SITI CONSIGLIATI
http://(http://www.recensionifilosofiche.info/2006/10/ree-paul-lorigine-dei-sentimenti-morali.html)
Secondo Sigmund Freud, Friedrich Nietzsche si conosceva più profondamente di qualsiasi altro uomo che sia mai vissuto o che potrà vivere. Questa profonda conoscenza di sé è evidente in una serie di libri, frammentari, esasperanti e talvolta stimolanti che hanno superato la prova del tempo in termini sia letterari che filosofici. Essi, semplicemente, sfidano l’analisi e nessun riassunto renderebbe giustizia a così grande ricchezza e varietà di contenuto. Molti includono passaggi che fanno presagire il suo successivo crollo morale. Su tutti getta un’ombra negativa il fatto che antisemiti e fascisti abbiano trovato in essi citazioni che supportassero le loro opinioni; anche se le idee che alcuni di loro hanno trovato così attraenti sono, per la maggior parte parte, non rispecchiano la filosofia di Nietzsche. “La genealogia della morale” è una delle opere più importanti di Nietzsche, che, per stile e contenuto, si avvicina molto ad un trattato di filosofia. Essa si compone di tre saggi, tutti su un argomento. Il tema centrale è l’origine della morale anche se la traduzione letterale del titolo del libro sarebbe “Informazioni sulla genealogia della morale”.. Venne composta e pubblicata nel 1887.
- Il filosofo ebbe l’ispirazione di scrivere questo libro dopo la lettura di “Origine dei sentimenti morali” del dottor Paul Rèe (Bartelshagen, 21/01/1849 – Celerina 28/10/1901) pubblicato nel 1877 dopo un soggiorno a Sorrento, seconda opera dell’autore ed approfondimento della prima, “Osservazioni psicologiche”, in cui a differenza di Schopenhauer, a cui si era ispirato, in particolare a ‘Parerga und paralipomena’, aveva espresso la sua antropologia pessisimistica senza riferimenti metafisici, basandosi solo sull’osservazione empirica. Nell’”Origine dei sentimenti morali”, che Nietzsche aveva presentato al suo editore come un’opera tale “da segnare probabilmente una svolta decisiva nella storia della filosofia morale ”, il dr Paul Rèe,
- Foto del dottor Paul Ree
- filosofo,medico,filantropo, geologo della morale, inserisce la teoria di Darwin dell’evoluzione nella filosofia morale di Schopenhauer (‘ciò che caratterizza le azioni morali sono il loro disinteresse ed il loro altruismo’). Il fr Ree afferma che “l’uomo migliore è colui il quale vive solo per gli altri,anzi, colui il quale muore per essi”, per lui l’esempio di uomo morale per eccellenza è il medico che esercita la sua professione in maniera del tutto disinteressata, in modo gratuito. Tuttavia il dr Paul Rèe afferma che i sentimenti morali non sono naturali, innati ma storici, in linea con Darwin: frutto dell’evoluzione del genere umano. L’istinto non egoistico che è fondamento delle azioni morali troverebbe la sua genesi nell’istinto genitoriale e filiale, che Darwin descrisse nelle scimmie, nelle api e nelle formiche. Questo istinto sarebbe evoluto in istinto sociale, poi via via rafforzatosi sia per l’utilità sociale che per le sanzioni inflitte ai trasgressori. Per effetto dell’educazione e dell’abitudine gli uomini avrebbero dimenticato che l’apprezzamento delle azioni non egoistiche si basava inizialmente sull’utilità per la società, considerando come innate quelle distinzioni morali che, ricondotte alla loro origine, non sarebbero altro che abitudini.
Tornando a Nietzsche Le argomentazioni implicano che i concetti morali che abbiamo ereditato dalla tradizione cristiana sono attualmente obsoleti ed inferiori ai loro predecessori pagani. Infatti i valori cristiani sono stati elaborati da preti, che essendo i più impotenti sono anche i più malvagi. Nietzsche aveva proclamato la morte di Dio in un libro precedente, “La gaia scienza”,
- “Dio è morto: ma considerando lo stato in cui si trova la specie umana, forse ancora per un millennio ci saranno grotte in cui si mostrerà la sua ombra.”.
