La “Politica” è un trattato di filosofia politica costituito dai seguenti otto titoli concettuali di riferimento che corrispondono a otto lezioni tenute da Aristotele nel suo liceo: “Organizzazione della famiglia ed economia domestica” (libro I); “Analisi critica delle costituzioni in vigore e di quelle proposte dai filosofi precedenti “ (libro II); “Definizione di cittadino, classificazione delle costituzioni ed analisi del regno” (libro III); “Analisi di oligarchia e democrazia” (libro IV-VI) e, infine, “La costituzione migliore” (libro VII e VIII).
Aristotele nel libro I afferma: “Poiché vediamo che ogni stato è una comunità e ogni comunità (koinonia) si costituisce in vista di un bene (perché proprio in grazia di quel che pare bene tutti compiono tutte le loro azioni), è evidente che tutte tendano a un bene; e particolarmente al bene più importante tra tutti quella che è di tutte la più importante e tutte le altre comprende: questa è il cosiddetto ”stato” e cioè la Comunità statale” e poi ancora: “la Comunità che si costituisce per la vita quotidiana secondo natura è la famiglia..” (A. La Vergata e F. Trabattoni – filosofia cultura cittadinanza – lettura nr. 18 pag. 317)
Lo stesso inizio del I libro viene tradotto anche come segue: “Poiché vediamo che ogni polis è una società (koinonia) e ogni società è costituita in vista di un qualche bene (tutti infatti compiono le loro azioni in vista di ciò che a loro sembra essere un bene) è chiaro che tutte tendano a un qualche bene; ma sopra tutto quella che è più importante di tutte e contiene in sé tutte le altre : questa è quella chiamata polis e questa società è quella politica”( Enrico Berti, Politica di Aristotele – festivalfilosofia 2016)
Queste sono le parole che il filosofo usa per spiegare che, dal suo punto di vista, lo Stato è un insieme di unità e quindi una Comunità e che l’unità più piccola è l’oikos ovvero la famiglia. L’oikos non è la famiglia quale intendiamo noi oggi ovvero padre, madre e figli ma è costituita da padre, madre, figli, schiavi domestici, servi rurali e persino dagli animali da lavoro che svolgono attività agricole e di servizio per soddisfare i bisogni “gionalieri” della famiglia che sarà pertanto autonoma e indipendente. Aristotele afferma che tra i suoi membri esiste un rapporto solidale e che l’obiettivo è il soddisfacimento dei bisogni dell’oikos.
La famiglia è basata sulla naturale diversità dei sessi e sulla procreazione dei figli come sintesi dell’amore. I figli poi cresceranno, usciranno dalla Comunità originaria ed entreranno in quella cittadina. Aristotele, nonostante riconosca la libertà della donna, ritiene che l’uomo libero e adulto, con i ruoli di marito, padre e padrone, debba comandare in quanto la donna, che a quel tempo era tenuta nell’ignoranza e non sapeva né leggere né scrivere, non aveva l’attitudine al comando di cui egli era, viceversa, provvisto. Lo schiavo svolge lavori di fatica indegni dell’uomo libero, è servo per natura. Gli schiavi sono uomini che per difetto naturale non saranno mai in grado di scegliere da sé i propri fini e quindi dovranno essere comandati dal padrone. Il governo del padre è finalizzato a portare al soddisfacimento di tutti quei dei bisogni dell’oikos che consentiranno ai suoi membri di vivere bene in quanto vengono soddisfatti i suoi bisogni quotidiani. Il padre, massima autorità della famiglia deve provvedere al suo mantenimento e conoscere l’arte degli acquisti, la crematistica (da crémata che significa averi). Pertanto la famiglia, anzi l’oikos, è il primo nucleo non solo dal punto di vista degli affetti ma anche da quello politico ed economico.
Secondo Aristotele quando più oikos autosufficienti si legavano formavano dei villaggi all’interno dei quali le famiglie potevano soddisfare bisogni non quotidiani come ad esempio la difesa dai predoni. I villaggi, unendosi a loro volta, andavano a creare la Comunità cittadina, la polis la cui finalità non è solo il “ vivere ” ma “ il vivere bene ” cioè l’euzen. Ma cosa significa vivere bene? Vivere significa sopravvivere, avere il necessario per restare in vita, vivere bene è quello che Aristotele chiamerà la felicità cioè la piena realizzazione di tutte le capacità umane. In questo concetto sono comprese attività come l’educazione , la scuola, l’arte, il teatro. Per avere una Comunità cittadina finalizzata al vivere bene e quindi tendente a realizzare il bene comune non è sufficiente che essa sia costituita dall’identità del luogo, dall’astinenza dal perseguire il danno reciproco e dalla garanzia dei rapporti commerciali perché per essere tale essa dovrà essere caratterizzata da un rapporto solidale tra gli individui e dal perseguimento di interessi generali. La costituzione deve essere pertanto funzionale a una tale Comunità. Secondo Aristotele una Comunità cittadina nella quale il rapporto solidale degli individui si contrappone agli interessi personali è prioritaria rispetto all’individuo. Per Aristotele l’uomo è uno zoon politikon ovvero un essere vivente politico, socievole e comunitario ma anche uno zoon logon ekon cioè un animale che ha il logos.
