Arthur Shopenhauer vita e opere: https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Schopenhauer
INTRODUZIONE:
Arthur Shopenhauer, filosofo considerato misogino, misantropo e antidemocratico, é stato il primo ad approfondire in modo così razionale e dettagliato il tema dell’amore. In quest’opera, a differenza del “L’arte di trattare le donne” http://condividendoidee.over-blog.it/article-l-arte-di-trattare-le-donne-arthur-schopenhauer-114775666.html, l’assoggettazione dell’essere umano alla natura e al sacro principio di conservazione della specie, e l’idea conseguente che l’uomo sia visto alla pari di ogni altro essere vivente, é ancora più evidente. Nella Metafisica dell’amore sessuale vengono descritti i singoli individui come strumenti a servizio della natura i quali corrono andando incontro alla morte, ma la morte é correlata alla nascita, quindi la “pantomima” dura in eterno. L’uno tramonta e l’altro sorge: cambiano gli attori ma il dramma é sempre lo stesso. Per assicurare questo continuo ricambio sulla scena del mondo, la natura inganna i suoi figli e li induce a fare quello che non farebbero mai con la mera riflessione razionale. L’inganno consiste proprio nella passione amorosa che ha come unico scopo la procreazione e presentata come “distruttiva”, “tirannica, “demoniaca” (se ci fosse un’altra passione così intensa nell’uomo probabilmente quest’ultimo “non avrebbe più un’oncia di carne”). Shopenhauer stesso chiamava quest’opera “una perla” e la considerava uno dei suoi capolavori. Fa parte dei supplementi del “Mondo come volontà e rappresentazione” (1844), per questo motivo sarebbe impegnativa da comprendere per chi non conoscesse la sua filosofia. Nei capitoli 42 e 45 parla della vita della specie e dell’affermazione della volontà di vivere e abbiamo tradotto anche il capitolo sulle donne contenente “Parerga e Paralipomena” https://www.skuola.net/filosofia-moderna/schopenhauer-teorie-filosofiche-parerga-paralipomena.html . Il 6 settembre 1850 Shopenauer scrisse così al suo, da lui chiamato “arcievangelista”, Julius Frauenstadt:
” I miei opera mixta, dopo sei anni di lavoro giornaliero, sono finiti” ma ” non riesco a trovare un editore. E’ la conseguenza della resistenza passiva dei professori… La mia disgrazia é spiacevole, ma non umiliante. Proprio ora, infatti, i giornali annunciano che Lola Montez si propone di scrivere le sue memorie e che le sono state subito offerte grandi somme dagli editori inglesi. Così sappiamo in quale situazione ci troviamo”.
L’aspetto su cui si sofferma il filosofo é l’illusione che c’è alla base di ogni innamoramento: l’istinto sessuale, il quale ci guida come un fuoco fatuo e poi scompare lasciandoci negli abissi. Inoltre gli innamorati che si guardano così bramosamente credono di promuovere la loro felicità ma fanno solo gli interessi della specie, infatti i meno adatti a capire questa riflessione sono proprio loro, qui parla la fredda ragione, mentre l’amore é per sua natura irrazionale e cieco. Lo stesso istinto sessuale, che ci induce a fare quello che facciamo, ci impedisce di capire perché lo facciamo.
Secondo Shopenauer il difetto della filosofia occidentale é quello di parlare solo e sempre dell’uomo, considerandolo come qualcosa di compleatmente estraneo al resto del regno animale. Troppo spesso ci si dimentica che l’uomo é soggetto alla natura né più né meno di quanto lo sia un altro essere vivente. Tutti gli esseri viventi, dalla cavalletta all’uomo, sono fenomeni diversi di un’unica esistenza universale, solo nel grado di oggettivazione della volontà c’é differenza tra una creatura e un’altra. L’istinto sessuale é comune a ogni essere vivente, l’uomo ha voluto spiritualizzarlo e chiamarlo “amore”, ma lo scopo metafisicamente parlando é identico: perpetuare la specie; ogni creatura porta a compimento questo scopo in modo diverso, cambiando solo la forma ma non la sostanza. L‘uomo si illude se crede che il suo istinto sessuale sia diverso o più nobile di quello che spinge lo stambecco a battersi a cornate con i rivali per il possesso della femmina.
