Thomas Hobbes nato a Westport nacque nel villaggio di Westport, presso Malmelsbury, nel Wiltshire, in Inghilterra, il 5 aprile 1588 con un parto avvenuto prematuramente perché la madre era spaventata per le notizie che davano imminente l’arrivo dell’Invincibile Armada spagnola sulle coste inglesi. Suo padre, parroco di Charlton e Westport, fu licenziato dalla parrocchia e abbandonò la famiglia, lasciando i suoi tre bambini alla cura del fratello maggiore Francis.
Hobbes ricevette l’istruzione elementare nel 1592 nella chiesa di Westport, nel 1594passò alla scuola di Malmesbury e, poi, ad una privata per lo studio del greco e del latino sotto la guida di un giovane chiamato Robert Latimer, diplomatosi all’Università di Oxford Hobbes intorno al 1601-2 con l’aiuto dello zio Francis, entrò nella Magdalen Hall quando era retta dal preside puritano John Wilkinson, il quale ebbe una qualche influenza su Hobbes interessandosi ai suoi studi.
Dopo aver conseguito il baccalaureato delle Arti (1608), Hobbes si iscrisse all’università di Cambridge, ma non risulta che abbia seguito le lezioni dei corsi, poiché si sentiva poco attratto dall’insegnamento scolastico. Non completò il suo corso, ma fu raccomandato da Sir James Hussee, il suo insegnante al Magdalen Hall, come tutore di William, figlio di William Cavendish , barone di Hardwick (e più tardi duca del Devonshire), e cominciò una relazione durata tutta la vita con quella famiglia.
è stato un filosofo, matematico e sostenitore della dottrina del diritto naturale e autore nel 1651dell’opera di filosofia politica “Il Leviatano”. Oltre che di teoria politica si interessò e scrisse anche di storia, geometria, etica ed economia.
I viaggi in Europa
Hobbes divenne amico del giovane William e presero entrambi parte ad un gran tour, un viaggio d’istruzione tipico della ricca nobiltà inglese di quei tempi, nel 1610. Durante il tour, Hobbes incontrò Fulgenzio Micanzi, amico di Sarpi e di Galileo, venendo in contatto con i metodi scientifici e critici europei, in contrasto con la filosofia scolastica che aveva appreso ad Oxford.
I suoi interessi, in quel tempo, erano indirizzati ad un attento studio degli autori classici greci e latini, il che ebbe come conseguenza la sua traduzione de di Tucidide, la prima in lingua inglese. Hobbes credeva che il resoconto di Tucidide della guerra del Pelopponneso dimostrasse come un governo democratico fosse indesiderabile, poiché non sarebbe sopravvissuto ad una guerra né avrebbe fornito stabilità.
Sebbene frequentasse personaggi del mondo letterario come Ben Jonson quali Francesco Bacone (di quest’ultimo divenne segretario dal 1621 alla sua morte nel 1626), non estese i suoi studi alla filosofia fino a dopo il 1629.
Il suo protettore, Cavendish, allora conte del Devonshire, morì di peste nel giugno 1628. La contessa vedova licenziò Hobbes, che trovò lavoro come tutore del figlio di Sir Gervase Clifton, che accompagnò nel suo viaggio in Europa, durante il quale visitarono Francia e Svizzera, ma non l’Italia dove infuriava la guerra.
Questo incarico, perlopiù svolto a Parigi, terminò nel 1631, quando tornò a lavorare presso la famiglia dei Cavendish, facendo da tutore al figlio del suo precedente alunno. Durante i successivi sette anni, oltre a dare lezioni private, estese la sua conoscenza della filosofia, incontrandosi durante il suo terzo viaggio (1634) in Europa con importanti personaggi della cultura del suo tempo. Durante la visita a Firenze nel 1636, presso Arrcetri incontrò Galileo. e a Parigi divenne un regolare frequentatore dell’Academia Parisiensis fondata dal frate Marin Mersenne e frequentata anche da Pierre .
