Utopia, οὐ (“non”) e contemporaneamente ε (“buono” o “bene”), τόπος (“luogo”), è una parola coniata per la prima volta dall’inglese Thomas More (italianizzato Tommaso Moro) nella sua famosissima opera, L’Utopia, appunto. È una parola che richiama un luogo perfetto, ma inesistente, della consistenza di un bellissimo sogno. In filosofia sono state descritti molti mondi utopici, isolati dalla peccaminosa realtà, sporca e fin troppo tangibile, idilliaci, luminosi e assolutamente perfetti. Secoli prima di Moro, nell’Atene tra il 390/360 a.C., anche il filosofo greco Platone aveva descritto  una società ideale ne La Repubblica, considerata oggi la prima utopia politica.

Il genere dell’utopia tornò  in voga con la nascita della scienza politica in età post rinascimentale, delineandosi come uno dei tre rami di pensiero di questa neoscienza, insieme al binario del giusnaturalismo e del giuspositivismo. Oltre all’Utopia di Tommaso Moro del 1516, celebre è anche La città del sole di Tommaso Campanella, pubblicata nel 1602. Le due opere presentano delle somiglianze tra loro: in entrambi i casi l’intento dell’autore è quello di criticare, anche se indirettamente, la società dell’epoca e i suoi membri descrivendo una realtà parallela a quella in cui è costretto a vivere, e in tutte e due le opere, oltre che a una società politicamente e economicamente idealizzata, viene presentata anche un’umanità perfetta, sempre concordemente pronta ad amare il proprio mondo, città, cultura, e i propri ministri. L’utopia di Moro accetta tutti i culti, ma non l’ateismo, mentre La città del sole è una vera e propria utopia teocratica, basata sulla religione deista.

Ogni singolo aspetto della vita di ognuno è rigidamente controllato, dai potentissimi sifogranti in Moro, o dai temibili Pon (ministro della guerra), Sin (ministro della cultura) e Mor (ministro dell’amore) in Campanella. Questi personaggi hanno un enorme potere: non rispondono a nessuno e controllano tutte le fonti di informazione: la cultura è unica, totalitaria, e persino l’amore non è considerato un aspetto privato e proprio dell’individuo, bensì una questione di interesse pubblico! Le coppie sono decise dall’alto e anche le ore di frequentazione sono stabilite da Mor. I nuovi nati vengono selezionati su base eugenetica, come avveniva anche nella descrizione sociale de La Repubblica di Platone.

Questa ossessivo controllo di ogni sfaccettatura della vita degli abitanti, che peraltro apprezzano beati quella che noi considereremmo un’intrusione inaccettabile, e l’assoluta inesistenza di un’idea dissidente, un parere contrario, un modo di vivere che, anche senza essere necessariamente  in contrasto è semplicemente diverso da quello ufficiale, fa si che quasi nessuno che oggi legga queste descrizioni riesca a considerarle una realtà molto attraente.

Una distopia, termine che aggiunge al solito τόπος  il suffisso”δυς-” (“cattivo”), è per definizione l’opposto dell’utopia. È un nome connesso a una sensazione negativa, in quanto associato sempre a descrizioni di realtà opprimenti, soffocanti, deliranti, caratterizzate da tendenze comportamentali criticabili perché portate all’eccesso, anche se realistiche e riconducibili a molte verosimili esperienze umane. L’opera distopica più nota  è sicuramente 1984, scritta da George Orwell e pubblicata nel 1948, ma quello della distopia è un genere molto di moda negli ultimi decenni, anche in campo cinematografico: Arancia meccanica, 1971, dal regista Stanley Kubrick, e V per Vendetta, 2005, diretto da James McTeigue, ne sono due esempi.

Al contrario, è uso comune considerare la parola “utopia” appartenente a un universo onirico, luminoso e dorato. Ma in realtà utopia e distopia, almeno considerando gli esempi di Moro e Campanella, hanno più somiglianze di quanto normalmente si pensi, e la grande differenza che sentiamo esserci deriva dalla nostra percezione, basata sulle comuni connotazioni opposte dei due termini, e dalla stessa visione dell’autore, che chiamerà utopia una prospettiva positiva e distopia il suo contrario.