“E’ infatti evidente che la cura, con la quale un insetto cerca un determinato fiore, o frutto, o sterco, o carne, oppure,come gli icneumoni, la larva di un altro insetto, per deporre le uova soltanto là, e per riuscirvi non bada né a fatica né a pericoli, é molto analoga alla cura con la quale un uomo, per l’appagamento sessuale, sceglie attentamente una donna di determinata costituzione, a lui individualmente confacente”.
L’amore, secondo Shopenauer, lo si può osservare dal mondo animale, perché noi umani siamo in grado di recepirlo grazie alla parte sessuale, invece per loro si struttura in modo migliore, agiscono in modo naturale ( come ad esempio l’asino se la femmina che rincorre cade in un precipizio, salta anche lui nel vuoto). Senza una tale forza che si manifesta nell’istinto sessuale nessuno avrebbe portato a termine uno scopo estraneo all’indinviduo, ossia la perpetuazione della specie. Questa é una verità tremenda, che gli innamorati non possono e forse non devono capire: ne andrebbe di mezzo la riproduzione. Proprio per questo la natura ha dato ad ogni essere vivente, uomo compreso, l’istinto sessuale, che é allo stesso tempo infallibile e irresisibile (una cosa di tale importanza quale la riproduzione non poteva essere lasciata all’arbitrio degli individui).
L’uomo ” per ottenere il suo scopo e a dispetto di ogni ragione, sacrifica la felicità della propria vita con uno stolto matrimonio o con intrighi amorosi che gli costano il patrimonio, l’onore e la vita, anzi perfino con crimini quali l’adulterio e lo stupro; e tutto questo, in obbedienza alla volontà della natura che é dappertutto sovrana, solo per servire nel modo migliore la specie, anche a spese dell’individuo”.
Anche nel quarto libro del De rerum natura di Lucrezio troviamo una descrizione della follia d’amore: egli intuisce il problema ma non lo risolve, resta nel fenomeno. Tra lui e Shopenauer ci sono molti punti di contatto, soprattutto quando parla delle ricchezze che si sperperano per la frenesia d’amore e l’illusione che tale frenesia crea. A un certo punto però il poeta fa una riflessione che il filosofo non appova: “Consuetudo concinnat amorem” (“L’abitudine genera l’amore”), ma in realtà per shopenauer é il contraio: proprio perché é un fatto istintivo, l’amore nasce a prima vista o non nasce più. L’abitudine, se mai, lo uccide, essa può generare l’amicizia ma l’amore é un’altra cosa.
Alcuni scrivono che Shopenauer sia “l’alter ego” di Freud, altri che Freud non sia altro che una “rielaborazione” o “traduzione” in chiave psicologica della metafisica di Shopenauer. A chi lo accusava di aver copiato il filosofo Freud rispondeva di averlo letto in tarda età, mentendo, perché sappiamo dalle sue stesse dichiarazioni che lo aveva letto prima del 1900, forse al tempo del liceo. già la divisione che lui fa tra L’Io e l’Es e la stessa che fa Shopenauer tra la volontà e l’intelletto. Nel 1920 lo psicoanalista srisse che era approdato “nel porto della filosofia di Shopenauer“, ma in realtà lo conosceva da tempo. Nel modo di esporre anche Freud era un eccellente stilista, Shopenauer però aveva molta più fantasia e una maggiore forza espressiva.