Con padre Mersenne Hobbes ebbe un rapporto di reciproca stima ed amicizia, che negli anni seguenti porterà a una fruttuosa collaborazione. Hobbes stesso scrisse del convento dei frati minori di padre Mersenne come «il polo intorno al quale girano tutte le stelle del mondo della scienza».
Gli incontri avvenuti con l’ambiente scientifico parigino e con l’opera e la persona stessa di Galilei lo motivarono in quel periodo a progettare di costruire una dottrina filosofica sistematica, che ebbe una lunga elaborazione con l’opera Elementa philosophiae, divisa in tre parti, De corpore, De homine, De cive (fisica, antropologia, politica), per dimostrare come i fenomeni fisici fossero universalmente spiegabili in termini meccanicisti di moto.
La fuga a Parigi
Quando Hobbes tornò in patria nel 1636, trovò un paese lacerato dai dissidi sociali. Tuttavia, prima che il processo rivoluzionario si avviasse con l’istituzione del Corto Parlamento, Hobbes aveva scritto non solo il suo Human Nature, ma anche il De corpore politico, che furono pubblicati insieme dieci anni più tardi con il titolo The Elements of Law; ciò significa che le sue idee politiche iniziali non erano influenzate dalla guerra civile inglese.
Quando nel novembre 1640 il Lungo Parlamento succedette al Corto, Hobbes si sentí un uomo in pericolo per le idee espresse nel suo trattato e fuggì a Parigi, dove rimase per undici anni. A Parigi riprese a frequentare il circolo di Mersenne e scrisse una critica delle Meditazioni metafisiche di Descartes, che fu stampata come terza nel gruppo delle Obiezioni in appendice, con le Risposte di Descartes nel 1641. Un’altra serie di osservazioni su opere di Descartes ebbe l’effetto di segnare la fine della corrispondenza fra i due.
Hobbes sviluppò ulteriormente il proprio lavoro, lavorando sulla terza parte, il De Cive, che fu completato nel novembre 1641. Sebbene all’inizio circolasse solo privatamente, il libro ebbe una buona accoglienza. Hobbes ritornò al lavoro sulle prime due sezioni dell’opera e pubblicò poco, ad eccezione di un breve trattato sull’ottica (Tractatus opticus), incluso tra i trattati scientifici pubblicati da Mersenne come Universae geometriae mixtaeque mathematicae synopsis nel 1644. Si costruì una buona reputazione tra i circoli filosofici e nel 1645fu scelto, insieme a Descartes, Gilles Personne de Roberval ed altri, per giudicare la controversia tra John Pell e Longomontanus sul problema della quadratura del cerchio.
Il ritorno in Inghilterra
Quando la guerra civile inglese scoppiò nel 1647 e la causa monarchica iniziò a declinare dalla metà del , ci fu un esodo verso l’Europa da parte dei sostenitori del re. Molti si spostarono a Parigi ed ebbero contatti con Hobbes. Questo rivitalizzò l’interesse politico di Hobbes e il De Cive fu ripubblicato e distribuito più diffusamente. La stampa fu iniziata nel 1646 da Samuel de Sorbiere presso l’editore Elzevier di Amsterdam, con una nuova prefazione e alcune nuove note in risposta alle obiezioni ricevute.
Nel 1647 Hobbes fu assunto come istruttore di matematica per il giovane Carlo, principe del Galles che era giunto da Jersey verso luglio. Questo impegno durò fino al 1648, quando Carlo si trasferì in Olanda. Nel 1647 Hobbes ebbe una seria malattia che lo tenne in grave pericolo di vita sino al 1648 Una volta ripresosi tradusse in inglese le sue precedenti opere scritte in latino. Complice la compagnia dei sostenitori del re in esilio a Parigi, Hobbes decise di scrivere un libro in inglese per esporre la propria teoria sul governo in relazione alla crisi politica causata dalla guerra.