La genealogia della morale è, in parte, un’elaborazione delle implicazioni dell’assenza di qualsiasi Dio e le sue conseguenze per la moralità. Abbiamo ereditato concetti morali basati sulle false credenze del Cristianesimo. Il filosofo scopre che le origini di questi concetti sono emozioni di amaro risentimento come l’odio del creditore verso un debitore, che non ha rispettato le promesse. La maggior parte del libro è dedicato all’analisi delle origini psicologiche e storiche di vari concetti chiave riguardanti la morale. L’obiettivo di Nietzsche è mettere in discussione il valore della morale in quanto tale. La morale è poco più che il prodotto di emozioni invidiose e piene di risentimento e di risposta di gruppi specifici a determinate circostanze. La genealogia è letteralmente l’atto di rintracciare le origini e la discendenza della stirpe, di stabilire un albero genealogico. Nietzsche lo usa con il significato di tracciamento delle origini di alcuni concetti, in gran parte esaminando la storia dei significati variabili delle parole. La sua applicazione del metodo genealogico nella genealogia della morale mira a dimostrare che le informazioni ricevute sulle fonti della morale sono sbagliate e che, dal punto di vista storico, concetti come la bontà, la colpa, la pietà e l’abnegazione abbiano avuto origine dai sentimenti di disprezzo/risentimento contro gli altri o contro se stessi. Tuttavia, nella genealogia si trova non solo una storia di questi concetti, ma anche una analisi critica degli stessi. Rivelando le origini della morale, Nietzsche cerca di esporre la sua discutibile evoluzione e, successivamente, si domanda quale è il posto della morale nel suo tempo. Il fatto che i concetti morali si modifichino nella storia annulla l’opinione che siano assoluti e si applichino a tutte le persone in tutti i tempi.
PREFAZIONE
All’inizio della prefazione de “La genealogia della morale” Nietzsche, quasi a giustificare la motivazione dell’opera stessa, scrive:
- “Noi che ricerchiamo la conoscenza, ci siamo sconosciuti, noi stessi ignoti a noi stessi, e la cosa ha le sue buone ragioni. Noi non ci siamo mai cercati, e come avremmo mai potuto,un bel giorno, trovarci? Si è detto e a ragione:.. il nostro tesoro si trova dove sono gli alveari della nostra conoscenza. E per questo siamo sempre in movimento ,come veri e propri animali alati e raccoglitori di miele dello spirito ”
e poco dopo aggiunge
- “…Infatti necessariamente rimaniamo estranei a noi stessi,non ci capiamo, dobbiamo scambiarci per altri, per noi vale per l’eternità, la frase ‘ognuno è per se stesso la cosa più lontana’, noi non ci riconosciamo come gente che ‘ricerca la conoscenza’…”
. Nel secondo capitoletto Nietzsche afferma con forza
- “ 2. I miei pensieri sull’origine dei nostri pregiudizi morali – poiché di essi di essi si tratta in questa operetta polemica – sono stati espressi, in modo preliminare e succinto, in quella raccolta di aforismi che va sotto il titolo di ‘Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi’ … a Sorrento in un inverno che mi concessi di arrestarmi un attimo, come si arresta il viandante, per misurare con lo sguardo la terra vasta e pericolosa che il mio spirito aveva appena finito di percorrere..”
ribadendo con forza come le affermazioni che andrà ad esporre nel libro siano pensieri, già più volte rielaborati nel tempo
- “.. e speriamo che il lungo intervallo abbia fatto loro del bene, che siano diventati più maturi, più chiari, più robusti e più completi..” determinati dalla “volontà fondamentale della conoscenza,che si addice a un filosofo”
.Successivamente Nietzsche spiega come, approcciandosi alla morale, la sua scrupolosità gli ha imposto di fermarsi a riflettere sulla
- “questione : quale origine abbiano in realtà il nostro bene ed il nostro male”e a imparare “a distinguere il pregiudizio teologico da quello morale”
senza cercare più l’origine del male dietro il mondo ma domandandosi, grazie a
- “un po’ di istruzione storica e filologica,e in più un senso innato e esigente per i problemi psicologici in genere,”in quali condizioni l’uomo si era inventato quei giudizi di valore: buono e cattivo? E che valore hanno essi stessi? Fino a oggi hanno ostacolato o promosso la prosperità del genere umano?”