Ma in tutti gli esempi finora citati esiste un monismo di idee, politica, economia, amore, un unico modo di essere, di vivere, di pensare. C’è una sola percezione di massa, un unico cervello; stabiliti e rigidamente prefissati sono gli elementi che devono emozionare, altrettanto fissi e coincisi i nemici, in qualsiasi campo, cui è necessario indirizzare l’odio, e tutto ciò è ottenuto tramite il controllo totale del potere sull’individuo, e la cancellazione della sua sfera personale. Esempio di quanto la definizione positiva o negativa dipenda dall’aspetto che si prende in considerazione è la realtà storica di Sparta: è considerata da molti un’utopia militaristica, ma, vista dal punto di vista degli Ateniesi, l’organizzazione sociale e politica della città è considerata alla stregua di una distopia.

 Anche l’intento di utopia e distopia è simile: criticare la realtà, nel primo caso tramite un paragone con un mondo perfetto, nel secondo con la minacciosa prospettiva di un futuro assai prossimo dominato dalla paura, come a prevedere le conseguenze della perpetuazione o esagerazione di comportamenti giudicati esecrabili dall’autore.

«Esiste come esisto io?» «Tu non esisti»

1984 si svolge in una Londra futura, capitale di Oceania, uno dei tre maxistati in cui è suddiviso globo terrestre. Politicamente esiste solo un partito, il Socing, al cui vertice capeggia la misteriosa figura del Grande Fratello, di cui dubbia è la reale persona ma il cui volto, rappresentato da Orwell con un misto dei tratti somatici di Hitler, Stalin e Kitchener, appare minaccioso nei grandi manifesti appesi in tutta la città, accompagnato dall’iconico slogan BIG BROTHER IS WATCHING YOU. La società è suddivisa in tre classi: i membri del Partito Interno, coloro che detengono il potere assoluto su ogni cosa o persona; i membri del Partito Esterno, formato da burocrati e funzionari subalterni, al quale appartiene anche Winston Smith, il protagonista del libro, impiegato nel Ministero della Verità.

Il Ministero della Verità (Miniver, in neolingua) differiva in maniera sorprendente da qualsiasi altro oggetto che la vista potesse discernere. Era un’enorme struttura piramidale di cemento bianco e abbagliante che s’innalzava, terrazza dopo terrazza, fino all’altezza di trecento metri. […] Sparsi qua e là per Londra vi erano altri tre edifici di aspetto e dimensioni simili. Facevano apparire talmente minuscoli i fabbricati circostanti, che dal tetto degli Appartamenti Vittoria li si poteva vedere tutti e quattro simultaneamente. Erano le sedi dei quattro Ministeri fra i quali era distribuito l’intero apparato governativo: il Ministero della Verità, che si occupava dell’informazione, dei divertimenti, dell’istruzione e delle belle arti; il Ministero della Pace, che si occupava della guerra; il Ministero dell’Amore, che manteneva la legge e l’ordine pubblico; e il Ministero dell’Abbondanza, responsabile per gli affari economici. In neolingua i loro nomi erano i seguenti: Miniver, Minipax, Miniamor e Miniabb. Fra tutti, il Ministero dell’Amore incuteva un autentico terrore. Era assolutamente privo di finestre. Winston non vi era mai entrato, anzi non vi si era mai accostato a una distanza inferiore al mezzo chilometro. Accedervi era impossibile, se non per motivi ufficiali, e anche allora solo dopo aver attraversato grovigli di filo spinato, porte d’acciaio e nidi di mitragliatrici ben occultati. Anche le strade che conducevano ai recinti esterni erano pattugliate da guardie con facce da gorilla, in uniforme nera e armate di lunghi manganelli.