Lo Stato, pensava ora Hobbes, può essere visto come un grande uomo artificiale o come un mostro (Leviatano), composto da uomini e la sua storia è un fil rouge che procede dalla nascita, dovuta alla necessità di soddisfare la sopravvivenza degli uomini, fino alla dissoluzione, che passa dalla guerra civile scatenata dalle umane passioni. Il libro, la cui prima edizione fu pubblicata con il titolo Leviathan, or The Matter, Form and Power of a Common-wealth Ecclesiastical and Civil, si chiudeva con una Conclusione generale, dove la guerra civile era vista come diritto dell’individuo di trasgredire la propria lealtà politica quando il sovrano non fosse più in grado di difendere la vita dei suoi sudditi.
Nel 1650, per preparare la strada al suo magnum opus, consentì la pubblicazione del suo primo trattato, diviso in due volumetti separati. Nel 1651 pubblicò la sua traduzione del De Cive con il titolo di The Elements of Law, Natural and Politic.
Nel frattempo proseguiva il lavoro di stampa della sua opera principale, che apparve infine verso la metà del 1651, con il titolo di Il Leviatano, o La materia, la forma e il potere di uno stato ecclesiastico e civile, e con in prima pagina una famosa incisione in cui, dietro delle colline sovrastanti un paesaggio, torreggiava dalla vita in su il corpo, costituito da piccole figure di esseri umani, di un gigante coronato, con in mano una spada e un past, simboli del potere politico e religioso, simbolo della sua concentrazione politica. Lo spirito secolarista del libro di Hobbes irritò profondamente sia gli anglicani che i cattolici francesi, tanto che, anche per la rottura dei rapporti con i realisti esiliati, Hobbes fu costretto a chiedere protezione al governo rivoluzionario inglese che, quando Hobbes tornò a Londra nell’inverno del 1651, gli concesse di ritirarsi a vita privata in Fetter Lane, tornando alla corte della famiglia Cavendish.
Controversie
Con Bramhall
A questo punto Hobbes si dedicò a completare la trattazione fondamentale del suo sistema filosofico pubblicando il De Corpore nel 1655. Nello stesso anno un trattatello Sulla libertà e la necessità era stato dato alle stampe dal vescovo John Bramhall e indirizzato a Hobbes.
Bramhall, un convinto Arminiano aveva incontrato Hobbes e discusso con lui, e in seguito aveva scritto le proprie opinioni inviandogliele in forma privata ed Hobbes gli aveva risposto nello stesso modo, per lettera, ma un suo conoscente francese si era impossessato di una copia della risposta, pubblicandola poi con una “premessa stravagantemente elogiativa”.
Bramhall replicò nel 1655, quando diede alle stampe l’intera loro corrispondenza (con il titolo di Difesa della vera libertà delle azioni umane dalla necessità antecedente o estrinseca). Nel 1656 Hobbes pubblicò le sue Questioni circa la libertà, la necessità e il caso, in cui replicava “con una forza impressionante” al vescovo esponendo chiaramente la dottrina del determinismo, segnando una tappa importante nella storia della controversia sul libero arbitrio. Il vescovo scrisse ancora nel 1658, senza che Hobbes replicasse, le Critiche alle riprovazioni del signor Hobbes, cui incluse una voluminosa appendice intitolata La cattura del Leviatano, la grossa balena.
Con Wallis
Oltre alla controversia con Bramhall, Hobbes nel 1655 si impegnò in un dibattito polemico con altri critici del suo pensiero. Nel Leviatano aveva attaccato il sistema delle università. Nel 1654 Seth Ward (1617-1689), professore Savilliano di astronomia, rispose nel suo Vindiciae academiarum agli assalti di Hobbes e di altri, (specialmente John Webster), sul sistema accademico.
Gli errori contenuti nelle parti matematiche del De Corpore, facilitarono le critiche da parte di John Wallis, professore Saviliano di geometria, che nel suo Elenchus geometriae Hobbianae, pubblicato nel 1655 contestava il tentativo superficiale di Hobbes di porre i fondamenti delle scienze matematiche nel corpo generale delle conoscenze esatte. Hobbes rimosse alcuni dei più gravi errori esposti da Wallis, ma lo attaccò nella serie delle Six Lessons to the Professors of Mathematics (Sei lezioni ai professori di matematica) nel 1656.
