“Le notizie del Passatore sono stupende… Noi baceremo il piede di questo bravo italiano che non paventa, in questi tempi di generale paura, di sfidare i dominatori”
Queste sono le parole di Garibaldi riguardo al famoso bandito romagnolo Stefano Pelloni. Giuseppe elogia questo brigante, dipingendolo come un Robin Hood che non ha paura di sfidare i capi austriaci che opprimono gli italiani.
INFANZIA E ADOLESCENZA
Silvio Pelloni nacque nel 1824 a Boncellino di Bagnacavallo, a una trentina di chilometri da Forlì, in Romagna che era sotto il dominio diretto dello Stato Pontificio. I suoi genitori lo mandarono in una scuola privata per diventare sacerdote, ma abbandonò gli studi in terza elementare dopo alcune bocciature. Incominciò quindi a lavorare assieme al padre aiutandolo a traghettare persone sul fiume Lamone dal comune di Bagnacavallo e quello di Russi; da questo suo mestiere nacque il suo soprannome di Passatore.
Percorso traghetto |
Luogo di nascita |
Durante il lavoro ebbe modo di conoscere molta gente e acquisì un odio profondo nei confronti dei più ricchi ascoltando i racconti dei più poveri. La sua vità ebbe un punto di svolta nel 18 quando fu arrestato per omicidio, per l’uccisione di una donna incinta avvenuta con il lancio di una pietra indirizzata a un suo coetaneo. Fuggì facilmente dal carcere di Bagnacavallo e entrò a far parte di una banda locale. Divenne uno dei capi verso il 1847. Aumentò il suo potere quando morirono Giuseppe Afflitti nel 1857 e Francesco Babini nel 1852 (capi di due grandi bande romagnole) aumentando il numero dei suoi seguaci. Il passatore intensificò la sua attività di brigantaggio poco prima del 1849 quando lo Stato Pontificio decise di ritirare le armi dei popolani due anni prima conferite a loro per difendere le case dei più facoltosi. La chiesa capì che queste armi venivano usate in modo diverso da quello previsto e decise di far affidamento sugli austriaci.
Il passatore e la sua banda operarono nei possedimenti ecclesiastici in Romagna per un triennio (1849-51) grazie alla rete di spie che era riuscito a creare grazie alla distribuzione dei soldi alla popolazione facendosi così dipingere come il Robin Hood romagnolo.
Invase e saccheggiò sette cittadine (Bagnara di Romagna [16 febbraio 1849], Cotignola [17 gennaio 1850], Castel Guelfo [27 gennaio 1850], Brisighella [7 febbraio 1850], Longiano [28 maggio 1850], Consandolo [9 gennaio 1851] e Forlimpopoli [25 gennaio 1851]) uccidendo diversi nobili e tenendone altri come ostaggi.
Degna di nota sono le rapine avvenute a Forlimpopoli dove la banda, entrata nel teatro cittadino, è riuscita a raccimolare circa 5.600 scudi, cioè un settimo dell’ammontare di tutti i furti; uno scudo, la valuta dello Stato pontificio fino al 1866, corrispondeva a circa 70-75 euro attuali).
All’interno del teatro, oggi intitolato a Verdi, è collocata una lapide del poeta Olindo Guerrini che ricorda l’avvenimento.
articolo di Marco Cavagnetto della classe IV A del Liceo Classico
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