I Pitagorici erano sostenitori della sintesi degli opposti, o pensiero polare, ossia credevano che gli elementi opposti avessero un senso. Non esisteva un contrario rispetto ad un altro elemento poiché i due componenti si compenetravano. Ad esempio, la notte e il giorno sono opposti in quanto la prima è l’assenza di luce, il secondo la presenza dei raggi solari, tuttavia hanno senso entrambi poiché creano una sintesi: la giornata.
E cosa esprime al meglio il pensiero polare se non la musica? I Pitagorici l’amavano perché derivava dall’opposizione di suoni, dall’opposizione di due o più elementi, ad esempio delle corde con l’archetto (se si tratta di uno strumento a corde strofinate). La parola chiave infatti con cui si può riassumere l’intuizione Pitagorea è “armonia”, in senso etico, matematico e musicale. Pitagora di Samo insegnava musica e comprese il nesso tra questa materia e la matematica, la geometria e la vita stessa.
Pitagora scoprì gli intervalli tra le note grazie al rapporto di numeri razionali
Una scala musicale è una successione di un numero di suoni che dividono l’intervallo di ottava in otto parti. Studiando la musica, Pitagora scoprì come le altezze dei suoni fossero legate fra loro da rapporti di numeri interi, ovvero di numeri razionali. Si dice che le scoperta avvenne percuotendo un’anfora ripiena d’acqua che poi, riempita ulteriormente, emetteva la stessa nota ma più acuta. É più probabile però che l’intuizione di Pitagora venne dopo aver visto un fabbro che martellava il ferro con mazze di grandezze diverse: tra i tintinnii che venivano prodotti dai colpi alcuni risultavano più gradevoli di altri. Così Pitagora scoprì che i martelli, i cui pesi stavano in precisi rapporti matematici, producevano dei suoni consonanti, cioè gradevoli. Le consonanze fra i suoni furono studiate dai pitagorici analizzando quelli prodotti dal monocordo, uno strumento costituito da una corda tesa tra due estremi fissi e al di sotto di questa scorreva un ponticello che divideva la corda in due segmenti di lunghezza variabile. Ascoltando il suono prodotto da questi due segmenti di corda, secondo i pitagorici si otteneva un suono consonante quando, dal rapporto tra le misure dei due segmenti, vi era una frazione costituita da due numeri interi piccoli. Da ciò si ottennero gli intervalli dei suoni consonanti, sulla base sempre di rapporti matematici: se il ponticello era posto a metà della lunghezza della corda e si pizzicava solo una delle due parti si otteneva una nota di un’ottava superiore. Se invece il ponticello era ai due terzi si otteneva l’intervallo di quinta giusta; qualora fosse ai tre quarti si aveva un intervallo di quarta giusta. Pitagora quindi ottenne intervalli consonanti dal rapporto di due numeri dall’uno al quattro, ossia i numeri appartenenti alla sacra tetraktis (il simbolo sacro per i pitagorici).
In seguito crearono le scale partendo dai rapporti numerici corrispondenti agli intervalli di ottava, quinta e quarta giusta e, dopo aver scelto una nota di riferimento, iniziarono a generare le note successive.
L’armonia delle sfere celesti
La natura dell’armonia sta nella musica: i rapporti musicali esprimono la natura dell’armonia universale e sono utilizzati dai corpi celesti come modello. Dato che ogni oggetto se si muove velocemente produce un suono, questo accade anche alle sfere del cielo (fatte muovere da Apollo), che generano una serie di toni che nel complesso formano un’ottava, l’ “armonia delle sfere”. Gli uomini però non li percepiscono perché le loro orecchie non sono in grado di udirli e poiché sono troppo indaffarati per tentare di ascoltare questa musica. Si può quindi paragonare lo spazio ad un’orchestra: Apollo è il direttore che conduce i corpi celesti i quali, muovendosi, “suonano”. Pitagora inoltre calcolò le distanze fra i pianeti dal centro dell’universo usando le stesse proporzioni utilizzate con il monocordo per trovare gli intervalli, scoprendo che erano gli stessi: i suoni più acuti erano prodotti da Saturno e dalle stelle fisse, mentre il sole corrispondeva alla nota centrale.
Si può notare così quanto la musica secondo il filosofo Pitagora non fosse solo legata alla matematica e alla geometria, ma anche all’astronomia, ossia quella scienza che generò il mondo e l’universo.
In conclusione, la musica era considerata dai pitagorici l’elemento su cui si fondava l’universo, sui cui si fondava la vita.
Sitografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_tra_musica_e_matematica
https://www.lanaturadellecose.it/sonia-cannas-289/matematica
292.htmlhttps://it.wikipedia.org/wiki/Musica_delle_sfere
https://rossellatirimacco.com/2019/01/21/il-canto-del-cosmo
ARTICOLO REDATTO DA CERRI MICHELLE DELLA CLASSE III A DEL LICEO CLASSICO
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