Wallis ebbe vita facile nel difendersi dalle critiche di Hobbes, approfittò inoltre della traduzione inglese del De cive per confrontarsi un’altra volta con lui sui suoi errori in matematica. Hobbes rispose con Marks of the Absurd Geometry, Rural Language, Scottish Church Politics, and Barbarisms of John Wallis, Professor of Geometry and Doctor of Divinity (Segni della assurda geometria, linguaggio rurale, politica della chiesa scozzese, e del barbarismo di John Wallis, professore di Geometria e dottore in Teologia). La disputa fu facilmente conclusa da Wallis con la risposta (Hobbiani puncti dispunctio, 1657). Hobbes infine si rifugiò nel silenzio mettendo fine alla polemica.
Hobbes pubblicò, nel 1658, la parte finale del suo sistema filosofico, completando lo schema pianificato oltre 20 anni prima e Wallis nel frattempo aveva pubblicato altre opere, in particolare un trattato esteso sui principi generali del calcolo. Hobbes riaccese la diatriba. Decise nuovamente di attaccare i nuovi metodi di analisi matematica e nella primavera del 1660, riuscì a raccogliere le sue critiche e posizioni in cinque dialoghi con il titolo Examinatio et emendatio mathematicae hodiernae qualis explicatur in libris Johannis Wallisii, con un sesto dialogo che consisteva interamente di settanta e passa asserzioni sul cerchio e la cicloide.
Wallis, comunque, non reagì alla provocazione. Hobbes fece un ulteriore tentativo di suscitare le sue reazioni, avendo risolto, come credeva, un altro problema antico: la duplicazione del cubo. Fece pubblicare la sua soluzione anonimamente in francese, per depistare i suoi critici. Non appena Wallis pubblicamente contestò la soluzione, Hobbes ne affermò la paternità e, in forma modificata, la ripubblicò nel 1661 con i propri commenti posti alla fine di un dialogo latino, il Dialogus physicus, sive De natura aeris, dove difendeva la sua dottrina filosofica e attaccava Robert Boyle e altri amici di Wallis, che erano in procinto di riunirsi in una società per le ricerche sperimentali (che sarebbe divenuta la Royal Society nel 1662).
Il metodo di ricerca della fisica, diametralmente opposto a quello esposto nel De Corpore, gli attenti esperimenti contenuti nel trattato di Boyle New Experiments touching the Spring of the Air (1660), che Hobbes aveva scelto di attaccare come manifesto dei nuovi “accademici”, gli apparvero come una semplice conferma dei risultati che egli stesso aveva già ottenuto anni prima, partendo da principi speculativi. A questa diatriba Boyle rispose rapidamente con fermezza e dignità, ma fu soprattutto la risposta di Wallis a sortire effetto con la satira Hobbius heauton-timorumenos (166).
Hobbes da allora si tenne per qualche anno lontano da controversie scientifiche; comunque, in risposta agli attacchi più personali Hobbes scrisse una lettera su se stesso in terza persona, Considerazioni sulla Reputazione, Lealtà, Maniere e Religione di Thomas Hobbes. In questo scritto biografico raccontò di se stesso e delle “Piccole storie durante il tempo della tarda ribellione” di Wallis, con tanta efficacia che questi rinunciò a replicare.
Con i geometri
Dopo alcuni anni, Hobbes entrò in un terzo periodo di controversie, che si trascinò fino a quando raggiunse i novant’anni, iniziato con la pubblicazione nel 1666 del De principiis et ratiocinatione geometrarum, che era un attacco ai professori di geometria. Tre anni più tardi, riassunse i suoi risultati matematici in Quadratura circuli, Cubatio sphaerae, Duplicitio cubii, che furono confutati, ancora una volta da Wallis e che Hobbes ristampò con una risposta alle obiezioni. Lo scambio polemico continuò in altri numerosi scritti fino al .
