L’accezione rivoluzionaria della bandiera rossa nasce in Francia e risale al 1789 . In questo periodo la nazione francese era all’alba di una rivoluzione; a causa dei vari disordini, successivamente venne istituita la Guardia Nazionale, con a capo Gilbert du Motier de La Fayette.
Tutto iniziò quando l’Assemblea Nazionale decretò la legge marziale per difendersi dalla rabbia e dal malcontento del popolo. Questa legge veniva applicata in caso di guerra e consinsteva in una serie di norme che entravano in vigore per far fronte all’episodio bellico. Con queste leggi venivano sospese temporaneamente le norme usualmente in vigore in uno Stato e i tribunali militari prendevano il controllo della normale amministrazione della giustizia. Per indicare ciò, veniva issata sul municipio una bandiera rossa che, appunto, segnalava che la rivolta in atto era illegale e che chi stava partecipando sarebbe stato punito.
Tale decisione, però, non fu appoggiata da tutti. Ad esempio Jean-Paul Marat credeva che un semplice pezzo di stoffa rossa non sarebbe servito a cambiare la volontà del popolo e a fermare la rivolta.
Successivamente, il 21 giugno del 1791, il re di Francia Luigi XVI tentò di scappare insieme alla sua famiglia a causa dei disordini che si stavano creando nella nazione. La famiglia reale venne poi catturata a Varennes e ricondotta a Parigi; i cittadini, però, si sentirono traditi ed iniziarono a nutrire un sentimento di odio nei confronti del re. Tra questi era presente anche Marat, il quale sospettava che la fuga fosse stata preparata da molto tempo dai traditori dell’Assemblea Nazionale, ai quali il re aveva promesso delle ricompense.
Per cercare di risolvere la situazione, La Fayette diffuse la notizia che il re fosse stato rapito, ma questa bugia resse solamente fino a luglio dello stesso anno, quando i giornali dei Club cominciarono a scrivere la verità sulla vicenda.
Per questo si creò una grande frattura tra il popolo e il re. In seguito a ciò, il Club dei Cordiglieri, di cui facevano parte Marat e Camille Desmoulines, chiesero l’abdicazione del re. Le persone d’accordo con questo pensiero si riunirono nel Campo di Marte, il 17 luglio 1791, per firmare la petizione avviata dai Cordiglieri.
Questa vicenda, però, provocò molti disordini nella piazza, per ciò il generale La Fayette decise di issare la bandiera rossa per proclamare la legge marziale. La Fayette, quindi, ordinò alla Guardia Nazionale di sparare sulla folla, uccidendo centinaia di parigini.
I fatti di Campo di Marte provocarono un’insanabile frattura tra i moderati, monarchici costituzionali e Foglianti, e gli estremisti, Cordiglieri e Giacobini. La rottura di un equilibrio, comunque precario, che portò il potere politico a scivolare inesorabilmente nelle mani delle fazioni più radicali: tempo un anno e la Francia (fino al precipizio della convenzione di Termidoro) fu a loro disposizione: venne proclamata la repubblica, il re decapitato, inaugurato il regime del terrore. È significativo che le prime vittime illustri – solo le più illustri non le più importanti, come cercherò di spiegare più avanti – furono i due moderati ai quali proprio la presa della Bastiglia aveva consegnato Parigi e le sue più importanti cariche amministrative e militari: lo scienziato Sylvain Bailly, sindaco della città, e La Fayette che ne era il governatore militare. Il primo dopo quattro mesi di violenti attacchi politici, in particolare di Marat, fu costretto a dimettersi e a ritirarsi a vita privata, senza comunque riuscire a sottrarsi al furore rivoluzionario: fu arrestato, giudicato per tradimento e ghigliottinato.
La Fayette abbandonò la Francia quando la stessa accusa fu sollevata contro di lui, sempre da Marat, e con basi più sostanziose rispetto a Bailly. Alla ghigliottina però preferì il carcere duro che lo attendeva nell’Europa controrivoluzionaria.
La colpa di Bailly e di La Fayette non era in effetti tra le più lievi: avevano a lungo cercato l’occasione per una “fusillade” che ristabilisse l’ordine nel caos rivoluzionario, una prova di forza propedeutica al ritorno alla legalità auspicato dai ceti medi parigini. L’occasione propizia sembrò presentarsi quando seppero dei disordini scoppiati al Campo di Marte: rischiarono, la colsero e fallirono. Bailly fece innalzare la bandiera rossa sull’Hôtel de ville, che annunciava la legge marziale, e quindi si presentò di persona alle 6 e mezza nella piazza in compagnia di La Fayette e della guardia nazionale.
La folla non li prese sul serio e li accolse a sberleffi. Che cosa successe in seguito non è chiaro. Forse un colpo di pistola partito dalla folla sfiorò Bailly, seguito da una sassaiola contro la guardia nazionale: alla fine, comunque, la guardia nazionale aprì il fuoco, caricò alla baionetta e la cavalleria inseguì i fuggitivi prendendoli a sciabolate: cinquanta sediziosi rimasero sul selciato. Morti, ma non erano i primi in quel giorno tragico e gravido di conseguenze.
Arriviamo quindi ai primi eventi di quel 17 luglio 1791. Parigi era in paranoico fermento per la fallita fuga del re. Circolava una petizione promossa dai Cordiglieri per la proclamazione della Repubblica e i tavoli per firmarla erano stati posti fin dall’alba a Campo di Marte su una lunga piattaforma sopraelevata. La giornata, una bella Domenica estiva, era iniziata male: esponenti della guardia nazionale avevano ricevuto sassate e lo stesso La Fayette era stato preso di mira da un attentatore.
La firma della petizione nel campo di Marte procedeva in questo clima di tensione, quando la folla intravide qualcosa muoversi sotto la piattaforma. L’immediata ispezione portò alla scoperta di due individui “sospetti”: un giovane parrucchiere e un anziano reduce con una gamba di legno. Con loro una cesta di cibo e un trapano. I più scalmanati non ebbero dubbi: erano spie e come tali li trattarono. Vennero picchiati, impiccati e decapitati, le loro teste innalzate su pertiche, affinché tutti le potessero vedere.
Il massacro segnò un importante punto di svolta e provocò l’immediata reazione del popolo, che desiderava sbarazzarsi della monarchia costituzionale imposta con la minaccia delle armi. Pochi giorni dopo, infatti, i cittadini organizzarono un corteo per ribellarsi, utilizzando una bandiera rossa come simbolo di rivolta. La bandiera in questione conteneva la seguente frase: “La legge marziale del popolo contro la legge marziale del re“.
Questi eventi portarono al significato attuale della bandiera rossa, un simbolo di rivoluzione, un emblema populista e socialista, associato in particolare alla sinistra rivoluzionaria e alle tradizioni socialdemocratiche e sindacali.
Sitografia:
https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/legge-marziale-significato
https://it.wikipedia.org/wiki/Gilbert_du_Motier_de_La_Fayette
ARTICOLO DI LETIZIA RIVOLI DELLA CLASSE IV I DEL LICEO LINGUISTICO
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