidenza dei matrimoni che avevano luogo a giugno: divenne abitudine che le spose, per contrastare il proprio e gli altrui “aromi”, si dotassero di un bouquet di fiori profumati, tradizione che vive tuttora anche se ormai pochi ne conoscono l’origine.
I parassiti in quel tempo erano considerati parte integrante del paesaggio naturale tant’è che il gesto di spidocchiarsi l’un l’altro era considerato un gesto di tenerezza: la presenza di pulci e pidocchi si pensava nascesse da un’eccedenza di umori corporei, da traspirazioni trascurate che potevano essere tenuti a bada tenendo puliti gli abiti e cambiandoli spesso.
Nelle città e nei borghi del tempo le strade erano il ricettacolo di tutti i rifiuti degli abitanti: acque nere, scarichi delle attività artigianali, immondizia di qualsiasi natura, i quali finivano nei fiumi che spesso erano punti di approvvigionamento per l’acqua usata per bere, lavare abiti e stoviglie: infatti periodicamente esplodevano epidemie di peste e colera che dimezzavano la popolazione.
Nasce però, tra Cinquecento e Seicento, un modo di pensare alla pulizia che prescindeva quasi totalmente dall’acqua. Le persone si accontentavano di tenere ben pulite le parti del corpo più visibili come viso e mani, asciugare il sudore frizionando la pelle con un panno e una spugna profumata e a ricoprirla con cipria odorosa. Venne affidato alla biancheria il compito di assorbire sudori e secrezioni corporee, dunque al posto di lavare il corpo veniva lavata questa che, da elemento fino allora nascosto dal lungo vestito medioevale, piano piano emerse da sotto l’abito per decretare con la sua visibilità l’accettabilità formale della persona in base al candore della camicia.
Louis Savot, medico e architetto, pubblicò nel 1624 un opera sulla costruzione di castelli e dimore (L’architecture françoisedes bastimens particuliers) nella quale afferma che, a differenza degli antichi, si può fare a meno di prevedere i bagni nelle nuove costruzioni, perché “l’uso della biancheria ci permette oggi di tenere pulito il nostro corpo più comodamente di quanto potessero fare gli antichi con i bagni”.
Tra il 1660 e il 1700 Andavano infatti in voga le parrucche; queste venivano realizzate utilizzando i capelli di persone defunte. Siccome all’epoca l’abitudine di lavarsi i capelli era piuttosto rara, le parrucche avevano spiacevoli sorprese, ossia erano infestate dai parassiti più disparati. Le conseguenze erano malattie della pelle e fastidiosi pruriti.
Sul finire del Settecento la maggior parte della popolazione che andava ammassandosi nei grandi centri doveva subire una situazione urbana sempre più deteriorata per la presenza sulle strade di immondizia maleodorante nella quale veniva individuata la causa di epidemie. Gli storici cambiamenti indotti dagli avvenimenti rivoluzionari e le mutate condizioni economiche portarono a riconoscere nella salute della popolazione un valore sociale da tenere in conto e proteggere attraverso provvedimenti legislativi, strutture pubbliche organizzate e cominciando a considerare l’importanza della qualità dell’ambiente urbano. Perciò sotto la spinta delle idee illuministe che l’epopea napoleonica contribuirà a diffondere in tutta Europa, il termine “igiene” non indicava solo la salute, ma anche l’insieme degli accorgimenti e delle conoscenze che ne favoriscono.
A VERSAILLES
La totale mancanza di pulizia e igiene, aveva reso incredibilmente difficile viverci dentro. Una puzza nauseabonda si avvertiva in ogni stanza o salone e non esisteva la privacy poiché a Versailles non c’erano corridoi, quindi per andare da una stanza ad un’altra bisognava attraversare anche quelle che le separavano.
Il Re venne perseguitato da ogni genere di malattia e disturbo. I nobili facevano i loro bisogni in qualunque sala o camera si trovassero, si pulivano il naso con i tendaggi. In poche parole l’igiene non esisteva né per gli uomini né per le donne. E questo portò notevoli disagi e la presenza a corte anche di ciarlatani che provavano a curare determinati disturbi con pozioni che non servivano a nulla.
Inoltre l’acqua era ritenuta pericolosa per la salute se non bollita, infatti era inquinata, per cui un nobile poteva fare tre o quattro bagni nell’arco della propria vita come il Re sole che ne fece solo due nella sua vita e morì a 76 anni. Il lavaggio intestinale sembrava essere la cura per molti disturbi: infatti Luigi XIV non aveva nessun problema a farsi fare un clistere al cospetto di nobili e dignitari che imitarono da bravi cortigiani il suo esempio per rendersi graditi e farsi notare. E il clistere divenne una moda a Versailles.
Per molto tempo dilagò l’uso di veleni e di quelli che oggi definiamo afrodisiaci, i primi per accelerare eredità o per rendere vacanti cariche politiche, o togliere di mezzo qualche ricattatatore, i secondi perché forse ce ne era proprio bisogno data la scarsa bellezza delle dame e anche degli uomini.
Per quanto riguarda le nobildonne, non si lavavano praticamente mai le parti intime, solo le prostitute lo facevano. Ogni nobildonna era onesta e desiderabile se puzzava. Sotto il vestito la nobildonna aveva un sacchetto riempito di erbe per attirare i pidocchi che erano i veri padroni di Versailles, i quali oltre che nelle persone si trovavano anche nelle parrucche e nei letti, e anche i ratti erano in gran numero.
SITOGRAFIA
http://www.paranormalitaly.com/letat-cest-moi/
ARTICOLO DI GIORGIA STOMBOLI DELLA CLASSE IV B DEL LICEO CLASSICO
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