Ultimi anni di vita
Il re Carlo, che era stato suo allievo, non dimenticò Hobbes che fu chiamato a corte ed ebbe assegnata una pensione. Nel 1666 la Camera dei Comuni introdusse un progetto di legge contro l’ateismo e la profanità e il 17 ottobre fu istituita una commissione che «avrebbe dovuto essere autorizzata a ricevere informazioni riguardanti tali libri che sono inclini all’ateismo, alla blasfemia e alla profanità… in particolare… il libro del Sig. Hobbes chiamato il Leviatano.»
Hobbes fu terrorizzato dalla prospettiva di essere etichettato come eretico e bruciò alcune delle sue carte più compromettenti. Nello stesso tempo in tre brevi dialoghi aggiunti come un’Appendice alla sua Traduzione latina del Leviatano, pubblicata ad Amsterdam nel 1688 dimostrava che, essendo l’Alta Corte di Commissione decaduta, non vi era altra corte di eresia dalla quale potesse essere giudicato e che se era eresia l’opporsi al Credo Niceno questo non avveniva nel suo Leviatano. Tuttavia nell’opera, nonostante i molti richiami al cristianesimo, si scorge nei fatti un materialismo profondo e un velato agnosticismo. Le ultime parole di Hobbes che pronuncerà poco prima di morire confermerebbero questa sua segreta sfiducia nella religione:
I suoi ultimi lavori furono un’autobiografia in versi latini (1672) e una traduzione di quattro libri dell’Odissea in rime d’inglese arcaico (1673), cui seguirono la traduzione completa sia dell’Illiade sia dell’Odissea nel 1675. Nell’ottobre del 1679 fu colpito da una paresi che lo portò alla morte nel suo novantunesimo anno. Fu tumulato nel cimitero di Ault hucknall nel Derbyshire.L’edizione del 1668 delle sue opere, per la mancata liberatoria della censura inglese sulle sue pubblicazioni, fu comunque stampata nella calvinista Amsterdam e altri suoi scritti, tra cui Behemoth: la storia delle cause delle guerre civili d’Inghilterra e le conseguenze e gli artifici con cui furono portate avanti dal 1640 al 1662, furono resi pubblici solo dopo la sua morte.
Il materialismo hobbesiano, messo filosoficamente in disparte dopo la sua morte in favore di correnti più spirituali e deiste dell’empirismo e dell’illuminismo (nonché dal successo del razionalismo cartesiano), venne rilanciato e rivalutato dall’illuminista ateo Paul Henri Thiry d’Holbach, sostenitore del ruolo preminente dello Stato anticlericale, il quale curò la traduzione francese e tedesca del Leviatano e di altre opere assieme alla sua cerchia di collaboratori tra cui vi era anche l’enciclopedista Denis Diret.
Il pensiero
Hobbes, che viaggiò a lungo nel continente, entrò in contatto con la nuova cultura filosofica europea culminante con il razionalismo cartesiano e con la corrente empirista e logiconominalistica della tradizione inglese che si ritrovava ad esempio in Roberto Grossatesta, Ruggero Bacone, Guglielmo di Ockham ecc. Ne derivò il tentativo di una sintesi tra il metodo deduttivomatematico-geometrico del razionalismo europeo e il metodo induttivo dell’empirismo inglese, cercando di attuare un collegamento tra nominalismo logico e realismo metafisico
Questo il quadro filosofico che portò Hobbes a costruire un sistema (uno schema, una cornice entro la quale trovi spiegazione ogni minimo aspetto della realtà) materialistico meccanicistico (partendo da elementi primi semplici e procedendo per successive composizioni, in un rapporto meccanico di causa effetto) onnicomprensivo (che spieghi ogni fenomeno sia fisico, gnoseologico, etico e politico, quindi tutto il reale) La visione meccanicistica galileana della realtà fisica, che era stata estesa da Cartesio al mondo animale, venne accolta da Hobbes in termini materialistici per una spiegazione scientifico filosofica di tutto il reale.