I cittadini che non fanno parte del Socing sono classificati in massa come Prolet, rappresentano la forza lavoro, non hanno voce in capitolo su nulla, sono poveri, ignoranti, ma proprio per la loro irrilevanza godono di maggiori libertà rispetto ai membri del partito, che invece sono costantemente sotto lo stretto controllo della temutissima e misteriosissima psicopolizia, nell’inglese originale Thought Police. Il nome dice tutto quello che c’è da sapere sul compito della psicopolizia e in generale sul modo in cui è organizzato il potere del Socing: il controllo assoluto della persona, controllo fisico ma soprattutto mentale: i grandi teleschermi per spiare i membri del partito sono posizionati dappertutto, occhi attenti pronti a individuare qualsiasi traccia di un comportamento contrario o dissidente dall’ortodossia del Socing. Un solo sguardo che denunci individualismo può bastare a tradirti: non serve ribellarsi, è sufficiente pensare di ribellarsi, o anche solo considerare distrattamente che possa esistere una ribellione, o pensare di non odiare la sola idea di una ribellione a condannarti.

La pena per chi commette psicoreato è la completa eliminazione del  colpevole. Oltre che a toglierne dalla circolazione il corpo, la psicopolizia si occupa anche della cancellazione totale di ogni traccia che l’individuo si è lasciato alle spalle, eliminando ogni prova fino ad affermare addirittura che quella persona non è mai esistita.

Le conseguenze del pensare eterodossamente sono note a tutti, ma qui avviene il grande trucco, quella che forse è la più potente arma a disposizione del Partito: il bispensiero.

“Orthodoxy means not thinking — not needing to think. Orthodoxy is unconsciousness”

Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia è inconsapevolezza.

Ogni parola che potrebbe tradurre un pensiero ribelle viene metodicamente eliminata dal vocabolario comune e sostituita in neolingua (la lingua ufficiale dell’Oceania) con il termine psicoreato; pensare a uno psicoreato ti rende automaticamente colpevole di questo, ma ufficialmente non esistono dissidenti interni al partito. La voce del partito corrisponde alla verità, all’ortodossia, così che, inconsapevolmente, l’individuo, con un continuo esercizio di autonegazione dell’ovvio, si rende impossibile formulare un pensiero eterodosso. Uscire da questo circolo vizioso sembra facile, ma le implicite conseguenze di un tale gesto favoriscono la peraltro convintissima autonegazione della realtà, anche alla luce delle eclatanti contraddizioni presenti nella voce del Grande Fratello. Il passato, ad esempio, non è una certezza; esso non è che un mezzo per controllare il presente, può essere modificato a uso e consumo del potere, che avendo il monopolio della verità ha vita facile nel gettare in pasto al popolo qualsiasi menzogna che lo metta sempre nella posizione più vantaggiosa in qualsiasi controversia esterna.

“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”.

La cosa più grottesca, la chiave del mantenimento del potere del Socing è questa: il popolo ama, DEVE AMARE il Grande Fratello. È essenziale. Amore assoluto per il Big Brother e odio cieco verso il nemico, individuato nella potenza esterna contro cui l’Oceania è in guerra quel giorno e nella figura di Emmanuel Goldstein, fantomatico capo dell’odiosissima Fratellanza, un’organizzazione composta dai nemici del partito. Goldstein, in linea con lo scopo di critica ai totalitarismi, è rappresentato coi lineamenti ebraici ed è ispirato al principale nemico politico di Stalin, Lev Trotsky.

Grande attenzione è posta nel mantenere vivi e in equilibrio le due correnti emotive, l’odio e l’amore: la delirante ammirazione per il Grande Fratello va manifestata in ogni occasione ufficiale, mentre durante ogni giornata lavorativa viene dedicato un breve ma intensissimo momento in cui l’odio verso Goldstein e i nemici viene sfogato nella forma più selvaggia possibile: i Due minuti d’Odio, una manifestazione di isteria collettiva in cui la rabbia cieca e implacabile della folla trascina tutti nel delirio, che porta il pubblico in escandescenze a urlare e lanciare oggetti contro il teleschermo su cui sono proiettate immagini della guerra, o ritratti del Mostro (Goldstein), accompagnate da suoni sgradevolissimi, fastidiosissimi, odiosissimi. Questo sfogo è fondamentale, serve a fornire alla folla inferocita un capro espiatorio cui indirizzare la rabbia repressa nello sforzo di amare alla follia il partito.