Per Shopenhauer la vita é un debito che i genitori contraggono e i figli scontano, in una continua lotta contro il bisogno, cercando ognuno di cavarsela il meglio possibile. Da qui si spiega il motivo profondo del pudore dell’atto sessuale: la coscienza ci dice che stiamo commettendo una colpa, infatti se la vita fosse una cosa bella in sé, come vorrebbero gli ottimisti, allora questo pudore non si spiegherebbe. Ma “Perché una donna, che morirebbe di vergogna se sorpresa durante il coito, mostra invece con orgoglio la sua gravidanza?” qui il filosofo risponde che avviene perché la coscienza le dice che sta per dare al nuovo individuo la possibilità di redimersi. Questa possibilità é rappresentata dall’intelligenza che si eredita dalla madre. Solo grazie all’intelligenza noi possiamo conoscere i mali del mondo e rinnegare in noi stessi la volontà da cui germina l’esistenza. Quindi se da un lato Shopenauer nega alla donna grandi doti intellettuali, dall’altro dice che noi ereditiamo l’intelligenza dalla madre e non dal padre. Gli organi genitali sono il vero punto focale della volontà e li troviamo nel cervello, che cosituisce il polo opposto ( come le radici di un albero alla chioma ). Essi sono il radicale mentre il cervello, organo della conoscenza, é l’avvertizio; infatti dice: “I genitali, molto più di qualsiasi altra parte del corpo sono soggetti unicamente alla volontà, e per nulla alla conoscenza”. L’atto sessuale dunque é privo di conoscenza e quindi cieco e stupido:“Amare et sapere vix eo conceditur” (amare e sapere sono concessi a stento da Dio). Possiamo infatti notare che nel linguaggio popolare i nomi degli organi sessuali vengono usati metaforicamente per indicare una persona stupida. La volontà che é metafisica si oggettiva nei vari gradi del mondo fenomenico, ma come cosa in sé é una e indivisa. Dal punto di vista metafisico, dunque, la volontà di una pianta o di una cavalletta non é diversa, tranne che nel grado di oggettivazione del fenomeno, da quella dell’uomo. Fuori dal fenomeno, sono la stessa cosa anche i genitori e i figli:
“Come cosa in sé, la volontà del generante non é diversa da quella del generato, poiché soltanto il fenomeno, non la cosa in sé, é soggetta al principium individuationis”.
Nell’Appendice che segue la Metafisica dell’amore sessuale, affronta anche il problema della pederastia e lo risolve, dicendo che essa “si presenta come una mostruosità non solo contro natura, ma anche repellente e ripugnante in sommo grado”, però é un fenomeno che troviamo in tutti i tempi e in tutti i popoli. Lo definisce un istinto deviato e la natura devia l’istinto sessuale degli individui non adatti alla riproduzione, i quali potrebbero generare solo figli difettosi e scadenti, rovinando così il tipo della specie. Questo può sembrare strano dato che alla natura non interessa null’altro al di fuori della riproduzione, ma in questo caso viene a trovarsi in una situazione difficile, perciò scegli il minore dei due mali.
LE DONNE DEL FILOSOFO
Quando Shopenhauer descrive dialoghi amorosi li paragona sempre ad esperienze vissute, infatti sappiamo che tutto quello di cui tratta ha un forte elemento passionale altrimenti non avrebbe potuto scrivere “La metafisica dell’amore sessuale” senza averlo vissuto lui stesso. Egli raccontava anche in modo coinvolgente e commovente le proprie storie, in particolare quando parlava di una giovane italiana di cui non sappiamo il nome la cui storia però finì presto, anche se il giovane filosofo l’avrebbe anche presa in sposa. Oltre a lei, Shopenhauer ha frequentato numerose donne ad esempio dopo aver terminato “Il mondo come volontà e rappresentazione” nel 1818 giunse a Venezia e, dopo un periodo di disorientamento, incontra una ragazza veneziana di nome Teresa Fuga la quale gli scrisse anche una lettera che il filosofo ha conservato per tutta la vita ed è rimasta negli archivi delle sue opere, in cui la ragazza lo invita a tornare a Venezia ( “Ti atendo per abraciarti e per pasare di giorni asieme”) specificando che ha già in amante ma sarebbe andato via “per quindisi giorni e anche vinti e dunque poi venire liberamente”). La donna non solo aveva altri uomini ma avrebbe mandato la lettera a un indirizzo sbagliato e chiamando del suo innamorato “Arthur Sharrenans”. Shopenhauer non avrebbe mai accettato un errore di questo tipo, ma essendo una sua amata si affrettò a tornare a Venezia. Questa donna non la dimenticò, tanto che nel suo testamento le lasciò una notevole somma di denaro. La sua ultima relazione la visse con la scultrice Elizabeth Ney, che gli fece un busto e rimase presso di lui un mese nonostante la differenza di età: lui 71 anni e lei 26. Nonostante il suo proposito di non sposarsi dopo il tradimento materno, di lei scrisse a un suo amico “Chissà, forse potrei decidere di sposarmi”, ma l’anno successivo morì per una pleurite acuta a Francoforte, il 21 settembre 1860.
Fonti: Opere “La metafisica dell’amore sessuale – l’amore inganno della natura” Arthur Shopenhauer, “Il crepuscolo dei filosofi” Giovanni Papini.
ARTICOLO DI CLAUDIA ZAPPATERRA DELLA CLASSE V A DEL LICEO CLASSICO
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