Lo stato di natura
Contrariamente alla concezione aristotelica dell’uomo come “animale sociale” che tenda cioè a vivere aggregandosi in comune con gli altri, Hobbes è invece convinto che nello “stato di natura”, quando non esiste ancora la società umana, ogni singolo uomo, considerato nella sua individualità corporea, come ogni corpo tende ad acquisire per sé tutto ciò che favorisce il suo movimento vitale. Poiché infatti ogni uomo tende all’autoconservazione cerca di acquisire senza alcun limite tutto ciò che serve alla sua conservazione. Però ciò che fa il singolo lo fanno anche gli altri individui al punto che le azioni di uno si scontrano con l’uguale tendenza, reazione, degli altri ed allora alla fine si genera la lotta per la predominanza dell’uno su gli altri, il bellum omnium contra omnes, la guerra di tutti contro tutti, dove ogni singolo diviene lupo per ogni altro uomo ( homo homini lupus).
Le leggi di natura
Questa guerra di tutti contro tutti porterà inevitabilmente alla morte dei singoli, che si distruggeranno tra loro conseguendo l’opposto di quanto la natura prescrive: l’autoconservazione. Allora sarà la natura stessa ad indicare la strada per uscire da questa guerra deleteria per tutti: essa stessa suggerirà agli uomini di addivenire ad un accordo che quindi avverrà non per un superiore ideale morale ma solo per un principio materiale, naturale di autoconservazione. Dalla politica, ribadisce Hobbes, è esclusa ogni etica.
Le leggi di natura non sono norme etiche oggettive insite nella natura, ma delle semplici regole logiche, suggerite dalla ragione, come condizioni per ottenere la pace e se l’uomo vuole conservarsi deve seguirle altrimenti entra in contraddizione con se stesso, e così agendo distrugge il suo corpo, la sua stessa essenza corporea, con la morte. La ragione allora impone che:
- 1) in ogni modo bisogna cercare la pace e mantenerla «Pax est quaerenda»
- 2) se si vuole la pace bisogna rinunciare ad una parte del proprio diritto naturale di appropriarsi di tutto ciò che favorisce la propria conservazione. Si deve cioè conservare tanta libertà quanta si vuole che gli altri abbiano nei propri confronti.
L’assolutismo si impone sul popolo privandolo dei diritti tramite un contratto unilaterale siglato tra il sovrano – il Leviatano nel caso di Hobbes – e il popolo, che decide di sua spontanea volontà di privarsi dei poteri per conferirli a una sola persona. La differenza col dispotismo è che il sovrano non si impone arbitrariamente sui sudditi, ma da essi è scelto. La concezione non esclude lo sviluppo di un assolutismo illuminato, ossia di uno Stato riformatore che conceda dei diritti su propria decisione. In quanto giusnaturalista, sebbene sui generis e fondatore di un sistema filosofico giusportivista, Hobbes però ispirerà, con il suo contrattualismo, anche pensatori liberali e repubblicani come Locke e Rousseau, che riprendono il concetto hobbesiano di contratto sociale pur rovesciandone le conclusioni favorevoli all’assolutismo. Famosa sarà la sua definizione di diritto naturale, conciliata con la sua visione di stato di natura come privo di legge morale che non sia l’istinto alla sopravvivenza, il quale spinge al contratto sociale per aumentare le possibilità di scampare alla guerra perenne:
3) bisogna adempiere i patti, («Pacta sunt servanda»), altrimenti sarebbe contraddittorio trasferire i propri diritti e nel contempo volerli mantenere per sé oppure incaricare di governare qualcuno e poi trasgredire i suoi comandi. Giusto e ingiusto quindi sono solo una questione di coerenza o incoerenza logica per cui non si è o si è in contraddizione con sé stessi. A nessuno sarà consentito di non rispettare il patto contratto con la persona o l’assemblea che gestisce il potere in nome di tutti. La terza legge di natura stabilisce infatti che:
Il sovrano (nella concezione hobbesiana il re o l’imperatore, ma anche lo Stato stesso, in qualunque sua forma) ha un potere assoluto e unitario e non ha alcun dovere nei confronti dei sudditi (tranne di proteggere la Nazione) perché essi stessi gli hanno dato i loro diritti ed è impossibile quindi che egli violi i patti e possa essere deposto, a meno che non ordini ai sudditi di uccidersi o danneggiare la loro persona o quella di un proprio caro (poiché quello dell’autoconservazione della propria vita è l’unico diritto che non gli è stato trasferito) con una guerra suicida. Quando egli cioè non sarà capace o non avrà la forza di difendere dai nemici interni ed esterni lo Stato assicurando, secondo i patti stipulati, l’ordine e la pace, allora, solo in questo caso, egli potrà essere deposto (come accadde a Carlo I) e sostituito con un nuovo sovrano. Ma nel caso questo accadesse dovrà intervenire lo Stato con la sua forza prospettando, a chi trasgredisce, una pena maggiore dei vantaggi che ci si ripropone di ottenere violando il patto:
Hobbes si richiamò inoltre al principio di irretroattività delle legge penale: lo Stato può punire solo per una norma entrata in vigore prima del fatto ( nulla poena sine lege), altrimenti non si tratta di applicazione del diritto ma di un atto di ostilità.