Tutto è controllo. Il sesso è solo il modo per fare figli, è un dovere verso il Partito, nulla di più. Il fine di qualsiasi azione e pensiero è il mantenimento dell’equilibrio sociale e politico. Tutto deve rimanere così, per sempre.

 “Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere”.

“Il problema parve risolversi col mantenere in moto le ruote dell’industria senza tuttavia che si accrescesse la reale ricchezza del mondo. I beni dovevano essere prodotti, ma non dovevano essere distribuiti. Ed in pratica, l’unico modo per raggiungere quel risultato era di mantenersi perpetuamente in guerra. L’atto essenziale della guerra non consisteva tanto nella distruzione di vite umane quanto nella distruzione dei prodotti del lavoro umano.”

“Lo scopo per cui si inizia una guerra è sempre quello di trovarsi in una posizione migliore al momento di iniziare la successiva.”

La narrazione del libro si sviluppa intorno alla storia del protagonista  Winston Smith, e alla sua lenta presa di consapevolezza della follia del mondo in cui vive. Il suo incontro con Julia, la scoperta dell’amore inteso anche come piacere fisico, lo sviluppo da parte dei due di pensieri critici e ribelli che erano impossibili da formulare nell’isteria oppressiva del Ministero della Verità in cui entrambi lavorano, ma che, nella stanzetta nascosta nei quartieri Prolet dove si sono creati un piccolo rifugio, nascosto agli occhi dei teleschermi, finalmente vengono fuori.

Nessuno dei due compie alcun atto rivoluzionario. Si limitano a vivere una dimensione vera e viva, che appartiene solo a loro due. Ma non fanno in tempo a tradurre i pensieri in azioni e a mettersi in contatto con un possibile membro della Fratellanza che subito vengono traditi e arrestati, e portati nelle celle di tortura nelle profondità del Ministero dell’Amore. Entrambi si aspettavano questa fine: erano consapevoli che quello era l’unico modo in cui poteva finire la loro eterodossia, l’unico finale plausibile. La questione non era se fossero stati catturati, ma quando.

 A Winston e a Julia vengono inflitte infinite torture, per mezzo dei più sofisticati strumenti tecnologici per provocare dolore. Ma lo scopo dei torturatori non è la sofferenza fisica, bensì sradicare dalla vittima ogni piccolo seme o radice che lo avesse portato all’eterodossia. Non vogliono ucciderlo: vogliono aggiustarlo, costringendolo a tradire se stesso e soprattutto quella che ama. Non solo a parole: vogliono che l’amore per chiunque non sia il Grande Fratello non esista più, vogliono rivoltare i meandri della mente in cui si è conservata un minimo di coscienza.

 “Ma se lo scopo non fosse stato quello di restare in vita ma di restare uomini, che differenza avrebbe fatto, alla fine dei conti? Non avrebbero potuto alterare i sentimenti: a questo riguardo non ci si poteva nemmeno alterare da se stessi, anche se si fosse voluto. Avrebbero potuto analizzare e mettere su carta, nei minimi particolari, tutto quello che s’era fatto, s’era detto e s’era pensato; ma l’intimità del cuore, il cui lavorio è in gran parte un mistero anche per chi lo possiede, restava imprendibile.”

Questa è la convinzione con cui Winston e Julia sono entrati in carcere. Il finale è amaro, e chiunque abbia letto 1984 difficilmente scorderà le parole con cui si chiude il libro.


Intervista a George Orwell:
https://www.youtube.com/watch?v=9k_ptxWsadI


Fonti:
1984, George Orwell
Arancia meccanica, Stanley Kubrick
V per Vendetta, James McTeigue
http://www.museoalessandroroccavilla.it/2020/11/28/tommaso-campanella-la-citta-del-sole-2/
http://www.museoalessandroroccavilla.it/2020/11/29/il-sogno-umanista-di-tommaso-moro/

https://it.wikipedia.org/wiki/1984_(romanzo)
https://it.wikipedia.org/wiki/Emmanuel_Goldstein
https://it.wikipedia.org/wiki/Utopia


ARTICOLO DI TERESA PIDELLO DELLA CLASSE IV B DEL LICEO CLASSICO