Trovando risposte diverse, Nietzsche: distinse epoche, popoli, gradi e gerarchie di individui, con nuove domande ,ricerche,supposizioni,probabilità. Nel 4° capitoletto Nietzsche spiega come il primo impulso a rendere note le sue ipotesi sull’origine della morale gli sia venuto dalla lettura del libro”Origine dei sentimenti morali” del dr Paul Rèe, che l’aveva attirato con quella forza di attrazione propria di tutto ciò che è all’opposto, agli antipodi. Nietzsche, inoltre, esemplifica la doppia preistoria del bene e del male (cioè a partire dalla sfera dei nobili e da quella degli schiavi),il valore e origine della morale e della morale ascetica, l’ eticità dei costumi, l’origine della giustizia e della pena. Nel 5° capitoletto Nietzsche. si interroga più che sull’origine della morale sul ‘valore’della morale, confrontandosi con Schopenhauer, sul valore del ‘non egoistico’, della compassione, della negazione di sé e dell’autosacrificio. Si schiera contro la ‘morale della compassione’come grande pericolo per l’umanità, considerando che anche Platone, Spinoza, Larochefoucauld e Kant erano stati concordi nel considerare la compassione un ‘non valore’,disprezzandola. Nietzsche, dunque, dà voce ad una nuova esigenza: il bisogno di una critica dei valori morali, “di porre in questione finalmente proprio il valore di questi valori, -e per fare ciò abbiamo bisogno di una conoscenza delle condizioni e delle circostanze da cui sono stati prodotti ,in cui si sono sviluppati e modificati (morale come effetto, sintomo, maschera, tartuferia, malattia, equivoci; ma anche morale come causa, rimedio, stimulans, repressione, tossico)” perché nessuno fino ad allora si era posto questa domanda, si era accettato il valore di questi valori come dato, al di là di ogni discussione, attribuendo al ‘buono’ più valore che al ‘cattivo’. Nietzsche così si esprime:
- “E se nel ‘bene’ ci fosse anche un sintomo di regresso,o anche un pericolo,un veleno,un narcoticum, grazie al quale il presente vivesse a spese del futuro?…. Così che proprio la morale sarebbe colpevole del fatto che non si sia mai raggiunta una massima e in sé possibile potenza e grandezza del tipo uomo? Così che proprio la morale sarebbe il pericolo dei pericoli?…”
Per questo motivo l’autore si prefigge di
- “ripercorrere il paese sconfinato,lontano e così nascosto della morale – della morale realmente esistita e vissuta- percorrerlo con nuove domande e con occhi nuovi“con sguardo acuto, imparziale , identificando la vera storia della morale, tutta la lunga pressoché indecifrabile scrittura geroglifica del passato morale dell’uomo, dalla bestia darwiniana all’ultramoderno esserino morale che non morde più.
Nietzsche. conclude la prefazione dell’opera sottolineando la necessità di leggere anche gli altri suoi precedenti scritti, di essere in grado di esercitare l’arte della lettura, saper interpretare ciò che è scritto (spiegando che il terzo saggio dell’opera è null’altro che la spiegazione dell’aforisma che lo inizia), essere più simile ad una vacca, che sa ‘ruminare’ciò che legge scritto, che ad un uomo moderno, che è incapace di riflettere.
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PRIMO SAGGIO:”BUONO E MALVAGIO”, “BUONO E CATTIVO”.