Al termine logos i Greci davano più significati: il linguaggio/la parola, il ragionamento/la ragione e il calcolo delle giuste proporzioni sociali. Il linguaggio serve a indicare ciò che giova e ciò che nuoce e quindi anche il giusto e l’ingiusto. Con il logos, inteso come calcolo delle giuste proporzioni sociali, era possibile calcolare la giusta misura di equilibrio solidale all’interno della Comunità in modo da assicurare che gli interessi privati e individuali non prevalgano rispetto a quelli collettivi. Infatti, nota il filosofo, la prevalenza delle logiche individuali farebbe perdere alla Comunità una delle sue caratteristiche principali, il bene comune, e avrebbe come conseguenza la sua dissoluzione.
Il bene comune si raggiunge attraverso il logos e il bene comune deve essere portato da chi comanda a chi sottostà scegliendo di soddisfare quei bisogni che portano all’euzen così come fa il padre all’interno dell’oikos. Il soddisfacimento dei bisogni è tema economico sociale – economia significa regolamentazione dell’oikos – e Aristotele, che può essere a buon ragione considerato il fondatore della scienza economica, ha individuato due forme di economia: la prima è l’oikonomike tekne ovvero la tecnica di soddisfacimento dei bisogni limitati e finiti dell’oikos e la seconda è la krematis tekne, la tecnica o arte del profitto che porta all’arricchimento illimitato dell’individuo. La Comunità deve essere governata seguendo le regole dell’oikonomike tekne. Secondo Aristotele, e anche secondo Platone nella “ Politeia ” per noi “ Repubblica ” , la ricerca illimitata del profitto disgrega la Comunità e fa dissolvere la sua tenuta etica in quanto produce la negazione dello spirito di solidarietà proprio della Comunità. La ricerca politica ed etica di Aristotele deve essere considerata come una ricerca della mesotis cioè della neutralizzazione degli eccessi e quindi l’esaltazione della giusta misura. Nell’etica il filosofo aveva parlato del coraggio che è il giusto mezzo tra arditezza e codardia, nella politica la giusta economia si attua tenendo una giusta distanza dalla krematis tecne.
Per raggiungere il bene comune, l’uomo ha bisogno di valutare le varie costituzioni con le quali si può governare la Comunità cittadina e deve distinguere i governi buoni da quelli degenerati. La Comunità esiste per natura prima dell’individuo e prova ne è la famiglia in quanto questa è la forma naturale di Comunità. Afferma il filosofo: “…la costituzione è l’ordine della città, di tutte le cariche e soprattutto dell’autorità sovrana, che ovunque è costituita dal governo della città, governo che è la stessa costituzione.”
Secondo quanto detto da Aristotele il governo può essere in mano di uno solo, di pochi cittadini o della maggioranza: si avranno così la monarchia o governo di uno solo, l’aristocrazia o governo di pochi e la politeia o repubblica che sono da considerarsi governi buoni mentre la tirannide, l’oligarchia e la democrazia (intesa governo demagogico delle fazioni di piazza) sono governi degenerati. Perché si abbia un buon governo sono necessarie le seguenti condizioni: 1) deve provvedere alla prosperità del suo popolo; 2) deve avere un numero di cittadini adeguato; 3) i cittadini devono essere intelligenti e coraggiosi; 4) la Comunità cittadina deve essere composta da tre classi sociali: produttori, guerrieri, governanti; 5) non vi deve essere la messa in comune delle proprietà e delle donne; 6) il comando deve essere degli anziani; 7) deve garantire l’educazione dei cittadini preparandoli alla vita militare ma anche alla vita virtuosa e pacifica. (1). A questo proposito Aristotele ritiene che il governo migliore sia uno che sta tra l’aristocrazia e la politeia (regime costituzionale). Secondo lui solo quelli che hanno di più, materialmente e spiritualmente, possono accedere alle cariche pubbliche. Il governo sarà per tanto nelle mani degli aristoi (i migliori). Vi può essere buon governo anche in caso di una politeia in cui governano un gran numero di persone e, anche se la maggior parte di esse avesse virtù mediocri, vi sarebbero comunque alcuni migliori che compenserebbero alcuni peggiori e quindi tutti insieme riuscirebbero a far funzionare il governo. Secondo Aristotele il ceto medio non ha interesse a governare (come non l’hanno i filosofi di Platone) perché ha una sua attività economica che lo distrae che lo fa partecipare al governo del paese moderatamente.
Aristotele tiene distinta la polis dalla famiglia con ciò distinguendosi da Platone che critica perché Platone concepisce la polis come una specie di famiglia. Viceversa per Aristotele la famiglia, o più precisamente l’oikos, è una società di disuguali perché non sono uguali i genitori e i figli, i liberi e gli schiavi, gli umani e gli animali mentre la polis è una società di uguali perché fanno parte della polis i cittadini, i capi famiglia. Altra critica a Platone riguarda i beni che devono essere tutti comuni (c.d. comunismo platonico) mentre secondo Aristotele gli esseri umani si occupano molto dei beni propri e meno di quelli comuni.
- Laura Pirotta, Aristotele: la Politica
ARTICOLO DI MIRELLA CORDARO DELLA CLASSE III B DEL LICEO CLASSICO
Commenti recenti