Il potere del sovrano dovrà comprendere anche quello religioso con il diritto di interpretare le Sacre Scritture e far valere con suoi decreti le prescrizioni religiose, implicando però, più che un cesaropapismo (come potrebbe sembrare dall’assenza di separazione tra Stato e Chiesa nazionale), un primatoo dello Stato secolare sull’autorità religiosa (il sovrano possiede anche il potere religioso, ma non è un sacerdote a capo di una teocrazia), facendo di Hobbes il precursore del giurisdizionalismo illuminista in netta contrapposizione con l’ultramontanismo cattolico.
La misantropia di Hobbes
Hobbes era noto per essere un misantropa e, in coerenza con la propria filosofia, aveva una generale sfiducia negli altri.
John Aubrey, nella sua raccolta di biografie Brief Lives, nel capitolo a lui dedicato racconta che una volta Hobbes fece l’elemosina a un mendicante; un religioso, conoscendo la fama di Hobbes, gli chiese se lo avrebbe fatto lo stesso se non fosse stato per il precetto religioso cristiano che prescrive di assistere i poveri. Hobbes rispose che facendolo non alleviava solo il dolore del mendicante, ma il proprio nel vedere tale miserevole stato, volendo significare che dietro l’altruismo si nasconde sempre l’egoismo umano. La misantropia di Hobbes si può considerare affine a quella di Macchiavelli ma diversa da quella di Schopenhour, il quale riteneva che fosse possibile un sincero sentimento di compassione altruista opposta all’egoismo che domina il genere umano, affrancandosi dallo stato di natura.
Opere
- La guerra del Peloponneso(1629) – Prima traduzione inglese dell’opera di Tucidide
- Elementi di legge naturale e politica (1640)
- Terze Obiezioni alle “Meditazione metafisiche” di Cartesio (1641)
- (1642) De Chive
- De motu, loco et tempore (1643, prima edizione nel 1973 col titolo: Thomas White’s De Mundo Examined)
- Leviatano (1651)
- Della libertà e necessità (1654) – Trattato religioso
- De Corpore (1655)
- De Homine (1658)
- Dialogo tra un filosofo e uno studente del diritto comune d’Inghilterra (1666)
- Behemoth (1668) edito postumo nel 1679
- Illiade (1675) – Traduzione inglese dell’opera di Omero
- Odissea (1675) – Traduzione inglese dell’opera di Omero
- Decameron physiologicum (1678).
L’opera nota col titolo A short tract on First Principles, British Museum, Harleian MS 6796, .ff. 297-308, è oggi attribuita ad un amico di Hobbes, Robert Payne (1596–1651), che si sarebbe basato, in parte, su idee esposte da Hobbes verso il 1630
ARTICOLO DI ELISA NEGRI DELLA CLASSE IV I DEL LICEO LINGUISTICO
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