Nel primo dei tre saggi che compongono il libro, Nietzsche espone la sua teoria sulle origini del nostro vocabolario di parole riguardo la morale da approvare e disapprovare: le parole “buono” e “cattivo”, utilizzate in un contesto morale. Sviluppa queste opinioni criticando le opinioni degli psicologi inglesi Herbert Spencer e John Stuart Mill che sostenevano che il “buono” era originariamente applicato alle azioni altruiste, non tanto perché le azioni stesse erano buone, ma perché erano utili a coloro che ne avrebbero beneficiato, quelli che sono stati ben serviti. Nel tempo la gente non ha dimenticato le origini della parola e ha continuato a pensare che le azioni altruistiche fossero buone in se stesse, piuttosto che buone nei loro effetti. Nietzsche attacca questa affermazione, sostiene che il termine “buono” era originariamente usato dalla nobiltà, che lo applicava a se stessa per distinguersi dai cittadini comuni e colui che non poteva essere all’altezza di questi nobili e alti ideali era ovviamente inferiore e “cattivo”. In questo saggio Nietzsche usa sempre la distinzione tra buono / malvagio (al contrario di bene e male) dal punto di vista della nobiltà: le azioni dei nobili sono buone, quelle dei cittadini comuni, al contrario sono malvagie. La sua versione di come la parola “buono” abbia significato altruistico, ruota attorno al “ressentiment”. Nietzsche usa il termine francese che significa risentimento per riferirsi alle origini degli usi moderni dei termini “buono” e “malvagio”. Si nota che quando Nietzsche sottolinea l’opposizione tra “buono” e “malvagio”, (opponendo il bene e al male), vede le cose dal punto di vista delle persone comuni piuttosto che di quello della nobiltà: si riferisce all’uso moderno di “buono” per azioni altruistiche e “malvagio” per azioni egoistiche.
“RESSENTIMENT”
Il ” ressentiment ” è l’emozione provata dagli oppressi. Nell’accezione utilizzata da Nietzsche ” ressentiment ” è sinonimo di “risentimento”; o meglio è una classe speciale di risentimento. È l’immaginaria vendetta di coloro che non sono in grado di reagire all’oppressione con l’azione diretta, forte, violenta e spontanea. Il ressentiment è l’odio e il desiderio di vendetta provato da coloro che furono oppressi dalla nobiltà. I valori di compassione e altruismo continuano a evolversi, secondo Nietzsche. Il filosofo di Röcken incomincia una descrizione storica di ciò che è realmente accaduto e cerca di scavare nella psicologia di coloro che hanno realizzato i mutamenti della morale: i cittadini comuni che non potevano aspirare allo stile di vita della nobiltà. Questa classe ha creato il sistema di valori e deciso che cosa fosse buono e cattivo. Secondo la morale dei popolani la nobile visione della vita, basata sul potere e sui valori dei guerrieri, era malvagia: i maltrattati, i poveri e gli umili erano i buoni. Nietzsche attribuisce questa “radicale rivalutazione dei valori dei nemici” a gli ebrei e alla tradizione cristiana, e la chiama la prima rivoluzione della morale compiuta dagli schiavi. Senza accorgercene, abbiamo ereditato le conseguenze di questa rivolta, una rivolta che ha servito gli interessi della oppressi. Per Nietzsche, la morale non è qualcosa di determinato per sempre, piuttosto è una creazione umana e di conseguenza i termini morali hanno la loro storia e la loro evoluzione. Storia che è influenzata dalla psicologia umana, nonché dagli interessi di diversi gruppi. Nietzsche in una sua metafora racconta come gli agnelli decisero che i rapaci erano malvagi, al contrario i rapaci vedevano gli agnelli come animali buoni, loro fonte di cibo. È assurdo, dice, negare coloro che sono potenti esorcizzando il loro potere (chiamandoli malvagi). Le simpatie di Nietzsche sono verso i rapaci piuttosto che verso gli agnelli.
SECONDO SAGGIO: «COLPA», «CATTIVA COSCIENZA» E SIMILI
Il tema principale del secondo saggio è l’evoluzione della coscienza e soprattutto della cattiva coscienza. La cattiva coscienza è il senso di colpa che l’umanità moderna prova ancora per le sue azioni ed è necessaria per la vita nella società. L’essenza delle argomentazioni di Nietzsche è che l’origine psicologica della colpa è la frustrazione dell’istinto. Istintivamente gli esseri umani traggono piacere dalle loro azioni di forza, dal loro potere e soprattutto dal causare sofferenza. Infatti il filosofo spiega come i creditori dopo un debito non restituito trovino piacere a far del male o a veder soffrire il debitore. Ma quando, grazie alla socializzazione, gli uomini cercano di agire secondo i loro desideri comuni e stare con gli altri, la manifestazione di quel desiderio (di violenza) è inibito e interiorizzato. Torturano internamente se stessi con sensi di colpa perché la società punirebbe chi tenta di torturare altre persone. Questo è un esempio concreto del pensiero espresso da Nietzsche secondo il quale tutti gli istinti che non possono sfogarsi all’esterno si rivolgono verso l’interno, un principio che Freud avrebbe successivamente elaborato. Nel corso dell’esame dell’origine della coscienza, Nietzsche sottolinea che quella punizione era originariamente indipendente da qualsiasi nozione di responsabilità delle proprie azioni: una persona veniva punita semplicemente per aver infranto un accordo, indipendentemente dalla propria condizione sociale. In tedesco le parole colpa e debito vengono espresse allo stesso modo, con la parola Schuld ‘. I colpevoli erano quelli che non avevano restituito i loro debiti. Tuttavia, “Colpa” è diventato un concetto morale. Nietzsche rivela che l’uso moderno della parola colpa potrebbe essere diverso da quello del passato e non è “qualcosa di dato” dalla natura. Per Nietzsche sembra che l’origine dei concetti morali non sia stabilito una volta per tutte ma sia soggetta a trasformazione nel tempo.
TERZO SAGGIO: CHE SIGNIFICATO HANNO GLI IDEALI ASCETICI?
Come in altri dei suoi libri, ad esempio “Zaratrustra”, all’inizio del terzo saggio Nietzsche ha fatto appello agli aforismi: osservazioni brevi ed espressive che costringono il lettore a fermarsi a riflettere e richiedere una rilettura. Il terzo saggio è meno focalizzato su un unico argomento rispetto ai primi due e salta da un problema all’altro. Tuttavia, il tema centrale è ragionevolmente chiaro. Nietzsche si propone di analizzare l’ascetismo, la filosofia di vita che postula l’astinenza e il sacrificio. È caratteristico degli asceti difendere la castità, la povertà, l’auto-flagellazione (sia essa letterale o metaforica),e così via; volutamente evitando i piaceri e le soddisfazioni che offre la vita. Nietzsche specifica gli impulsi ascetici degli artisti, dei filosofi e dei sacerdoti. Nietzsche dipinge inoltre il nostro pianeta visto da una stella lontana, la Terra sembra essere affollato di esseri che non amano e disgustano se stessi, il cui unico piacere sarebbe quello di infliggere il maggior danno possibile a se stessi e non cercando di danneggiare altri. Le domande che Nietzsche si pone sono:
Come si è sviluppata una tale tendenza generale? In che modo la vita si è rivolta contro se stessa?
Nietzsche risponde, ancora una volta, attraverso la genealogia. L’odio per se stessi era l’ultima risorsa degli impotenti. Frustrati nei loro tentativi di esercitare influenza sul mondo, piuttosto che smettere del tutto di desiderare, hanno diretto le loro forze contro se stessi. Una delle intuizioni psicologiche più caratteristiche di Nietzsche è la gioia che gli esseri umani provano nell’esercizio della crudeltà. Questa crudeltà non è rivolta esclusivamente agli altri; molte persone infatti trovano piacere persino a essere crudeli con loro stesse. L’impulso ascetico, che per Nietzsche è apparentemente assurdo e autodistruttivo, è una specie di auto-tortura che era l’ultima risorsa di coloro che non erano in grado di esercitare la loro volontà nel mondo, ma è diventato un ideale da celebrare.
L’ERRORE DELLA GENESI
Una critica fondamentale alla metodologia seguita nella genealogia della morale è che comporta un errore della genesi. L’errore della genesi è un incerto metodo di ragionamento che funziona nel seguente modo: analizzare qualcosa che era in un determinato momento storico e paragonarlo a quello che è adesso. Ad esempio la parola “bello”, originariamente significava “buono”, “delicato”, nel senso di cosa buona o delicata, da ciò non ne consegue che l’uso corrente della parola sia uguale al passato. O, un altro esempio, nonostante le querce provengano dalle ghiande , tuttavia non si può concludere che le querce siano piccoli semi verdastri, né che abbiano molto in comune con i semi stessi.
Nietzsche sembra dire che alcuni concetti morali sono originati dal dispetto e dal risentimento quindi i loro valori finali sono variamente interpretabili (e quindi può esserci in queste deduzioni l’errore della genesi). Questo metodo viene utilizzato per sottolineare che i valori morali non sono assoluti e che, essendo stati rivalutati in passato, possono mutare nuovamente. Il metodo genealogico è particolarmente efficace nell’evidenziazione che alcuni valori che consideriamo fissi per sempre possono essere modificati. Per mettere in dubbio gli usi morali della parola “buono” per esempio basta semplicemente dimostrare che è stato applicato in modo molto diverso in passato in epoche differenti, ciò in qualche modo influenza gli usi attuali.
NIETZSCHE E HOBBES
Il primo paragone tra Nietzsche e Hobbes riguarda la società nominalistica
II problema della riflessività emerge all ‘inizio del primo saggio nella Genealogia della morale:
- “II diritto signorile di imporre nomi si estende così lontano che ci si potrebbe permettere di concepire l’origine stessa del linguaggio come un’estrinsecazione di potenza da parte di coloro che esercitano il dominio: costoro dicono «questo è questo e questo», “costoro impongono con una parola il suggello definitivo a ogni cosa e ogni evento e in tal modo, per così dire, se ne appropriano.”
Questo passo richiama immediatamente la concezione nominalista della verità formulata da Hobbes all’inizio del Leviatano, per il quale
- «non essendoci nel mondo niente di universale e non i nomi; infatti, le cose nominate sono tutte individuali e singolari . (…) La verità consiste nel retto ordinamento dei nomi nelle nostre affermazioni».
Nietzsche, più esplicitamente di Hobbes, persegue le implicazioni politiche del nominalismo. II nominalismo nelle mani di questi due filosofi diventa uno strumento critico per spiegare le esistenti configurazioni del potere. Riflessione tratta dal libro Nietzsche in lingua minore
Un altro confronto possibile tra i due filosofi è la visione completamente differente del “contratto”.
Per Hobbes gli esseri umani hanno un comune interesse a porre fine alle guerre, per assicurarsi la continuazione della vita che altrimenti sarebbe impegnata soltanto nella guerra, per difendere beni di cui non si potrebbe mai godere, formano delle società stipulando un contratto sociale (chiamato “Patto” da Hobbes) in cui limitano la loro libertà, accettando delle regole che vengono fatte rispettare dal capo dello stato.
- «Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest’uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto – per parlare con più riverenza – di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa…» tratto da Leviatano
Invece Nietzsche rifiuta la visione contrattualistica
Infatti per Nietzsche la società deve essere guidata da uomini forti e non da uomini reattivi che seguono un contratto
- In ogni modo richiamare alla mente questi rapporti contrattuali, risveglia, come è naturale aspettarsi dopo quello che abbiamo precedentemente osservato, ogni genere di sospetto e di resistenza contro l’umanità più antica che li ha creati o permessi.
ATTUALIZZAZIONE SU NIETZSCHE
Tratto da Avvenire 31/03/2020
Scritto da Luigino Bruni
Titolo: Il gran peso delle parole. Debito e colpa
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-gran-peso
File:
DebitoecolpaEuropaenostrodomani
BIBLIOGRAFIA
Genealogia della morale di Friedrich Wilhelm Nietzsche
Nietzsche in lingua minore di
ARTICOLO DI MARCO CAVAGNETTO DELLA CLASSE V A DEL LICEO CLASSICO
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